La fabbrica dei luoghi comuni

La politica, soprattutto nell’ultimo ventennio, si è spesa molto nell’applicare l’arte di far apparire la realtà non per come è davvero, rielaborandola in una versione adatta alla manipolazione della volontà degli elettori. Una falsificazione sofisticata delle cose, seppur dai contenuti banali, la cui ricaduta sulla società è devastante poiché ha creato e continua a creare (dal nulla) una quotidianità inesistente: un mondo immaginario fatto di luoghi comuni incontrovertibili, e amplificati a dovere dal sistema mediatico.

Giorno dopo giorno viene fabbricata una verità surreale, ideale per i pigri che non hanno voglia di dedicare energie alla ricerca della conoscenza, con lo scopo di raccogliere consenso addirittura tra le fila delle opposizioni sociali. La trattazione dei grandi temi subisce mutilazioni narrative continue, incisioni che generalmente vanno a ferire a fondo i principi di uguaglianza e solidarietà, negando sostegno ai ceti più fragili.

Un esempio giunge dalla protesta diretta contro i Governi europei, che pone al centro la distruzione ambientale in atto ad opera dell’uomo. Lotta nel nome del “green” che finisce di fatto per assecondare la new economy: il sostegno che riceve dalle testate giornalistiche e dagli opinionisti, inedito per quanto concerne altre battaglie di piazza, sembra dettato dalla produzione industriale, più che da una diffusa sensibilità ambientalista. La difesa del nostro pianeta è infatti oramai affidata esclusivamente al mercato dei prodotti biologici, alle industrie verdi e infine a pratiche abitative alla portata di pochi super benestanti.

Coloro che vivono in ville site in collina possono mostrare agli amici case moderne, all’ultima moda poiché ecocompatibili, dove l’energia è autoprodotta e i balconi ospitano veri e propri giardini lussureggianti. I proprietari dei sontuosi immobili si considerano paladini dell’Ambiente, pur avendo fatto cementificare un prato per costruirne le fondamenta. Un ambientalismo ambiguo, perseguito tramite richieste di contributi e bonus pubblici, generato in un quadro di raggiungimento del benessere individuale, spesso a scapito di quello collettivo. Difficilmente un abitante di periferia può permettersi la ristrutturazione del suo alloggio utile a migliorarne la coibentazione, neppure beneficiando di importanti sgravi fiscali.

Una fetta delle istituzioni, e dell’opinione pubblica, ritiene che essere bravi ambientalisti significhi investire in soluzioni abitative “Green”; pochi giungono invece alla conclusione che la difesa del pianeta richiede il rivoluzionamento radicale di un sistema economico (il nostro) basato sulla predazione delle risorse naturali e delle popolazioni del Terzo Mondo.

Discorso simile riguarda il sistema fiscale, di cui si parla da tempo in termini di jungla, di complicazioni burocratiche. Il legislatore valuta raramente la possibilità di far rispettare realmente la proporzionalità dell’imposizione tributaria (prevista dal dettato costituzionale) al fine di favorire la realizzazione della giustizia sociale. Gli italiani, pressati da media e leader partitici, chiedono al Governo di ridurre i prelievi fiscali e di semplificare il sistema, facendo il gioco dei possessori di grandi patrimoni e, anzitutto, tradendo sé stessi.

Pensionati che percepiscono la minima e lavoratori dal salario modesto sono terrorizzati dalla parola “patrimoniale”, ma si dichiarano in genere a favore delle politiche indirizzate alla riduzione delle tasse. In realtà i possessori di busta paga (vittime di massicce decurtazioni dello stipendio operate dal ministro delle Finanze) non comprendono di essere, oltre che tartassati, anche usati come cassa di risonanza dalla ricca classe dominante, impegnata da sempre a chiedere la riforma fiscale: parlamentari elegantissimi spiegano, dagli schermi tv, come la scure statale si abbatterà su tutti, meno che sui redditi milionari.

Un dipendente che teme la tassa patrimoniale è un cittadino disinformato, complice involontario di un potere sempre pronto a premiare i ricchi e a punire i disagiati. Colpire le grandi concentrazioni di denaro è l’inizio della ricerca di equità e pace sociale: tale atto di giustizia non rappresenta certo un pericolo per chi vive dignitosamente con il proprio lavoro (al contrario di quanto ipotizza la Politica manipolatoria e i media ad essa compiacenti).

La mistificazione della realtà tocca naturalmente l’evento che più di ogni altro si nutre di retorica e falsità, ossia la guerra. La tragedia che sconvolge i Paesi riuniti in quella che una volta era l’Urss è narrata evitando qualsiasi doveroso sguardo oggettivo sui fatti. Tutto si riduce in “buoni contro cattivi”, sino a creare l’ideale stato di confusione mentale in cui, magicamente, sinceri democratici italiani decidono di sostenere nazionalisti di ultradestra, mentre nazionalisti di ultradestra sostengono sinceri democratici del Belpaese.

Tra una menzogna e l’altra si forma il pensiero collettivo perfetto, unico: uno stato di grazia in cui il popolo tace di fronte all’iniquità, e sostiene addirittura chi lo affama. Se chi possiede altissimi redditi evade, oppure dà incarico alle maggioranze parlamentari di trovare il modo di pagare meno, lo Stato non avrà più disponibilità finanziaria e chiuderà altre scuole e altri ospedali senza fare rumore: nel silenzio generale.

I Governi manipolano la realtà di continuo, ai cittadini il dovere di difendere diritti e dignità, anche a costo dello shock conseguente all’aprire gli occhi di colpo.

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