POLITICA & GIUSTIZIA

Sciacalli e garantisti a gettone,
il caso Laus scuote Pd e politica

L'inchiesta si allarga e tocca Carretta e Grippo. Gli amici sulla difensiva, gli avversari maramaldeggiano ma è tutto il partito che rischia grosso a un anno da regionali ed europee. La magistratura farà il suo lavoro ma intanto "il ventilatore sta per accendersi"

Cosa succederà adesso? A ventiquattr’ore dall’avviso di garanzia anticipato via stampa al deputato del Pd Mauro Laus la politica subalpina s’interroga sui contraccolpi che l’ennesima inchiesta giudiziaria contro un esponente dem possa avere nei palazzi del potere anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. C’è una galassia di dirigenti locali, amministratori, sindaci e funzionari di partito che ruota attorno a Laus, il kingmaker dell’elezione di Stefano Lo Russo a sindaco di Torino, regista dei congressi unitari che hanno portato Marcello Mazzù e Mimmo Rossi, rispettivamente a capo della Federazione di Torino e del Pd piemontese, un asse di ferro con il vicepresidente di Palazzo Lascaris Daniele Valle, l’alleanza con Piero Fassino e con i suoi luogotenenti a partire dal capogruppo dem in Regione Raffaele Gallo e poi sindaci sparsi in tutta l’area metropolitana, consiglieri comunali, assessori. Una potenza di fuoco elettorale ed economica grazie alla Rear, cooperativa di cui è socio e che è al centro di presunte malversazioni e truffa che la Procura di Torino gli contesta.

La giustizia, come recita la formuletta, farà il suo corso e starà al procuratore aggiunto Enrica Gabetta e al pubblico ministero Alessandro Aghemo, titolari dell’inchiesta, dimostrare le contestazioni. Intanto però c’è la politica e al netto delle dichiarazioni formali di garantismo e vicinanza nei confronti del parlamentare, è indubbio che nel partito ci siano componenti in cui se non si brinda certo non ci si dispera neppure, per un inciampo che va a intaccare un leader sempre più ingombrante. Al punto che più d’uno si spinge a ipotizzare suggeritori occulti di un’azione giudiziaria che solo il tempo e l’attività investigativa saranno in grado di chiarire, fugando ogni sospetto.

Assieme a Laus risultano coinvolti nel procedimento anche i suoi due più stretti collaboratori, l’assessore ai Grandi eventi del capoluogo Mimmo Carretta e la presidente della Sala Rossa Maria Grazia Grippo. “C’è chi è pronto ad accendere il ventilatore” profetizza qualcuno, lasciando intendere che quando parte gli schizzi possono arrivare ovunque. E i precedenti illustri non mancano, dallo stesso Fassino (nella vicenda legata al Salone del Libro) all’ex parlamentare Stefano Esposito (Bigliettopoli): inchieste infinite e spesso zoppicanti che prima ancora di giungere a sentenza hanno il potere di azzoppare anche il politico più attrezzato.

Nato nel 1966 a Lavello, nel cuore della Basilicata, Laus ha sempre rivendicato con orgoglio le sue (umili) origini lucane che una volta giunto a Torino ha saputo sfruttare elettoralmente a suo vantaggio entrando in contatto con i tanti migranti meridionali e in particolare della sua regione. Gli esordi nella Margherita, una fuitina nei Moderati di Giacomo Portas (il sodalizio finì quasi subito), il ritorno nel Pd che aveva contribuito a fondare, dove viene eletto in Consiglio regionale, fino a diventarne presidente, poi il salto in Parlamento, il sostegno a Matteo Renzi, la scelta di restare anche quando molti compagni d’arme facevano le valigie per seguire l’ex segretario in Italia viva, l’adesione all’area di Base Riformista e il rapporto con l'ex ministro oggi numero uno del Copasir Lorenzo Guerini fino all'ultimo congresso nazionale, perso assieme ai tanti che aveva schierato al fianco di Stefano Bonaccini, sono solo alcune istantanee di un percorso che ha portato Laus a “prendersi” il Pd di Torino.

Volente o nolente, questa indagine condizionerà lui e il suo gruppo a partire dai prossimi appuntamenti elettorali, ma rischia di inguiare tutto il Pd. Non è un mistero il suo sostegno alle ambizioni di Valle, candidato in pectore alla presidenza della Regione, così come la sua intenzione di non mettersi di traverso (come invece aveva fatto alle amministrative di Torino) rispetto a una possibile alleanza con il Movimento 5 stelle.  

Occhi e orecchi ora sono puntati su quell’area del Pd tradizionalmente molto affine al mondo giudiziario, soprattutto di corso Vittorio Emanuele: il deputato Andrea Giorgis, ma soprattutto la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, che non hanno mai nascosto i loro rapporti con i vertici della Procura. Fuori dal partito c’è già chi ha iniziato a soffiare sul fuoco (il primo comunicato, paradossalmente, è arrivato dai “garantisti” di Forza Italia, seguito dal consigliere comunale grillino Andrea Russi), ma dentro il Pd chi proverà ad approfittarne?