Il disordine del pensiero
Vincenzo Olita* 08:29 Sabato 02 Dicembre 2023
Se il pensiero è la facoltà relativa alla formazione di contenuti mentali (da Oxford Languages), va da sé che una sua disorganizzazione comporta un eloquio altrettanto disorganizzato, a volte sconclusionato, quando saltando attinenze, correlazioni e conclusioni ci si esprime sine cogitatione. Eppure, ricordando Heidegger “il pensiero porta l’aurora del pensato vicino a ciò che è da pensarsi”, ma spesso quello che si presume di aver pensato non è quello che era da pensarsi. Lo abbiamo avvertito in queste due settimane dall’uccisione diGiulia, dalla colpa del patriarcato, all’omicidio di Stato, dalla cultura dello stupro al delitto di potere; tralasciando il restante trascureremo anche il ragionamento sul pensare e relative patologie.
Sì, perché se c’è da avere riguardo per la sofferenza e la ribellione di tanti, sensibili e sinceri, altrettanto non lo si può sostenere per chi manovra, trama e tesse, approfittando di tragedie, disgrazie e sventura, per l’affermazione di visioni del mondo e deboli postulati che in assenza di un furbesco, attento ed eccitante indotto, non troverebbero cittadinanza per la loro grossolanità, il loro approccio euristico, per la loro politique politicien. Purtroppo, nella modernità le opinioni vengono prodotte su scala industriale con attenzione a tempi, modalità, smercio, marketing e all’attenta comprensione dei pubblici livelli motivazionali, da parte della politica e degli strumenti ad essa confacenti quali informazione e compiacente intellettualità. Quindi, attenzione per il processo produttivo non certamente per la qualità del prodotto cioè per le opinioni indotte.
Appena ritrovato il corpo di Giulia scatta la produzione, il Presidente del Consiglio parla di notizia straziante, la leader dell’opposizione, afferrando al volo la richiesta del prodotto (opinione), sentenzia “Ora basta, serve una legge per agire sulle scuole”. Ecco, la partita è partita.
Il principale campo da gioco è diventato la scuola dove destra e sinistra sono d’accordo per introdurre oltre a tutte le altre educazioni: civica, ambientale, stradale, alimentare, alla musica, e a tutti gli aspetti definiti non cognitivi, anche l’educazione affettiva, quindi sentimentale, quindi sessuale. Siamo sulla strada dello Stato etico dove la politica presume di essere in grado di risolvere problemi e conflitti con l’innesto nella scuola di univoche totalizzanti visioni.
Nel 1964, Mao volle abolire la coltivazione dei fiori e l’erba dei prati, presentandola nelle scuole come un’attività “borghese”: “Eliminate il più possibile i giardinieri”. Naturalmente, oggi, in Cina prosperano fiori ed erbe.
Nella scuola siamo alla sostituzione della cultura anche di quella popolare con il nulla osta del Ministro dell’Istruzione e del Merito (quale?) che ha presentato il progetto “Educare alle relazioni”: un programma destinato ad ingrossare le assunzioni di esperti di educazione psicologica, sociologia della comunicazione, medicina scolastica, pedagogia, di servizio sociale, per i rapporti scuola famiglia, già previste per arginare il disagio giovanile a seguito della deriva del teppismo scolastico. Con quali professionalità, con quali competenze, con quali visioni assumeranno gli educatori all’affettività? Non è dato comprenderlo.
Alcune certezze, a nostro parere, sono note: l’ulteriore ridimensionamento dei tradizionali programmi capaci di esprimere cultura, l’ulteriore impoverimento della professionalità degli insegnanti a loro volta estranei nel coniugare una poesia di Jacques André Prévert o un capitolo dei Promessi Sposi con il valore dell’affettività e i sentimenti d’amore. Sarebbe compito del Ministro Valditara esprimere chiarezza su questo terreno, ma anche un dicastero di destra è conforme alla frantumazione dell’istruzione e del fallimento della scuola sulla scia delle Moratti, dei Fioroni, Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini, Fedeli, Bussetti, Fioramonti, Azzolina, Bianchi.
Ulteriore certezza è la preoccupazione per i bambini che si accingono ad entrare nella Babele Scuola. Certo, la politica, finché ne avrà il consenso, avrà la possibilità d’istruire le prossime generazioni. I genitori, invece, in omaggio all’obbligatorietà dell’istruzione, denudati da un obbligo naturale, sull’educazione risultano accessori, secondari, impotenti.
Viviamo in un ordinamento liberale? In uno Stato sostanzialmente di Diritto? Crediamo di no.
Su questi aspetti, lo saremmo se le famiglie, con l’introduzione del buono scuola, avessero la possibilità d’indirizzare i familiari verso Istituzioni di gradimento o, al limite, di affidarli a precettori. Compito dello Stato resterebbe una seria valutazione al termine di ogni ciclo di studi.
Riavvolgendo il nostro ragionamento ritorniamo all’assassinio di Giulia che, in conclusione, interessa a pochi, ai tanti solo l’occasione per una ventata di un insignificante modernismo. La riprova, non una sola manifestazione o parola è stata spesa per le vittime di tre femminicidi commessi negli ultimi dieci giorni.
Inchinandoci, li ricordiamo noi, Rita Talamelli Pesaro, 20 novembre; Meena Kumari Salsomaggiore, 28 novembre; Vincenza Angrisano Andria, 28 novembre. Per loro la fabbrica del pensiero, avendo raggiunto obiettivo e fatturato, è momentaneamente fuori servizio. In piena attività, invece, il sistema radiotelevisivo che, per lo sfinimento degli utenti, continuerà a trasmettere ridondanti inutili informazioni, foto, pettegolezzi e dichiarazioni sul caso Cecchettin. Purtroppo, solo il fantasma di una concezione assiologica si aggira in Occidente e, quindi, nella nostra comunità. Una destra e una sinistra, senza distinzione tra loro, se non sul versante del politicante, accompagnano il Paese e lo stesso Occidente verso un ulteriore declino.
Non ricordando l’inabissato Liberalismo che con la sua concezione sulla centralità delle libertà individuali e di conseguenza sulla preziosità della responsabilità individuale, avrebbe potuto indicare un cammino culturale – politico di notevole e concreto spessore. Così come assistiamo all’eclissi del Cristianesimo che, a proposito degli omicidi e di una presunta aleatoria educazione a non commetterli, è incapace perfino di richiamare al quinto comandamento: “Non Uccidere”.
*Vincenzo Olita, direttore Società Libera