POLITICA & AMBIENTE

Blocco auto, allarme centrodestra: "Rischiamo di pagarlo caro al voto"

La Regione Piemonte ha issato bandiera bianca, dopo aver assicurato che avrebbe rinviato la stretta sugli Euro 5. Raccontano di un Salvini incazzato e preoccupato per gli effetti sulle elezioni. Anche il ministro Pichetto in campo (tirate fuori i cornetti)

Se il fine è quello di ridurre l’inquinamento, ad oggi l’effetto più che probabile del blocco della circolazione per i veicoli Euro 5 è quello di un calo dei consensi per il centrodestra nelle urne piemontesi, ancor prima di quello delle polveri sottili. La maggioranza che guida la Regione Piemonte, che poi è la stessa che governa il Paese, insomma ha un problema. Non ci vuole un fiuto da fine politico per intuire le conseguenze sul voto nel 2024 di un provvedimento che colpisce 416mila vetture, che salgono a oltre 650mila calcolando le altre restrizioni. E infatti, uno un po’ grossier ma attento al mutare degli umori come Matteo Salvini ha suonato la carica, pare dopo aver smaltito una bella incazzatura per aver scoperto che la paternità della misura è di uno dei suoi, il leghista Matteo Marnati, assessore all’Ambiente della giunta di Alberto Cirio.

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture ha promesso di portare la questione in consiglio dei ministri, nella seduta di oggi, con l’intenzione di chiedere e ottenere “quantomeno un rinvio” del blocco che è previsto a scatti a Torino e in altri 75 Comuni della regione dal prossimo 15 settembre.

Al leader della Lega, partito che nei seggi ottenuti nel 2019 è ancora il principale azionista della coalizione che amministra il Piemonte e deve far di tutto per reggere l’urto di Fratelli d’Italia alle urne della primavera prossima, non sfugge certo come l’arrivare alla data fatidica del blocco senza aver trovato una soluzione, sia pure tampone, equivalga a un harakiri politico col tubo di scappamento al posto della spada. Le proteste che già si sono fatte sentire e che, per quanto riguarda le categorie professionali affondano proprio nel bacino storico del centrodestra e della Lega in particolare, non sono altro che il prologo di quello che potrebbe essere davvero un durissimo colpo alle elezioni regionali (e di conserva pure europee) per l’attuale maggioranza.

E che il pasticcio piemontese sugli Euro 5 sia, ormai, questione prettamente politica è chiaro non solo dall’annuncio e dal nervosismo di Salvini, ma anche da altri segnali non meno visibili in ambito regionale. Il tenersi più che a distanza di sicurezza dalla questione che investe una platea vastissima – dal piccolo commercio, agli artigiani, ai dipendenti che usano l’auto per andare al lavoro, e via ancora formando un pesantissimo blocco elettorale tradizionalmente orientato proprio sul centrodestra – da parte del governatore Cirio, così come un tentativo di lasciare il cerino in mano alla Lega da parte di esponenti di rilievo di Fratelli d’Italia (dall’assessore Maurizio Marrone, al sindaco di Casale Monferrato e figura emergente dei meloniani Federico Riboldi, al capogruppo a Palazzo Lascaris Paolo Bongioanni), sono ulteriori elementi a supporto dell’altissimo rischio elettorale che si prospetta. Su questo provveeimento il governatore torna in modalità opossum e la sua faccia la ritroveremo se e quando si sarà trovata una soluzione. Per ora se la smazzi il povero Marnati.

Una punizione, quella che potrebbe arrivare sulle schede, ancor più cocente non solo per il fatto che un provvedimento del genere non ce lo si aspettava da un’amministrazione di centrodestra – refrattaria all’ambientalismo radicale e ideologico – ma soprattutto perché piomba sulla testa dei piemontesi dopo che nei mesi scorsi i vertici della Regione hanno dato ampie rassicurazioni sulla proroga della sua entrata in vigore. Basta scorrere la rassegna stampa dell’assessore Marnati.

Pesa come un macigno l’azione della Procura di Torino che ha messo sotto indagine un paio di ex sindaci di Torino, il predecessore di Cirio in Regione con i rispettivi assessori all’Ambiente e che solo per il momento (per i perimetri temporali dell’inchiesta) ha tenuto fuori gli attuali titolari. Comprensibile il timore, meno l’assenza di adeguate contromisure che avrebbero evitato l’attuale “resa incondizionata” ai furori dell’ecologismo massimalista. Certo, rimandare il provvedimento equivarrebbe a disattendere e violare il protocollo antismog siglato tra le Regioni del Nord appartenenti al Bacino Padano, ma anche questo era noto quando Marnati cambiando linea passò dal “Penso che non sia giusto accettare che la lotta all’inquinamento penalizzi i più poveri, quelli che non hanno il denaro per cambiare l’auto” a “la qualità dell’aria è un bene imprescindibile e la Regione non arretrerà di un millimetro sulle politiche antismog. Abbiamo messo in campo un piano di azioni che intendiamo mantenere senza alcuna esitazione”. La stessa ipotetica scappatoia affidata al Move-In, l’apparecchio che conta i chilometri e allo scoccare dei 9mila scatta il blocco, rischia di suonare come una beffa, non foss’altro perché l’apparecchio va pagato dai proprietari dei veicoli, anche se sempre Marnati spiega di non considerarlo “un provvedimento devastante”.

Tali invece si annunciano le conseguenze, in primis per chi possiede un’auto Euro 5 e, sul versante politico, per chi non è stato in grado pur avendone il tempo di gestire una questione trasformatasi in una bomba pronta a esplodere alle elezioni. Ormai la Regione ha spazi ristretti di manovra e non resta che auspicare l’atteso e, da più parti promesso intervento del governo: da Salvini, ma anche il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto (e qui gli scongiuri sono d’obbligo). In ballo c’è il mantenimento da parte dell’attuale maggioranza in Piemonte e nel Paese di una delle Regioni più importanti. Quelle centinaia di migliaia di auto e furgoni, se verranno fermati, potranno a loro volta fermare o comunque rendere assai più difficile il cammino, fino ad oggi in discesa, del centrodestra verso un secondo quinquennio alla guida della Regione.

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