LE REGOLE DEL GIOCO

Legge elettorale, in Piemonte si tratta sul listino

In cambio del via libera sui consiglieri supplenti il Pd chiede l'abolizione della lista del presidente (o almeno più corta). Saltato lo sbarramento, i piccoli partiti si sono placati. Il 3 luglio parte la discussione nell'aula del Consiglio regionale

Arriverà in aula il 3 luglio la legge elettorale del Piemonte, sedute convocate tutti i giorni fino a venerdì 7. Lo ha stabilito ieri la conferenza dei capigruppo di Palazzo Lascaris. Il centrodestra è deciso a portarla a casa, le minoranze sono pronte a trattare ma non c'è ancora un accordo. Il tempo stringe: la riforma va approvata entro la metà del mese prossimo, per consentire agli uffici di adeguare la macchina elettorale alle nuove norme: “Tempi tecnici”. Dopo sarà troppo tardi per farla entrare in vigore entro la prossima tornata elettorale, quando insieme alle Europee, alle Comunali e forse alle Provinciali, i cittadini piemontesi voteranno per le Regionali.

Poco tempo e quindi poco margine di trattativa, assottigliato ancora da un regolamento del Consiglio che sulla legge elettorale consente un livello di ostruzionismo in grado di mettere la parola fine a ogni discussione. Il capogruppo meloniano Paolo Bongioanni sostiene che “se convochiamo una settimana pesante con sedute notturne il tempo per parlare in aula ci sarà”, ma la verità è che senza un accordo con centrosinistra, Movimento 5 stelle e le altre schegge della minoranza la nuova legge elettorale non passa.

La soluzione dovrà essere politica e servirà un compromesso tra tutte le forze in aula. Ma le distanze restano ampie. La disponibilità del centrodestra ad abbattere lo sbarramento (si potrebbe introdurre un 2% simbolico) ha placato i piccoli, che tuttavia ora rilanciano e pretendono che non sia introdotta alcuna soglia, proprio com'è adesso. Il nodo principale, però, è il listino che il Pd vorrebbe abolire o almeno ridimensionare dagli attuali dieci a sei o a otto componenti, per bilanciare l'introduzione, prevista dalla nuova legge elettorale, dei consiglieri supplenti, quelli cioè che subentrano agli eletti che il governatore vorrà promuovere in giunta. “Altrimenti rischiamo uno squilibrio a favore della maggioranza” è la tesi di dem e cinquestelle. Ma se la Lega vuole a tutti i costi i supplenti per compensare la probabile riduzione dei suoi eletti, Forza Italia non è disposta a rinunciare o ridimensionare il listino (restano tranquilli i Fratelli d’Italia che volevano i sottosegretari e li hanno ottenuti).  L'unica norma su cui c'è un ampio accordo è la doppia preferenza di genere, vista anche la sua inevitabilità, essendo prevista da una norma nazionale.

Martedì il Pd ha riunito gli alleati – Sinistra ecologista e Lista Monviso – per studiare una posizione comune. Non c'era Silvio Magliano dei Moderati che “ha già fatto il salto dall’altra parte” scherzano i dem. A margine della discussione la richiesta, avanzata dai grillini, di ottenere l’elezione diretta per il candidato presidente che si classifica terzo. Un incentivo ad andare da soli? Il Pd storce il naso. 

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