La sorpresa Schlein

Le sorprese possono essere definite tali anche quando il loro arrivo è annunciato da tempo, oppure solamente se si manifestano all’improvviso? Ascoltando alcune autorevoli dichiarazioni, rilasciate in queste ultime ore da noti opinionisti, sembrerebbe che lo stupore che si prova di fronte a un evento imprevedibile possa essere uguale a quello generato da un fatto noto da tempo, e a tutti.

Nei giorni scorsi molti commentatori televisivi hanno evidenziato sdegno e perplessità davanti alle immagini di numerose persone in fila per fare un selfie insieme a Maria De Filippi: rito a cui la professionista televisiva è abituata, ma che forse non si aspettava di dover osservare anche in camera ardente, di fronte al feretro del marito. Domandare una posa in un’occasione del genere sfiora la perversione, il cinismo puro, ma è un atteggiamento di cui anche la De Filippi è in parte responsabile, poiché frutto della cultura generata da quella stessa televisione di cui lei è stata artefice.

La cultura dell’immagine, del dramma messo a disposizione delle telecamere, delle lacrime date in pasto alla gente per far salire lo share ha generato mostri, alterazioni del concetto di rispetto del dolore altrui. Non stupisce, quindi, la caccia di uno scatto fatto a fianco della regina dei programmi pomeridiani in abito nero, e si comprende anche la coerente disponibilità della presentatrice di fronte a un gesto che in altri tempi sarebbe stato definito folle.

In campo politico, invece, esperti politologi e giornalisti accreditati al Parlamento si sono accorti di aver sbagliato del tutto le previsioni sul vincitore delle Primarie del PD. Questi davano come trionfatore il Presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, il quale poteva contare sull’appoggio dell’intero apparato del suo partito nonché dei circoli territoriali, mentre escludevano una qualsiasi chance per gli sfidanti, e soprattutto per chi adesso ha preso ufficialmente il posto di Letta.

Con il 53% delle preferenze espresse nei gazebo allestiti per le votazioni, Elly Schlein ha lasciato indietro il suo antagonista, il premier della giunta regionale di cui lei era parte con la delega al Welfare. Risultato scioccante per tutti coloro che osservano la politica dalle sale stampa, oppure dai salotti in cui vengono delineate le sorti dell’Italia, ma scontato per chiunque abbia intercettato il malumore della base piddina: anche in questo caso si tratta di una sorpresa per nulla sorprendente.

La neosegretaria del Partito Democratico ha, alle spalle, una storia movimentata. Figlia di un politologo statunitense di origine ebraica e di una giurista (il nonno materno è Agostino Viviani, giurista antifascista e senatore Psi negli anni ’70), la Schlein dà l’avvio alla carriera politica all’indomani dell’imboscata organizzata ai danni della candidatura di Prodi alla Presidenza della Repubblica. Indignata per l’ignobile sgambetto, fonda il movimento Occupy Pd, dando vita a numerose azioni di protesta indirizzate contro la dirigenza del partito. Eletta a sorpresa nel Parlamento Europeo decide in seguito di uscire dal Pd insieme a Civati per fondare Possibile, a cui affida un ruolo soprattutto di contrapposizione a Renzi.

Diversa la storia di Stefano Bonaccini, uomo politico di esperienza e dinamico nella scarsa saldezza delle proprie prese di posizione, come nel cambio look. Dopo anni di abbigliamento relativamente casual, coincidente con il sostegno all’ex sindaco di Firenze, è passato alla barba modello hipster accompagnata da dolcevita e abiti neri: immagine coerente ed in linea con la sofisticata tecnocrazia coccolata da Letta. In sintesi, emarginato Cuperlo, la partita si disputava tra la continuità e quella che appariva invece la rottura con il passato tecnoliberista. Militanti e simpatizzanti non si sono posti molti dubbi, come era facile prevedere, scegliendo (dopo aver già incautamente dato fiducia a Renzi nel nome del cambiamento) di riprovare a scompigliare le carte affidandosi alla giovane donna.

Crea ilarità, non stupore, ascoltare l’ex segretario Letta mentre annuncia il suo secondo ritiro dalla scena (Parigi dovrà di nuovo ospitarlo e dargli un lavoro), e sbalordisce la sequela di critiche piccate indirizzate alla Schlein dai piccoli e grandi quadri di partito, coloro che speravano forse in un roseo futuro sostenendo il suo avversario. Secondo gli sconfitti, la neoeletta è nulla più che una borghese agiata, nata in Svizzera e piena di soldi (qualcuno individua nel padre ebreo un ulteriore elemento negativo).

Vedremo se questa volta la novità resisterà alla prova dei fatti, oppure se il grido di dolore degli elettori democratici verrà nuovamente dimenticato (Renzi un attimo dopo la vittoria alle Primarie si trasformò in Sì Tav e in anti-articolo 18 smentendo in un battito d’ali tutta la sua campagna elettorale). La coerenza, di questi tempi, è cosa estremamente rara, per cui molto apprezzata quando la si riscontra nel mondo della politica.

La vera sorpresa sarà invece un’altra e riguarda direttamente la Schlein: riuscire a governare un partito dove l’apparato le si è schierato contro, sostenendo il candidato sconfitto. Su questo scenario si accettano scommesse.

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