OBITUARY

Addio a Bodrato, Dc "malato di politica"

E' morto lo storico dirigente della sinistra democristiana e più volte ministro, aveva 90 anni. La notizia dal suo account social: "Ha raggiunto la sua cara Irma". Allievo di Donat-Cattin, una vita nelle istituzioni. L'ultima intervista allo Spiffero

Guido Bodrato, classe 1933, piemontese, ultimo tra i cavalli di razza della Dc, è morto ieri sera “per unirsi alla sua amata Irma”, la moglie scomparsa lo scorso 20 aprile. Lo annunciano i suoi famigliari in un post su Twitter. “Fino all’ultimo lo ha sostenuto una invincibile passione politica, a difesa della Costituzione e della rappresentanza democratica del Parlamento. Che il suo esempio ci conduca. Una preghiera”. Nato a Monteu Roero, in provincia di Cuneo, il 27 marzo 1933, laureato in Giurisprudenza, ricercatore universitario ed esperto in materia di economia e finanza stato eletto deputato una prima volta nel 1968, collezionando alla fine 7 legislature, fino al 1994, l’anno dell’uscita di scena della Dc. Sopravvissuto alla fine della Balena Bianca, negli ultimi vent’anni aveva scelto di restare defilato, dispensando qualche consiglio e commentando la vita politica. Anche attraverso i social che frequentava con una certa assiduità e notevole seguito, come testimoniano gli oltre 4mila follower su Twitter. “Dedico qualche minuto al giorno, senza entrare in polemica. Più che altro commento cose dette da altri, su temi di politica, malattia da cui è difficile guarire”, disse in numerose interviste.

Delfino di Carlo Donat-Cattin e poi fondatore dell’area Zac, ispirata a Benigno Zaccagnini, componente in cui militava anche Sergio Mattarella, Bodrato è stato tre volte ministro (della Pubblica Istruzione, nei Governi Forlani e Spadolini 1 e 2, poi del Bilancio nel governo Fanfani e infine dell’Industria, nel governo Andreotti VII), deputato per 7 legislature, parlamentare europeo, del Ppe, direttore del Popolo dal 1995 al 1999, a lungo consigliere comunale di Torino. La politica è stata la sua vita, una passione che non ha mai smesso di coltivare anche nella vecchiaia come lui stesso disse in una recente intervista: «Continuo ad avere la malattia della politica. Ho i piedi nel novantesimo anno per cui vedo molti amici, anche più giovani di me, che se ne sono andati: “Sono davanti a noi”, come dicono gli alpini».

«L’impegno politico esige coerenza – spiegò a Maurizio Eufemi in una bella intervista sul Domani –. Ho sempre detto quello che pensavo, anche se con l’avanzare dell’età si diventa più accondiscendenti alle forme e allo stile, perdendo certe asprezze giovanili. Come tutti, sono stato giovane una volta, mica dieci volte. Ho raggiunto traguardi importanti senza però venire meno alle mie convinzioni profonde. Sono stato ministro più volte e penso di aver difeso le idee, nelle istituzioni e nel partito, che trovano radici nel popolarismo. Per questo ho manifestato il mio dissenso quando si è cercato di agguantare con artifici e spregiudicatezze il consenso che sfuggiva, cercando di prendere al volo la prima liana disponibile. Il paradosso è che non mi sono mai sentito minoranza, ma sono stato quasi sempre minoranza. Anche adesso, lontano dalla battaglia diretta, vivo questa condizione psicologica che esige attenzione alla dinamica, spesso complicata, dell’innovazione in ambito politico. Mi auguro, al riguardo, che nei giovani sia sempre forte la capacità di rigenerare una sana ambizione creativa».

Leggi qui l'ultima intervista allo Spiffero