Un Centro plurale

Come da copione, prosegue l’addio al Pd di esponenti che sono estranei al “nuovo corso” politico di Elly Schlein. Al di là delle singole motivazioni – politiche e personali – e dei comportamenti concreti dei singoli parlamentari, c’è un filo rosso che lega ed unisce questo piccolo terremoto: e cioè, il progetto politico, culturale e programmatico del Partito democratico dopo la vittoria, meritata, della Schlein alle recenti primarie ha chiuso definitivamente la scommessa politica originaria di quel partito. E, come dicono comprensibilmente i nuovi protagonisti e leader del partito, “per uno che se ne va cento che ne arrivano”.

Certo, quello che è chiaro e netto è che non si percepisce una grande preoccupazione dei vertici del Nazareno per le “fughe” di coloro che non si adeguano al nuovo corso radicale, libertario, massimalista ed estremista del principale partito della sinistra italiana. Del resto, è abbastanza evidente a tutti che, per fare un solo esempio concreto, l’area cattolico popolare e sociale è del tutto estranea ed esterna al Pd della Schlein, al netto di coloro che provengono da quell’area ma che comprensibilmente ed umanamente debbono restare nel partito perché occupano ruoli di potere a livello istituzionale o negli organigrammi di potere interno.

Ora, però, e senza dedicare ulteriore tempo a ciò che capiterà nel futuro all’interno della sinistra radicale ed estremista, credo che ci sia adesso realmente la possibilità di rafforzare un’area centrista, democratica, riformista e dinamica che sia in grado di intercettare e di dare rappresentanza politica ad un elettorato – crescente – che non si riconosce più nell’attuale radicalizzazione della lotta politica e nella sua sempre più singolare polarizzazione ideologica.

Un’area centrista che, al di là dell’epilogo dell’ormai ex “terzo polo”, è in grado nuovamente di giocare un ruolo protagonistico nella cittadella politica italiana. Un’area che, al contempo, non può che essere culturalmente plurale al suo interno e distinta e distante dal populismo pentastellato e dal massimalismo radicale e libertario del Partito democratico. Un’area che deve sprigionare e declinare una vera cultura di governo e che sia in grado, soprattutto, di battere alla radice quel ritorno della logica degli “opposti estremismi” che rischia di mettere in discussione qualsiasi progetto politico e di governo. È appena sufficiente prendere atto, concretamente, della risposta del Pd alla proposta della premier sulla possibile e potenziale riforma istituzionale e costituzionale per rendersi conto che qualsiasi percorso “costituente” rischia di partire nell’attuale fase politica già sul binario morto.

Ecco perché, adesso, è quantomai necessario rafforzare ed irrobustire questo campo politico che storicamente è stato decisivo nel nostro paese per garantire il buon governo e consolidare la nostra democrazia. Anche perché nel nostro paese, altrettanto storicamente, si è sempre governato “dal centro” e “al centro”. Ovvero, rifiutando la logica della semplice e banale radicalizzazione della lotta politica.

Un progetto, questo, che comunque è in corso di formazione e che scenderà in campo, come si suol dire, già con le ormai prossime elezioni regionali e, soprattutto, europee. Una consultazione importante perché di impianto proporzionale ma anche per evitare che si consolidi quel “bipolarismo selvaggio” che resta alla radice del decadimento della qualità della nostra democrazia e della crisi della politica e dei suoi principali istituti.

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