VACANZA DI POTERE

Da Meloni a Cirio, da Schlein a Valle:
tutti in ferie. "Ma da cosa?" (cit.)

Siamo il Paese con la produttività tra le più basse al mondo ma anche pressoché l'unico a non rinunciare ai fatidici quindici giorni di vacanza concentrati ad agosto. Come sono ancora attuali le parole di Marchionne quando svergognò il vezzo tutto italico - VIDEO

“Ma in ferie da cosa?”. È passata alla storia la frase con cui Sergio Marchionne reagì alla risposta che ricevette arrivando a Torino dall’estero e, trovando gli uffici vuoti, chiese conto di quel deserto: “Sono in ferie”, spiegò uno dei pochi presenti. Era il 2004 e, come avrebbe ricordato più volte il top manager di profilo e impronta internazionale, la Fiat perdeva 5 milioni al giorno però mentre “in Brasile se ne fregano di agosto, in America ad agosto si lavora, la Fiat chiudeva, imponendo l’usanza italica anche all’estero. Una pirlata”.

Ma in ferie da cosa va oggi la politica, che trova unanime visione e condivisione solo in quell’italica usanza mirabilmente definita da Marchionne? Caschi il mondo, l’importante è che a stare su sia l’ombrellone. “Non timbriamo mica il cartellino” ha risposto più d’un parlamentare piccato di fronte a pur timide obiezioni su quei circa trenta giorni di vacanza, pure sempre con le immancabilmente citate eccezioni vanamente elevate a regola. Il cartellino no, ma pure l’unico Governo che ha lavorato il Primo maggio, sposta la celebrazione della festa a Ferragosto.

A partire dal presidente del Consiglio che per la vacanza ha scelto una masseria nella campagna pugliese dal nome evocativo e benaugurante: “Beneficio”. E pazienza se Ceglie Massapica, è il paese che ha dato i natali a Rocco Casalino, portavoce di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, per Giorgia Meloni l’importante è stare in famiglia, quella allargata alla sorella Arianna e al marito ministro Francesco Lollobrigida. Il cognato d’Italia ha approfittato del viaggio fuoriprogramma di premier e seguito in Albania su invito del presidente Edi Rama, per mettere una toppa all’ennesima gaffe, stavolta proprio sul turismo a suo dire “poco di qualità” del Paese delle Aquile. La statista di Colle Oppio, più delle aquile, dovrà osare sulla legge di bilancio. Se quella passata l’aveva preparata quasi tutta Mario Draghi, stavolta Meloni insieme al coniglio mannaro Giancarlo Giorgetti sulla finanziaria deve mettere testa da subito. Rischiando involontari quanto imbarazzanti paragoni con la storia e le “matrici”, i capataz di FdI descrivono la Capa intenta a lavorare anche sulla sdraio o mentre gusta un piatto di orecchiette. Fortuna che hanno già mietuto il grano. Certo di lavoro da cui (non) andare in ferie ce n’è d’avanzo: Mes sì Mes no, la riforma della giustizia con Carlo Nordio necessitante di manica segnavento per capire se oggi è garantista o giustizialista, l’autonomia regionale che pare una lite per l’ultimo lettino tra Luca Zaia e Vincenzo De Luca, e poi il Piano Mattei con una Bascapè politica in agguato e via ancora.

Dall’opposizione le cose non è che vadano poi tanto meglio. Via via via da queste sponde, portami lontano sulle ondeMa l’onda lunga (do you remember Bettino Craxi? Ecco, tutt’altra cosa) di Elly Schlein pare una stanca risacca, correnti di qui e “non correnti” di là, e dell’estate militante si ha traccia come di un posteggio libero a Portofino. La segretaria del Pd che subito dopo l’ascesa al Nazareno si era concessa una vacanza rigenerante pasquale è attesa nella natia Svizzera, pare con la compagna Paola Belloni, ma lontana dai compagni frittelle& salamelle che non mancherà di andare a trovare nelle Feste dell’Unità o democratiche dove non digeriscono il giornale di Piero Sansonetti. La sua agenda, salario minimo a parte, è tutta da riempire. I colori più dell’armocromista saranno quelli delle aborrite componenti interne dei “cacicchi”, fulminee arabe fenici di cui si sentirà tutto il peso fin dall’autunno, magari quello sì militante.

Puntuale come un treno svizzero, arriva la stima degli italiani in vacanza e no: uno su dieci non ci va. Non è tra questi il governatore del Piemonte (insieme a tutta la sua giunta) che non manca al consueto soggiorno in quel di Diano Marina, ponente ligure da cui a breve Alberto Cirio tornerà richiamato dalla foresta di noccioleti pronta per il raccolto. Forse farà in tempo a recuperare pure qualche trifola (un tempo regale omaggio nelle sue visite alla corte Arcore) da offrire alla Meloni attesa a ottobre per il Festival delle Regioni e, ormai, per la quasi certa investitura per il secondo mandato presidenziale in luogo dello sperato viatico per un ruolo nella commissione europea. Obiettivo, quello Palais Berlaymont destinato a sfumare, come la posa della prima pietra di almeno uno dei tanti futuri ospedali attesi in suolo piemontese o la riduzione delle liste d’attesa o, ancora, altri progetti che si sarebbero attesi, ma non sono arrivati nel quinquennio che s’appresta a concludersi. Occhietto langhetto socchiuso, posa da opossum, attento a non farsi travolgere da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, al ritorno dal mare di Cirio tra raccolta di nocciole e vendemmia c’è anche la composizione della sua lista che fin d’ora agita i sonni leghisti con le immagini di Vittorio Gassman nel Sorpasso.

Ha già arrampicato le amate cime il probabile avversario Daniele Valle che dopo aver trascorso qualche giorno nel buen retiro famigliare di San Damiano D’Asti, sguazza tra le onde del mar di Sardegna: sempre regno sabaudo, insomma. Ma la spedizione per salire la vetta del quarantesimo piano del grattacielo aspetta ancora la conferma. Avrà sherpa pentastellati l’attuale vicepresidente del Consiglio regionale il cui partito non ha certo brillato per incalzare in maniera efficace il centrodestra nel lustro che sta per terminare? Soprattutto, riuscirà a convincere tutte le anime (perse) del Pd a investirlo del ruolo di candidato o dal Nazareno arriveranno indicazioni diverse come accadde per Stefano Lo Russo?

Lui, il sindaco per mancanza di prove, che ha visto passare il treno della Fondazione Crt e pure quello di Iren senza fermata a Palazzo di Città, sta viaggiando con la figlia tra Centro ed Est Europa. Torino è una locomotiva che sbuffa e arranca sui binari delle grandi partite, la prossima sarà quella della presidenza della Compagnia di San Paolo, non di meno Lo Russo sarà messo alla prova sul ridisegno urbanistico della città. Prima di concedersi la vacanza era stato negli ad Harvard per un selezionato corso di formazione chez Blommberg. Per far sapere che è il sindaco di Torino, dicono i maligni o gli invidiosi. Come quelli che in ferie non ci vanno. E, insieme a quelli che invece stanno sotto l’ombrellone, guardando alla politica ricordano Marchionne. In ferie da cosa?

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