PALAZZI ROMANI

Pichetto nel mirino della Lega, Molinari "minaccia" il rimpasto

Salvini prosegue la manovra di logoramento di premier e FdI. Tramite il suo capogruppo alla Camera apre le ostilità. Nel mirino Santanché e Urso, ma anche il ministro dell'Ambiente, piemontese come lui. Dopo le Europee un Meloni bis? Dipenderà dal voto

Avvelenare i pozzi per frenare la corsa di Giorgia Meloni. Matteo Salvini fa quello che gli riesce meglio: il genio guastatore per logorare la presidente del Consiglio e indebolire le percentuali di Fratelli d’Italia. E mentre dissemina il terreno di trappole e ostacoli, moltiplicando le sortite dissonanti dalla coalizione, ora chiede, un giorno dopo le Europee, un “riequilibrio nell’esecutivo”. Una sorta di Meloni bis, ma con due o tre ministeri in più affidati al Carroccio.

Date queste premesse, scrivono alcuni giornali, non è difficile immaginare lo stato d’animo con cui ieri sono state accolte ai vertici del melonismo le parole di Riccardo Molinari su un possibile rimpasto. “Il rimpasto? Non la vedo come un’esigenza”, ha detto Molinari alla Verità, “ma neppure come una tragedia se succedesse”. È la seconda parte della risposta ad allarmare Palazzo Chigi, spargendo nuovo veleno tra partner di maggioranza. “Siamo molto soddisfatti, come Lega, dei nostri ministri. Non so se gli alleati lo siano dei loro”.  Apparentemente, indica problemi in casa d’altri. Di fatto, punta a indebolire la compagine meloniana e a far emergere – quasi per contrasto – i nomi dei ministri finiti nel mirino del Carroccio. E non è neppure un caso che ad aprire le ostilità sia un esponente verso cui Meloni notoriamente manifesta avversione. Molinari ritiene, con qualche ragione, che ad azzopparlo nella corsa alla presidenza della Camera ci sia stato lo zampino (anche) della premier.

La prima a finire sulla graticola è ovviamente Daniela Santanchè, pesantemente indebolita dalle inchieste. Il Turismo, tra l’altro, è una casella che fa gola a Salvini. Un secondo membro dell’esecutivo che Salvini potrebbe chiedere di sacrificare è l’azzurro Gilberto Pichetto Fratin, che guida l'Ambiente e la sicurezza energetica. Il suo nome potrebbe diventare oggetto di scambio politico, soprattutto se – come spera via Bellerio – Forza Italia dovesse uscire ridimensionata dalle urne, a favore proprio della Lega. A Pichetto, piemontese come Molinari, viene rimproverata la gestione delle misure sul traffico e uno scarso peso in sede europeo. E poi c’è Adolfo Urso: il vicepremier potrebbe sfruttare la sua probabile candidatura con FdI all’Europarlamento per reclamare anche la sua poltrona. Meloni, però, non è disposta a concedere il dicastero del Made in Italy al leghista. Né è disponibile a sacrificare Matteo Piantedosi, con cui Salvini è sceso il gelo.

A Palazzo Chigi nessuno esclude anche la controindicazione più evidente, in questa strategia salviniana: il ministro delle Infrastrutture può alzare al massimo il tiro, ma non può permettersi di tirare troppo la corda. Piuttosto che assecondare un progressivo logoramento dell’esecutivo, infatti, Meloni potrebbe reagire ribaltando il tavolo e imponendo una nuova conta elettorale. È uno scenario ancora improbabile. Ma le difficoltà delle ultime settimane rendono possibili opzioni che fino all’estate non sembravano neanche ipotizzabili. La gestione del dossier migratorio ha rappresentato un punto di svolta, in questo senso. E poi la manovra economica, che si preannuncia povera e, dunque, poco elettorale.

Tutti tasselli di una tempesta perfetta che potrebbe addensarsi sul centrodestra. Di certo, la cerchia più stretta della premier è in allarme.  E mette in fila alcuni indizi a supportare gli incubi peggiori: le critiche rivolte all’esecutivo da Marina Berlusconi per la gestione del capitolo degli extraprofitti bancari, la silenziosa e inesorabile presa di distanza di una fetta del mondo confindustriale e dell’imprenditoria milanese. E ancora, interlocuzioni sempre più complesse con la grande finanza e l’euroburocrazia di Bruxelles, oltre allo scontro aperto con il commissario europeo Paolo Gentiloni, ricevuto soltanto pochi giorni fa al Colle. L’unico dato che tendono a omettere è però un altro: il consenso, l’artefice del destino di tutti i governi. E gli ultimi sondaggi dicono che la Lega avrebbe invertito il trend mentre FdI inizia a registrare qualche difficoltà.

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