POLITICA & GIUSTIZIA

Fassino: "Mai favorito il Lingotto, con la cultura ho salvato Torino"

L'ex sindaco in tribunale per dichiarazioni spontanee nel processo sul Salone del Libro che lo vede imputato assieme ad altre 17 persone. "Nessun bando perché non c'era tempo, quella location l'unica possibile tant'è che anche oggi è rimasta quella"

“Ogni mio atto è stato compiuto del rispetto delle leggi per il bene del Salone del Libro e della città di Torino”. Lo ha detto l’ex sindaco Piero Fassino, ora vicepresidente della Commissione Difesa della Camera, al termine di una dichiarazione spontanea resa del corso del processo, ripreso oggi in tribunale, in cui è imputato (con l'accusa di turbativa d'asta) insieme ad altre 17 persone per vicende risalenti all’epoca della vecchia gestione della kermesse libraria. “Sono in politica da cinquant’anni – ha sottolineato – e ho ricoperto tanti incarichi senza mai anteporre interessi di qualsiasi natura a quelli generali. Mi rammarica essere descritto da otto anni, all’interno di questo processo, come un uomo pubblico che non rispetta le leggi. Sono sempre stato corretto e trasparente”. Al pm Gianfranco Colace, che gli ha chiesto se rinuncerà alla prescrizione, ha risposto: “Valuterò con i miei avvocati”, aggiungendo: “Mi auguro che lei chieda l’assoluzione”.

Nelle sue dichiarazioni Fassino ha ripercorso i suoi anni al piano nobile di Palazzo civico: “Ho fatto il sindaco di Torino in un momento di crisi economica molto forte. La mia scelta fu di tenere in piedi la città investendo in cultura. Una scelta che non fu capita da tutti. Ma vi portammo delle mostre di richiamo internazionale da 250mila visitatori ciascuna. E il Salone del Libro era naturalmente la punta di diamante di questo sistema. L’eventualità di sospenderlo era fuori discussione e nessuno me ne parlò: mi sarei opposto”. Poi è entrato nel merito delle contestazioni mosse dal pm Gianfranco Colace, negando qualsiasi ipotesi di irregolarità e ribadendo di avere agito “nel rispetto delle leggi per il bene del Salone e della Città”.

“Se il Salone continuò ad essere organizzato al Lingotto – ha proseguito – non fu per privilegiare i francesi di Gl Events (la società proprietaria della struttura, ndr) ma fu per ragioni obiettive: soluzioni diverse non erano praticabili. Evidentemente non lo sono tuttora, visto che nel 2024 il Salone si terrà ancora al Lingotto”. La procura contesta l’affidamento diretto per l’edizione del 2015. A questo proposito Fassino ha spiegato che l’organizzazione era stata presa in carico dalla Fondazione per il Salone ma che ad un certo punto ci si rese conto che non c’erano le necessarie professionalità. “Le prenotazioni degli editori erano scese al 20%. La manifestazione era a rischio e mancavano solo cinque mesi. Bandire una gara a una scadenza così ravvicinata – ha detto l’ex primo cittadino – era un’ipotesi impraticabile. Così si optò per una proroga, facendo presente che si trattava di un provvedimento di carattere eccezionale, e contestualmente si mise a punto un bando triennale per le edizioni dal 2016 al 2018”.

L’ex sindaco ha anche precisato che ogni decisione venne presa consultando dei legali e talvolta su loro indicazione. Nel mirino della procura c’è anche il bando per il reperimento di una sponsorizzazione nel 2016. “Intesa Sanpaolo – ha raccontato Fassino – aveva appena fatto un grande investimento a Milano con gallerie d’Italia. Dissi a Giovanni Bazoli (allora presidente dell’istituto bancario, ndr) che avrebbero dovuto dedicare la stessa attenzione a Torino. Gli proposi di diventare socio di Camera (un centro espositivo dedicato alla fotografia, ndr), cosa che si verificò, e di sponsorizzare il Salone del libro. Due mesi prima venne fuori la storia che la banca voleva l’esclusiva. I legali dissero che occorreva un bando. Io non me ne occupai: come sindaco non mi occupavo della stesura dei bandi. Ma mi sembra chiaro che se Intesa Sanpaolo aveva proposto 500mila euro la base d’asta non poteva essere inferiore”.

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