INTERVISTA

"Pd orfano di un congresso vero e preda della retorica dei diritti"

L'amarezza (e l'analisi) di Bodrato. "Non si può sostituire un momento di confronto sulla linea del partito con le primarie". Definisce ingiuste le accuse a Borghi, parlamentare passato a Italia Viva, "ma la sua scelta richiede più spiegazioni"

C’è l’amarezza livorosa del tradimento e della rabbia. Ma c’è anche l’amarezza della riflessione e del rimpianto. Per trovare la prima, prodotta dalla decisione di Enrico Borghi già due volte deputato e oggi senatore di lasciare il Partito democratico, “geneticamente modificato” dall’impronta iniziale e già pesante di Elly Schlein, per aderire alla renziana Italia Viva, basta pescare a caso tra i dem e le loro mille reazioni con pochi precedenti quanto a durezza. La seconda, l’amarezza che affonda in ragionamenti e stili ormai rari come i panda nell’attuale zoo della politica, si incrocia nelle parole misurate, ma non per questo affatto leggere, di chi della politica è stato a lungo protagonista nella spesso troppo sbrigativamente archiviata e ripudiata Prima Repubblica.

Onorevole Guido Bodrato lei, democristiano storico, per sua ammissione elettore del Pd, seppure mai iscritto, ha esternato in un post su Facebook la sua amarezza. Richiamando l’attenzione sul fatto che “la sinistra dovrebbe capire, come aveva compreso Berlinguer, che il fronte da difendere, sulla destra del centro-sinistra, è affidato alla presenza della politica del centro che guarda a sinistra”. Ci voleva un’uscita rumorosa come quella di Borghi per portare a queste riflessioni? 
“Conosco Borghi da tantissimi anni, da quand’era un giovane democristiano, sempre stato molto presente nel suo territorio, certo la sua decisione mi ha sorpreso e amareggiato, però pone un problema”.

Quale?
“Il problema di un passaggio che divide il Pd. Di più: due parole, sinistra e centro, che rischiano di restare vuote e che invece richiedono di essere riempite non da una politica teorica, ma da un’idea di storia che si confronta con il presente. Pretendere di ingessarle è una forzatura da evitare”. 

La decisione di Borghi, un fulmine a ciel sereno com’è stato definito da chi si dice tradito oltre che sorpreso, ha suscitato reazioni durissime, lei le condivide?
“Conoscendo la persona, tutte le polemiche che subito l’hanno investita, non sono giuste. Però il problema che lui pone richiede una prospettiva forse diversa. Uscire da un partito può anche voler dire uscire dalla politica e se non è questo e secondo me, per Borghi non sarà questo, deve però essere motivato in positivo. Ecco questo non l’ho percepito, ho visto il suo disagio dopo un congresso che non è stato un congresso”.

Cosa intende? Le primarie hanno premiato Stefano Bonaccini nei circoli ed Elly Schlein nel voto aperto a tutti. È questo passaggio che lei critica e che sarebbe alla base dell’uscita di Borghi, e magari di altri che potranno fare altrettanto?
“Ho detto cento volte che le primarie non sono un congresso e se vengono usate come alternativa lasciano inevitabilmente delle questioni non risolte”.

Borghi ha motivato come personale la sua scelta, peraltro fatta senza avvisare nessuno prima. 
“Sì, è personale, ma tu Borghi sei un parlamentare e quello che tu dici e fai è un segnale politico e ha bisogno di essere più motivato. Lui ha detto: sono a disagio nel Pd e io aggiungo: sei in disagio perché il metodo usato per determinare la guida e la linea del partito non può che creare disagio. Non si può con le primarie risolvere i problemi che vanno affrontati e risolti con un congresso, nel momento in cui c’è bisogno di chiarire una strategia e dire che cosa si vuole fare”.

Il disagio di Borghi e prima ancora di Giuseppe Fioroni e di altri che rappresentano l’area cattolica non è, anche, dovuto alla linea impressa dalla segretaria su alcuni temi etici, sull’utero in affitto, solo per citarne uno?
“Non conosco la Schlein, vedo che è molto appassionata e quindi appassionante, ma deve dire qualcosa di più. Ogni diritto si riferisce a valori. Per un cristiano non può valere l’assunto che qualunque cosa dicano gli altri sia un diritto oggettivo e quindi lui debba sentirlo come un valore. Non si può dire di fronte alla crisi demografica che una soluzione è l’utero in affitto. A parte il giudizio morale, razionalmente non regge. Piantiamola con questa retorica dei diritti, i diritti richiedono rispetto dei doveri e se non ci sono doveri come si reggono i diritti?”.

Lei ricorda spesso il discorso di Aldo Moro, pronunciato poco prima di essere rapito e poi ucciso, quando lo statista disse: “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”.
“Esattamente, proprio così. Invece oggi ci troviamo di fronte solo a una retorica dei diritti. Io non entro nei giudizi sui comportamenti sessuali, ma non si può far diventare il problema dei comportamenti sessuali come centrale della politica”.

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