Quella maglietta sbagliata di Schlein

Il bisogno di rappresentarsi con un simbolo, dalla maglietta alla spillina, è un segno di appartenenza ma anche di insicurezza e di esclusione di altri. Il contrario dell’obiettivo che vuole, forse, perseguire chi li indossa. Se mi metto la felpa della mia organizzazione allontano da me tutti quelli che la pensano diversamente. Ecco perché ho sempre rifiutato, da segretario della Fim di Torino, di addobbarmi con spille, foulard, coccarde, magliette, cappellini. Le persone devono apprezzarti per quello che pensi e non per la divisa che porti.

Ciò vale per la maglietta indossata dalla segretaria Pd alla manifestazione unitaria di Bologna. “Viva l’unità sindacale ma io tifo Fiom”; partendo quindi da una posizione interna al sindacato, cioè con un’ingerenza sull’autonomia sindacale.

D’altra parte, però è anche normale che la sinistra faccia questo errore, credo voluto, anzi desiderato. Maurizio Landini, già da segretario Fiom cercava il movimentismo, creato da Sabatini sin dal 2001; basta ricordare i tentativi con Libera ed Emergency, capofila di un lungo elenco di associazioni, per creare la cosiddetta Coalizione Sociale. Dalla strizzatina d’occhio alla Rivoluzione Civile di Ingroia all’infatuazione per Di Pietro con Italia dei Valori, non propriamente orientato a sinistra, con a seguire il M5s ma con anche tanti militanti e iscritti che votano Lega e un po’ Fratelli d’Italia.

Si capisce allora che negli obiettivi della segretaria Schlein ci sia la priorità di ricompattare il Pd attorno alla Cgil e alla Fiom, ma non è di nessun aiuto all’unità sindacale a meno che ci sia la “vecchia” idea dell’unità sindacale sotto l’egemonia, una volta si sarebbe detto comunista, della Cgil.

Non ho mai desiderato un’unità sindacale fittizia o con mediazioni al ribasso anche se oggi non c’è altro ma è meglio portare avanti le proprie idee piuttosto che avere l’azione sindacale unitaria bloccata dalle mediazioni. La storia degli ultimi quarant’anni lo dimostra infatti dall’accordo sulla scala mobile a oggi le scelte più importanti e utili per il Paese e i lavoratori e pensionati si sono fatte in momenti di rottura sia a livello confederale che di categoria metalmeccanica.

Se è permessa una digressione personale venire considerato oggi divisivo perché negli anni del mio mandato a capo della Fim di Torino i metalmeccanici si sono divisi sull’allora Fiat e poi Fca e sul Contratto Nazionale, quando tutta la Cisl seguiva quell’impostazione, vuol dire fare un po’ come chi oggi nel Pd ripudia la politica di Renzi quando erano tutti renziani. Ma se piace a loro… personalmente preferisco il coraggio delle mie idee all’opportunismo unitario.

Sorge una domanda: come si abbiglierà la Schlein per le manifestazioni sindacali del 13 e 20 maggio? Metterà una felpa della Cisl e poi una della Uil? Si vestirà anonimamente, cioè in borghese senza simboli? Sarà un bel problema per la sua armocromista. E se con un ruolo politico così importante si comincia a dare importanza ai simboli, compreso come vestirsi, allora ogni volta diventa un problema politico.

Considero l’usare il simbolismo del riconoscimento a distanza, non solo un elemento di chiusura, settario; pensate c’è stato un periodo che si facevano le manifestazioni unitarie ma ci si divideva la piazza, una fetta per ogni Confederazione. Quelle piazze erano il simbolo dell’ipocrisia dell’unità sindacale fittizia e sono state le piazze sindacali più deprimenti perché se valicavi il confine assegnato eri un osservato speciale.

Sovente l’uso dei simboli nasconde la vaghezza dei contenuti o lo stare in superficie, il galleggiare, nell’entrare nel merito dei problemi e sino a oggi mi pare che le dichiarazioni della segretaria del Pd galleggino sul pelo dell’acqua del populismo generico senza immersioni di contenuti, dal salario minimo alla precarietà, dal merito al reddito di cittadinanza.

Sul merito concordo con Cottarelli e penso che non siano contrapponibili merito e uguaglianza come mi pare faccia Schlein. Perché, se così fosse, arriveremmo in poco tempo al sei politico per tutti. L’uguaglianza significa avere tutti la possibilità di accedere ai servizi basilari, dalla sanità all’istruzione, il merito è dato dal fatto che partendo dall’assunto precedente ci siano persone che acquisiscano posizioni sociali, lavorative, politiche in base alle sue capacità, competenze e professionalità.

Sul reddito di cittadinanza credo che la sinistra debba uscire da un’idea di vecchio assistenzialismo populista, ma secondo voi da chi hanno copiato i 5Stelle se non dalla vecchia politica assistenziale della democrazia cristiana (che facevano le cose meglio, però!) per passare e qui devono rivedere l’attuale idea di uguaglianza che hanno, a un sistema che incentiva la ricerca di un lavoro.

Essendo il Pd un partito, ancora oggi nonostante la Schlein, che rappresenta il ceto medio forse, sul reddito di cittadinanza, dovrebbe ascoltare un po’ di più il mondo delle imprese e del commercio. Ai giovani bisogna dire le cose come stanno, il mondo del lavoro non è una passeggiata, i diritti si conquistano, insieme al sindacato, e ci sono anche tanti doveri.

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