AFFARI D'AMORE

Due cuori e un'azienda: così Segre (con Seymandi) si è ripreso Savio

I milioni di debiti e il concordato preventivo. Le briciole lasciate a banche creditrici e fornitori. Il finanziere torinese, assieme all'ex fidanzata, esce dalla porta sul retro e rientra dal portone principale. Anche la Regione ci mette la sua quota. Ma ora?

E se l’amore fosse solo una parte di questo feuilleton di corna e ripicche? Se tra Massimo Segre e Cristina Seymandi – la coppia della Torino Vip scoppiata in una notte d’estate a favore di smartphone – ci fossero questioni ben più prosaiche che riguardassero le aziende di lui e i rapporti con i suoi figli ai quali allude nell’ormai celebre video pubblicato mercoledì dallo Spiffero? E se di mezzo ci fosse il ruolo di ceo della Savio Thesan ottenuto da Seymandi dopo che la “sua” Hope ha acquisito l’azienda di Chiusa San Michele in Val di Susa? Gli interrogativi sono leciti anche perché lo stesso Segre ha accennato alle conseguenze professionali della loro separazione e soprattutto perché di mezzo c’è il destino di oltre centocinquanta lavoratori.

La Hope era stata costituita proprio da Segre alla fine del 2020 e lui l’aveva messa nelle mani del figlio Giulio salvo poi “convincerlo” a cedere le sue quote a Seymandi nell’anno successivo. Ed è stato proprio Segre senior – come si legge dalle carte relative al concordato di Savio – a offrire garanzie e fidejussioni per consentire alla Hope dell’amata (allora) Cristina di ottenere il controllo dell’azienda specializzata in accessori per serramenti.

Una vicenda intricata in cui s’intrecciano soldi pubblici e affari di famiglia che finora è rimasta sullo sfondo della cronaca rosa. Era un’azienda decotta la Savio quando la Hope è subentrata rilevandone la proprietà, ma in questo avvicendamento, nella sostanza, non sono cambiati i padroni. La Savio –  che nel 2021 aveva registrato perdite per 2,8 milioni a fronte di un fatturato di 24,5 milioni – era gestita dalla Fp Holding di Segre. È stato lui a traghettarla verso il concordato preventivo, sotto il peso di 100 milioni di debiti, lasciando le briciole a banche creditrici e fornitori. Poi Segre se l’è comprata per appena 10.485.000 euro.

È scritto tutto nel decreto di omologa del concordato preventivo emesso il 21 aprile dello scorso anno cui fa seguito il contratto di acquisizione di Savio da parte di Hope datato 16 novembre. Viene stabilito che i debiti vengono corrisposti nella misura del 6% alle banche creditrici e del 24% ai fornitori. Qualcuno ci perde milioni di euro, intanto Segre esce dalla porta sul retro per rientrare dal  portone principale. La Hope infatti fa riferimento proprio a lui: non solo l’80% delle quote di Cristina Seymandi, anche l’altro 20%, detenuto da Vittorio Moscatelli sono direttamente riconducibili al noto uomo d’affari della Torino bene essendo quest’ultimo amministratore delegato della Ipi, la società che gestisce un patrimonio immobiliare da oltre 300 milioni di euro che fa capo proprio a Segre. Nel concordato si legge come sia proprio lui, Segre, a offrire buona parte delle garanzie necessarie affinché l’operazione vada in porto e nello stesso documento, in una occasione, viene citata la Hope come società “riferibile al dott. M. Segre”.

Affinché questa operazione potesse essere conclusa con successo fa la sua parte anche la Regione che attraverso Finpiemonte eroga a Savio oltre 2 milioni di euro secondo la legge 34/04. Risorse servite a Segre per ritornare in possesso della sua azienda (attraverso Seymandi e Moscatelli). Tutto è filato liscio finché la coppia non è scoppiata. In questo senso la separazione dei due potrebbe avere delle ripercussioni anche sulla società. Nel suo ormai celebre discorso d’addio il banchiere subalpino – che ora è nei guai anche per una indagine condotta dal pm Mario Bendoni a carico della Directa Sim, la sua società di intermediazione mobiliare che secondo i pm avrebbe agito da banca senza averne i requisiti creando un giro d’affari di 800 milioni – ha assicurato alla sua ex compagna: “Ti confermo la mia stima lavorativa. Se vorrai potremo valutare come proseguire una collaborazione professionale”.

Insomma, il noto banchiere concederebbe a Seymandi di restare al suo posto, a capo della Savio: ma non è lei ora la prima azionista dopo che il suo ex futuro marito l’aveva messa a capo della Hope consegnandole le quote che in un primo tempo erano state messe nelle mani del figlio Giulio? Siamo sicuri che lei voglia consegnare a lui la facoltà di tenerla o metterla alla porta? E lui ha il potere di chiudere i rubinetti della Savio se Seymandi non si piegasse? In breve, se la storia d’amore è finita a causa di “un avvocato” per sistemare gli affari potrebbero servirne molti di più. Mentre decine di lavoratori attendono gli sviluppi col fiato sospeso.

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In seguito alla pubblicazione dell'articolo Massimo Segre ha fatto sapere, attraverso un proprio collaboratore, che “diversamente da quanto riportato, lo stesso Massimo Segre non è mai stato socio di Fp Holding ma ha ricoperto la Presidenza della Società dal 2018 al 2020 perché scelto dai soci con funzione di garanzia”. Risulta, invece, allo Spiffero che la società Fp Holding, nell’anno successivo, quando ha avviato il concordato, fosse controllata da Segre che ne deteneva il 59% tramite la Segreto Fiduciaria.