SANITÀ

Pronto Soccorso vicini al collasso, ma dal sindacato altolà ai privati

Mentre a livello nazionale Anaao apre all'emergenza nelle cliniche per la segretaria piemontese Rivetti non sono necessari nuovi Dea. "Il problema sta nella mancanza di posti letto nei reparti e nella carenza di personale". I numeri del rapporto tra servizi e popolazione

“A Torino non serve un nuovo Pronto Soccorso privato accreditato”. Chiara Rivetti, segretario regionale di Anaao-Assomed, una delle principali sigle di rappresentanza dei medici ospedalieri, torna sulla questione sollevata stamane dallo Spiffero sulla possibile modifica della norma regionale che attualmente impedisce alla sanità privata di fornire anche l’emergenza-urgenza nelle sue strutture. Possibilità che esiste (anzi talvolta è imposta come requisito per l’accreditamento) in molte altre regioni. Proprio il vertice dello stesso sindacato di Rivetti auspica venga estesa per non limitare l’azione del privato ad interventi cosiddetti di elezione, con elevata specialità, e assai remunerativi, ma aprirla a una rete sinergica dell’emergenza. Due posizioni palesemente diverse quello tra il livello nazionale e quello regionale.  

“Ogni tanto spunta fuori questa idea, ma il perché non serva lo spiegano bene i numeri”, sostiene Rivetti che i numeri li elenca: “I residenti a Torino sono 848.748 al 1 gennaio 2022 e sul territorio torinese sono presenti 2 servizi di emergenza spoke, il Martini e il Maria Vittoria che coprono le discipline di base, ciascuno per un bacino di utenza tra 150-300 mila  abitanti, poi si 3 hub, Molinette, Giovanni Bosco e Mauriziano che coprono i servizi per un bacino di 600mila-1,2 milioni di abitanti. Escludendo il Gradenigo e i Pronto Soccorso specialistici del S. Anna, Cto e Regina Margherita, complessivamente – sostiene l’Anaoo piemontese – i due spoke e i tre hub possono servire una platea compresa tra 2,1 milioni e 4,2 milioni di abitanti. Ben di più dei residenti a Torino, anche tenendo conto della cintura”.

Insomma, stando alle cifre elencate da Rivetti Torino, vien da dire, avrebbe quasi più Pronto Soccorso del necessario. Ma se non a smentire, certamente ad attribuire importanza relativa a quei numeri ci sono i fatti: da mesi, ma forse è più corretto dire da anni. La drammaticità della situazione dei Pronto Soccorso a Torino, ma anche nel resto del Piemonte, s’incrocia con una sua allarmante cronicità. Così come ormai anche soluzioni tampone, quali il ricorso alle cooperative per mancanza di personale, stanno diventando strutturali. Perché sarà pur vero che gli attuali Pronto Soccorso bastano, ma certo non basta il personale che c’è, così come non basta affidarsi a pur legittime rivendicazioni economiche e di condizioni di lavoro per cercare di porre rimedio a una situazione che grava, innanzitutto su chi al Pronto Soccorso si rivolge. 

Anche (ma non solo) da qui, la proposta rinnovata dalla sanità privata di poter avere nelle strutture che lo consentono, anche l’emergenza-urgenza, porta d’accesso per molti di quei reparti e quelle prestazioni che il privato fornisce in regime di accreditamento. “Il problema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso torinesi non è conseguente ad una carenza nell’offerta dei servizi di emergenza urgenza ma ad una carenza di posti letto nei reparti di degenza per ricoverare i malati, che rimangono nei Pronto Soccorso per giorni e determinano l’ aumento notevole carico di lavoro degli operatori e il rallentamento dei processi di cura”. Anche in questo caso se esiste, ed esiste, una carenza di posti letto nei reparti è difficile spiegare i tempi lunghi di attesa in Pronto Soccorso, anche per una semplice visita, senza mettere in conto la carenza di personale e, dunque, la stessa solidità di quei numeri citati che devono fare i conti con quanti medici e quanti infermieri lavorano nelle strutture elencate.

Altro motivo della situazione che ormai si trascina da troppo tempo, “sono gli accessi impropri, che sarebbe profondamente errato gestire aprendo un nuovo Pronto Soccorso”, aggiunge Rivetti che ammette come la carenza di medici urgentisti obbliga a esternalizzare alle cooperative, ovvero far entrare in ospedale quel che è pur sempre privato, senza consentire a chi le strutture le ha di metterle nella rete dell’emergenza-urgenza.

Questo quanto sostiene l’Anaao piemontese, determinata nel sostenere che “é inutile pensare di distribuire a Torino barelle in nuovi Pronto Soccorso, per di più privati accreditati. Sarebbe solo un ulteriore passo verso la completa sostituzione della sanità pubblica regionale con quella privata”. Una posizione netta, senza dubbio, quella che differisce non poco dallo studio e dalle proposte del vertice nazionale dello stesso sindacato. Un no, senza se e senza ma. E senza neppure bisogno di citare numeri.