DA CHIGI ALLA MOLE

"Il 2024 sarà l'anno delle riforme". Meloni scimmiotta Renzi (auguri)

Dev'essere la sindrome da Palazzo Chigi. Dopo qualche mese ti dà alla testa e inizi a progettare di "cambiare l'architettura istituzionale del nostro Paese". Da Torino la presidente del Consiglio rilancia su premierato (presidenzialismo addio) e autonomia differenziata

Il 2024 dovrà essere “l’anno delle riforme con cui intendiamo cambiare l’architettura istituzionale dell’Italia”, con l’augurio che “il confronto sulle riforme possa essere concentrato sul merito e non basato su pregiudizi o preconcetti ideologici”. Giorgia Meloni, parlando al Festival delle Regioni di Torino, ribadisce come assetto nazionale ed autonomia differenziata siano indissolubili nel processo di riforma. “Una democrazia più forte, più veloce, più efficiente, riesce da accompagnare meglio le imprese, sostenere lo sviluppo, rispondere ai bisogni delle persone e delle famiglie”, ha affermato il presidente del Consiglio dal palco del teatro Carignano, auspicando “una norma che consenta agli italiani di decidere da chi farsi governare, che impedisca ribaltoni e giochi di palazzo, che assicuri stabilità ai governi. Nessuno più di un presidente di Regione che quando viene eletto può elaborare la sua strategia per cinque anni senza che venga smontata dopo un anno e mezzo con risultati drammatici sul piano economico come è invece accaduto per questa nazione. Quando il proprio orizzonte è troppo breve è normale che si privilegi la spesa pubblica agli investimenti, quello che rende di più in termini di consenso, anche se non è la cosa più importante da fare in termini di strategia”. Citando i numeri dei governi in Italia, Francia e Germania negli ultimi 20 anni, e comparandone i risultati macroeconomici, Meloni ha osservato: “Quello che è sbagliato nel sistema è che quando non si ha stabilità non si riesce a lavorare su quello che non torna immediatamente in termini di consenso”. Per la premier la stagione delle riforme deve andare avanti con “determinazione” e “l’autonomia differenziata proseguirà senza stop”. Questa è “l’occasione per un’Italia più unita coesa e forte”, per “garantire a tutti i cittadini lo stesso livello dei servizi”, per dare “più poteri alle Regioni garantendo sempre coesione nazionale”.

La presidente del Consiglio davanti ai governatori ha ricordato come “l’Italia sia un mosaico di territori dalle potenzialità straordinarie, ogni territorio può contare su energie e risorse estremamente importanti che meritano di essere conosciute, valorizzate e messe in rete. Questo patrimonio è il nucleo della nostra forza ed è fondamentale per rafforzare il senso di appartenenza alla nazione”. “Anche nelle tante divisioni – ha aggiunto – che questa nazione ama sempre mettere in luce, tutti ricordiamo che si vince e si perde tutti insieme”.

Rispetto alle proposte che arrivano dalle Regioni, per Meloni “devono saper rientrare in una strategia di sviluppo”. “Gli accordi prevedono un meccanismo automatico di definanziamento per le risorse non usate. C’è un lavoro per superare inerzie e inadempienze – ha affermato – ma noi dobbiamo riuscire a spendere al meglio tutte le risorse perché non ne abbiamo molte e ci sono tante cose da fare”. L'obiettivo è avere “una nazione più competitiva in un arco di tempo breve”. Poi ha aggiunto che sul Pnrr bisogna “correre correre correre”. “È importante la collaborazione tra Stato e Regioni, penso che la leale collaborazione tra diversi livelli sia presupposto irrinunciabile per dare risposte concrete, che poi è quello che tutti abbiamo responsabilità di fare”. “Penso che la leale collaborazione debba riguardare la strategia complessiva non solo” l’assegnazione delle risorse, “funziona se tutti andiamo nella stessa direzione, se riusciamo a capire il ruolo della nostra nazione nel mondo”, domanda cui “non sempre l’Italia” ha saputo rispondere.

La premier nello spiegare di sentire “il peso della responsabilità” ha sottolineato che “si è eredi di una storia straordinaria. Esserne all’altezza è difficilissimo, non consente leggerezza, superficialità o personalismi”. Poi è tornata a parlare del piano Mattei per l’Africa, “un progetto strategico italiano su cui puntiamo a coinvolgere Europa soprattutto, che stiamo elaborando, che porteremo in Parlamento” e sul quale “chiederemo il coinvolgimento di tutti”. Un altro dei messaggi lanciati dalla Meloni al Festival delle Regioni è quello di cogliere le opportunità dalle crisi che si stanno affrontando. La premier ha parlato dell’obiettivo di “lavorare per restituire al Mediterraneo la sua centralità”, una “scelta di strategia” perché “se il futuro è il tema delle materie prime allora l’Africa non è un continente povero, potenzialmente è un grande produttore di energia”, ha detto. “Lavoriamo a reti di collegamento”, come il “cavo sottomarino con la Tunisia”. “L’Europa si trova a dover fare i conti con questa realtà”, ha aggiunto.

Nel suo intervento al Festival, la premier ha toccato numerosi temi: come il lavoro per la manovra, specificando che le risorse saranno “concentrate a sostenere il potere di acquisto, confermare il taglio del cuneo contributivo e cercare se possibile di fare passi avanti”. Riguardo alla salute, per Meloni “un sistema sanitario efficace è l’obiettivo di tutti”, ma è “miope” una discussione concentrata tutta sulle risorse, serve “un approccio più profondo”, con una riflessione “anche su come le risorse vengono spese. Non basta necessariamente spendere di più” se poi le risorse vengono spese in modo inefficiente. Tradotto, nessun incremento della spesa sanitaria come chiedono a gran voce le Regioni e gli operatori del settore.

Infine, la presidente del Consiglio ha spiegato che “sulla natalità e sulla demografia vanno dati segnali” perché “non è tema ideologico: il nostro sistema di welfare non può reggere se abbiamo una popolazione che continua a invecchiare da mantenere e sempre meno persone a lavorare per mantenerle”. Sulla magistratura: “non c’è nessuno scontro. Dico quello che penso, è un tema che riguarda una sentenza specifica”, a proposito della decisione del giudice di Catania, Iolanda Apostolico, che non ha convalidato il trattenimento di tre tunisini ritenendo le nuove regole, appena varate dal governo, in contrasto con la normativa europea.

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