VERSO IL 2024

Gribaudo combatte gli amici di Putin, pressing del Nazareno sul Piemonte

La deputata di Borgo San Dalmazzo spara le sue cartucce per farsi incoronare sfidante di Cirio. Ma i 5 Stelle, incassata Todde in Sardegna, continuano a fare orecchie da mercante. "Alla fine Conte ci fregherà". La regia del duo Taruffi&Baruffi e di Boccia

Il problema del Piemonte è Putin, anzi i suoi “amici” piemontesi. Come l’avvocato di Johnny Stecchino per il traffico di Palermo, Chiara Gribaudo centra l’obiettivo della prossima competizione elettorale. La vicepresidente nazionale del Pd lo fa rilanciando sui social l’estratto di una sua intervista per accreditarsi come sfidante di Alberto Cirio alla guida della Regione. A differenza del suo competitor interno, il consigliere di Palazzo Lascaris Daniele Valle, la deputata di Borgo San Dalmazzo sembra voler caratterizzare la sua discesa in campo, “largo” o “giusto” che dir si voglia, con tratti smaccatamente politici, financo ideologici e di propaganda spicciola, evitando il terreno amministrativo che si è rivelato per lei spesso sdrucciolevole. A prima vista, potrebbe essere una buona mossa, almeno sul piano della tattica, proponendosi come alfiere di quel fronte progressista “contro le destre” che ha avuto il suo battesimo sabato scorso in Piazza del Popolo. Gribaudo dovrà però evitare di insistere troppo sugli amici di Puntin, visti trascorsi di Conte, ma per il resto è perfetta.

In verità, almeno al momento, tale posizionamento non sembra pagare granché, confermando che per quanto si sforzi nel presentarsi come figura di sintesi tra Pd e M5s, in Piemonte il partito di Giuseppe Conte continua a fare spallucce, ripetendo impassibile che “non è questione di nomi”. Al Nazareno, dove la stessa Gribaudo non gode di tutta quella considerazione (e del sostegno) che si presumeva dall’aver condiviso per un po’ l’alloggio con Elly Schlein, si aspettavano che dopo l’incoronazione della grillina Alessandra Todde in Sardegna i Cinquestelle mandassero segnali di appeasement sul Piemonte. Invece, nisba.

Uno stallo solo in parte spiegabile con le vecchie e non superate ruggini tra Chiara Appendino, ex sindaca di Torino e luogotenente contiano in terra allobroga, e lo stato maggiore del Pd subalpino. Non è bastata l’apertura di credito, al limite dell’autodafé, del suo successore a Palazzo civico, Stefano Lo Russo – “Gli anni dei 5 Stelle che incontrai io a capo dell’opposizione sono davvero lontani anni luce” – a smuovere la tignosa Giovanna d’Arco pentastellata. A dar retta ad alcuni parlamentari la speranza di chiudere l’alleanza in Piemonte è ridotta al lumicino e non solo per ragioni locali. “La coincidenza con il voto europeo alla fine farà prevalere gli interessi di bottega e Conte ci mollerà”.

Ora, con il partito regionale sostanzialmente esautorato (”commissariato” de facto, secondo alcuni), il dossier è sul tavolo nazionale, non tanto della coppia Taruffi&Baruffi (rispettivamente segretario organizzativo, ex Sinistra Italiana, e responsabile degli enti locali, bonacciniano flambé) quanto di Francesco Boccia. Il capogruppo al Senato, dirigente che ha attraversato tutte le correnti restando sulla cresta dell’onda, è una vecchia conoscenza dei dem torinesi. Fu lui che due anni fa tentò, fino all’ultimo, di ostacolare la candidatura a sindaco di Lo Russo, nel nome di un’alleanza giallo-rossa che avrebbe dovuto trovare compimento nel sostenere il rettore del Politecnico Guido Saracco. Poi le cose andarono diversamente e con quel presagio sinistro (“Perderemo e ne pagherete le conseguenze”) il signor De Girolamo prese la via di casa con le pive nel sacco. Ora, riferisce una fonte di via delle Fratte, ci riproverà. Insomma, cosa può andare storto?

print_icon