TERTIUM DATUR

Renzi fa shopping in Centro, primi acquisti in Piemonte

Guarda agli orfani berlusconiani e ai piddini sconfortati dalla Schlein. Da abile e spregiudicato tattico vuole sfruttare le contraddizioni di avversari ed ex alleati. Già arruolati il leader dei Moderati Portas e l'ex Dc Merlo. Lo snodo delle Europee

«In questi mesi Meloni ha fatto la bella addormentata nel bosco: a svegliarla non sarà un bacio del principe azzurro, ma un foglio Excel della Ragioneria». Matteo Renzi non ha dubbi: la manovra di bilancio non potrà che essere all’insegna dell’austerity e per il governo sarà l'ora della verità. «Ha vinto le elezioni con la coerenza ma governa con l’incoerenza – spiega in un’intervista a Repubblica –. Ha detto basta accise e le ha aumentate. Ha detto blocco navale e gli sbarchi sono raddoppiati. Ha detto cambierò l’Europa e l’Europa ha cambiato lei. La Giorgia dei video di un anno fa attaccherebbe tutti i giorni la Meloni di oggi». A questo punto la premier avrà di fronte a sé un bivio: scegliere se essere sovranista o moderata. «Se la conosco, resterà a destra. E questo apre uno spazio: molti desiderano un’alternativa a questa destra e a questa sinistra. Un centro vero».

Un progetto che avrà come principale snodo le urne del 2024. «Useremo il nome “il Centro” per le Europee, perché l’Europa si governa al centro. Guardi in Spagna: la differenza la fanno i nostri amici baschi. Lo stesso avverrà per le istituzioni europee: altro che Vox e Le Pen, servirà il centro». Quanto a Italia Viva, «vedremo se chi ha paura della democrazia interna andrà via prima del congresso. Ma arriveranno altri, a breve». Magari «chi nel Pd non può stare con Schlein». Renzi non fa mistero di guardare anche a pezzi di Forza Italia, su cui lancia una profezia: «Sopravvive se trova un leader, ma non ne vedo. Con Berlusconi era Forza Italia, con Tajani è Forse Italia. Sulle banche Tajani dice: “Bisognava fare il decreto a mercati chiusi”. Doveva dirlo in Cdm, non alla Versilia. Ha dimostrato debolezza e aperto sospetti su cui dovrebbe intervenire la Consob». A proposito del suo rapporto con Silvio Berlusconi, Renzi ricorda: «È stato un rapporto umano. Ero tra i pochi nel centrosinistra a non odiarlo. Non ci siamo accordati sul Quirinale, non ha votato la fiducia al mio governo e appena ha potuto mi ha mandato via da Chigi. Ma ha sempre goduto del mio rispetto. E io del suo. I retroscena di oggi sono falsi: non ho mai discusso di politica con i figli di Berlusconi. Auguro naturalmente ogni successo a Mondadori, Mediaset e Mediolanum». In verità, più di una fonte conferma l’esistenza di un canale diretto tra l’ex premier e la famiglia di Arcore, così come tra gli azzurri si contano numerosi sensibili alla seduzione del senatore di Rignano (Licia Ronzulli e Giorgio Mulè).

Un “centro” attrattivo che deve però già mettere in conto la defezione di Carlo Calenda, col quale le strade parlamentari si divideranno nelle prossime settimane. «Purtroppo Carlo abbandona le cose a metà», «mi spiace ma rispetto le sue scelte. Io però mi occupo di altro. In Europa abbiamo visione, relazioni, credibilità: su questo sono al lavoro, non su altro». Il piano renziano è ancora coperto da segreto, ma a quanto sembra alcuni esponenti di Iv vorrebbero usare le assemblee dei gruppi di Camera e Senato per «mettere in minoranza Calenda». Una impresa tutt’altro che scontata, visto che fibrillazioni e malumori si registrano tanto nel campo renziano quanto in quello di Azione.

