GIUSTIZIA

"Basta intercettazioni a strascico". Avvocati sul caso Muttoni-Esposito

Sembrano eccessive persino ai compassati penalisti subalpini le 24mila telefonate del "re dei concerti", captate in tre anni di indagini. Così dopo la denuncia del legale romano anche la Camera Penale del Piemonte si è svegliata. "Le regole sono chiare e i limiti invalicabili"

Basta con il “frequente ricorso alle intercettazioni a strascico” che vanno avanti “per tempi infiniti”. La Camera penale del Piemonte occidentale Vittorio Chiusano interviene, a Torino, prendendo spunto dal processo per la cosiddetta “Bigliettopoli” che vede fra gli imputati l’imprenditore nel settore dello spettacolo Giulio Muttoni e Stefano Esposito, ex senatore del Pd. Durante l’inchiesta, che è durata diversi anni ed è stata condotta dalla procura di Torino, Muttoni è stato intercettato circa 24 mila volte. Sull’utilizzabilità di circa 130 conversazioni fra Muttoni ed Esposito, inoltre, è stato sollevato un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale perché la magistratura non ha chiesto l’autorizzazione al Senato. Da sottolineare che entrambi sono ancora in attesa di giudizio dopo 8 anni. Il caso è stato denunciato da Fabrizio Siggia, legale del foro di Roma che assiste Muttoni. Insomma, ci voleva un avvocato romano per dare la sveglia ai tanto compassati colleghi subalpini.

“Le intercettazioni telefoniche – osserva la Camera Penale – non sono un mezzo di ricerca del reato, ma uno strumento investigativo di ricerca della prova di illeciti già in qualche modo emersi. Le regole sono chiare e, se applicate correttamente, segnano limiti invalicabili”. Per questo, secondo i penalisti subalpini, "il frequente ricorso a intercettazioni a strascico, protratte per tempi infiniti, oltre a porre in serio dubbio il rispetto delle regole procedurali, rischia di trasformare indebitamente le captazioni telefoniche da strumenti di ricerca telefonica a strumenti di perpetua e spasmodica ricerca di condotte illecite”. Ma “la libertà e la segretezza delle comunicazioni possono e devono trovare limitazione solo in casi eccezionali e nei limiti imposti dalla legge”. I penalisti subalpini “auspicano che gli uffici giudiziari, torinesi e non solo, vogliano avviare una profonda riflessione sul rapporto tra mezzi di ricerca della prova e libertà, riflessione che possa portare a prassi virtuose e rispettose dei dettami ordinamentali”.