TERZO POL(L)O

Renzi e Calenda al pallottoliere, divisi in parlamento (e al voto)

Partita la conta su chi sta con chi. L'ex premier avverte i suoi: "Rompiamo domani". A Paita il compito di dar fuoco alle polveri con un'intervista. Artifizi per consentire a entrambi di avere gruppi sia alla Camera sia al Senato. Il nodo delle Europee

Cronaca di una separazione annunciata. È questione di giorni, più probabilmente di ore: con la rottura dei gruppi parlamentari anche l’ultimo ponte tra Matteo Renzi e Carlo Calenda è destinato a crollare e i destini dei due a dividersi definitivamente. “Domani rompo” ha scritto questa mattina l’ex premier a un amico, dopo aver mandato ieri Roberto Giachetti in avanscoperta. È stato lui, l’ex radicale, dopo l’ennesima querelle sulla cena al Twiga di alcuni parlamentari di Italia viva, a paventare la fine di un matrimonio d’interesse celebrato alla vigilia delle elezioni politiche e che ha visto i due contraenti vivere da separati in casa negli ultimi quattro mesi. Da quando, cioè, è saltato il progetto del partito unico in vista delle europee.

Da una parte c’è l’insofferenza reciproca che i due leader nutrono l’uno per l’altro, nonostante al momento nessuno dei due partiti da solo raggiunga la soglia del 4%, sbarramento sotto il quale non si varca il portone dell’assemblea di Strasburgo. Ma non è solo una questione di “pelle” a dividere i due, c’è anche la politica. Sul salario minimo, per esempio, Renzi si è sfilato per non ritrovarsi accanto a Elly Schlein e Giuseppe Conte mentre strizza l’occhio a Forza Italia, mentre sul premierato caro all’ex premier è stato Calenda a fare un passo indietro. Dunque il numero uno di Azione sembra spostarsi di nuovo verso il Pd, dove probabilmente mira a diventare l’ala centrista della coalizione, mentre il leader di Italia viva continua a occupare lo spazio politico di un centro autonomo, dialogando con i tanti orfani di Silvio Berlusconi.

Secondo voci vicine a Renzi sarà Raffaella Paita, con una intervista, ad annunciare il divorzio e la fine dei gruppi parlamentari unici. Forse domani, al più tardi sabato. E intanto, pallottoliere alla mano, i due (quasi) leader contano i propri parlamentari per capire se hanno i numeri per essere autonomi nelle aule parlamentari. Per entrambi non dovrebbe essere un problema costituire il gruppo a Montecitorio, dove potrebbero ottenere la stessa deroga già concessa a Noi Moderati e ad Alleanza Verdi-Sinistra; più complessa la situazione a Palazzo Madama dove solo Renzi avrebbe il numero minimo (6 senatori) per costituire un gruppo autonomo. I calendiani, al contrario, finirebbero nel Misto, anche se gira voce di un corteggiamento in corso verso la senatrice di “Sud chiama Nord” Dafne Musolino. Corteggiamento che ha fatto andare su tutte le furie il leader di “Sud chiama Nord”, l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca che oggi parla di “teatrino infantile tra Renzi e Calenda” e dice che chiederà a Letizia Moratti, “con la quale stiamo portando avanti un dialogo serio e franco, di rivedere i nostri rapporti” con entrambi.

In tutto questo bailamme non sono esclusi anche possibili trasferimenti dell’ultimo momento. L’ex ministro Elena Bonetti, per esempio, ha assunto recentemente posizioni critiche verso Italia viva e quindi Renzi, al punto da alimentare il chiacchiericcio riguardo un suo possibile approdo in Azione, che la traghetterebbe di nuovo in quel centrosinistra che frequentò negli anni del Pd. Per contro gli ex Forza Italia legati a Calenda vivono con un certo imbarazzo la virata a sinistra dell’ex ministro e non è detto che lo seguiranno tra le braccia di Schlein e Conte. Intanto proseguono alcune battaglie comuni: a settembre partirà il tour di Luigi Marattin ed Enrico Costa su fisco e giustizia. 

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