Nel fronte che guarda a Calenda, ci sono almeno un paio di esponenti che hanno «mal digerito la scelta di rompere con Renzi per intraprendere la strada dei gruppi separati», si sottolinea. In Italia Viva, al contrario, ci sarebbe chi manifesta malumore per l’affacciarsi di Renzi nel campo del centrodestra, unitamente ad alcune scelte sugli incarichi interni, e starebbe valutando altri approdi. Di sicuro c’è il muro che si è ormai alzato fra i due leader e che fa dire a Calenda: «Con Matteo Renzi abbiamo già divorziato» e se i gruppi parlamentari sono ancora uniti, «non posso farci niente. C’è il mio cognome nel simbolo, la decisione la deve prendere Renzi. Comunque siamo due partiti diversi e andremo separati alle Europee. Al cento per cento». Da Italia Viva arriva una risposta altrettanto gelida: «Calenda ha scelto di non fare le liste per le europee assieme a noi, sta facendo tutto da solo».

Quella delle europee è, come abbiamo visto, la vera sfida che Renzi è deciso a giocarsi fino all’ultimo, consapevole anche di poter guardare alla sua destra, in direzione Forza Italia. Il partito dopo la scomparsa del fondatore è in fibrillazione. Di questo potrebbe approfittare FdI, partito che attualmente detiene la golden share della maggioranza. Ma anche lo stesso Renzi, consapevole di suscitare interesse nell’elettorato più moderato del centrodestra.

Tra i dem, in ogni caso, al momento non paiono troppo preoccupati dalle mosse dell’ex segretario. Anche nelle fila riformiste e moderate dem prevale «la responsabilità di tenere dritta la barra del Pd sul pluralismo interno, necessario in un partito come il nostro. Guardiamo con attenzione a quello che accade, ma non c’è alcuna preoccupazione». Il tema, semmai, è capire cosa faranno Azione e Più Europa, formazioni con le quali Elly Schlein ha avviato la campagna per il salario minimo e che potrebbero essere compagne di altre battaglie alla ripresa dei lavori parlamentari. Persino per Calenda è auspicabile che le strade di Pd e M5s tornino a incrociarsi, su Pnrr, industria 4.0 e sanità. «Noi siamo centro repubblicano e loro la sinistra», sottolinea il leader di Azione, rimangiandosi anni di contumelie (pronunciate e ricevute) «ma troviamo il modo di collaborare».

In Piemonte, intanto, si guarda con attenzione ai movimenti renziani anche in vista del coincidente appuntamento con il voto regionale. Il leader dei Moderati Mimmo Portas è a pieno titolo coinvolto nel progetto (nella circoscrizione elettorale Nord Ovest sta lavorando con l’ex sindaca di Milano Letizia Moratti), alcune liste civiche e locali sono alla finestra in attesa di una chiamata. Il parlamentare ossolano Enrico Borghi, ex lettiano, oltre a quello di capogruppo al Senato avrà compiti di raccordo (e di proselitismo) sul territorio affiancando la renzianissima storica Silvia Fregolent. tra i berluscones piemontesi, ridotti all’osso dalla gestione “casalinga” del duo Paolo Zangrillo-Roberto Rosso, almeno un paio di esponenti della prima fila avrebbero manifestato interesse.

Chi pare non veda l’ora di mettersi in moto è Giorgio Merlo, ex Dc a lungo parlamentare ulivista, oggi dirigente nazionale di Tempi Nuovi-Popolari uniti. «Finalmente decolla il Centro e, soprattutto, “la politica di Centro”. È l’unico progetto politico, questo, in grado di mettere in discussione quel “bipolarismo selvaggio” che da ormai troppo tempo caratterizza il sistema politico italiano – spiega l’ex ghost-writer di Franco Marini –. Un Centro che non può che essere popolare, plurale, riformista e di governo. Come ovvio, e persino quasi scontato, un progetto che non ha nulla a che vedere con il polo a cui pensa Calenda, cioè una sorta di Pri in miniatura alleato con ciò che resta dei radicali. Un progetto, invece, quello a cui pensa Renzi, che vede l’apporto di tutti quei movimenti e forze che perseguono l’obiettivo di ricostruire un vero Centro politico nel nostro Paese. Un Centro che, com’è altrettanto ovvio, deve avere l’appoggio decisivo e determinante dei cattolici popolari, democratici e sociali, oggi sostanzialmente ai margini e irrilevanti nella politica italiana».

print_icon