Prescrizione, veti dei giudici. Costa: "Governo remissivo"
Stefano Rizzi 14:29 Domenica 10 Dicembre 2023L'esecutivo annacqua il testo introducendo ulteriori tempi per i processi. I presidenti delle Corti di Appello invocano una norma transitoria. Il deputato di Azione: "Richiesta immotivata e una grave invasione nel campo della politica". Nordio ostaggio delle toghe
“Vorrei vedere se io o qualsiasi altro politico intervenisse con una lettera indirizzata al presidente della Corte d’Appello auspicando un esito della sentenza che sta per pronunciare”. Non lo dice, ma Enrico Costa sa bene che succederebbe il finimondo per quell’invasione di campo della politica rispetto alla magistratura che, a oggi però, non contempla il reciproco nell’esecrazione quanto in un limite che appare, invece, quantomai necessario.
L’ex viceministro alla Giustizia nel Governo di Matteo Renzi, oggi numero due di Carlo Calenda in Azione, nonché parlamentare di lungo corso, non cita a caso i vertici delle Corti d’Appello. Di pochi giorni fa la lettera di 26 presidenti, tra cui quello di Torino Edoardo Barelli Innocenti, con cui intervengono nella discussione sulla riforma della prescrizione, in calendario alla Camera, invocando una norma transitoria ricordando “esperienze devastanti soprattutto per la gestione dei ruoli gravosi delle Corti d’Appello, che sono uffici già sofferenti per pesanti e mai risolte carenze di organico del personale amministrativo”. Questa la ragione formale per cui le toghe del secondo grado chiedono che “le eventuali nuove discipline siano accompagnate da esaurienti e coeve disposizioni transitorie”, anche se non sono pochi coloro che intravvedono dietri questo intervento la volontà di frenare o, addirittura, bloccare la riforma che, dopo il modesto tentativo dell’allora ministro Marta Cartabia, intendono superare le distorsioni prodotte da una precedente riforma, quella che porta il nome dell’allora guardasigilli grillino Alfonso Bonafede.
Dunque, onorevole Costa, maggioranza e parte dell’opposizione determinate a cancellare definitivamente la riforma, bandiera dei Cinquestelle. La strada, tuttavia, non appare proprio in discesa. C’è l’intervento della magistratura, ma anche sul fronte politico emerge più di un distinguo. Cosa sta succedendo?
“Intanto diciamo che l’elemento tempo nel processo è cruciale. Non è accettabile che passi, come con la Bonafede, il concetto di fine processo mai. Oggi possono passare anni prima di arrivare a sentenza di primo grado”.
Ma il ministro Cartabia non aveva cercato di metterci una toppa?
“Appunto, nulla più di una toppa. Con i Cinquestelle in maggioranza, Cartabia non ha avuto la forza di abolire del tutto la Bonafede, limitandosi a prevedere l’improcedibilità del procedimento quando si superino i termini previsti, peraltro con una miriade di eccezioni. Si tratta di una prescrizione processuale e non sostanziale. Noi vogliamo tornare a quest’ultima”.
Oltre alla sua proposta di legge, messa in quota al fu Terzo Polo, ne sono arrivate altre, tutte dal centrodestra. Lei insieme al deputato di FdI Andrea Pellicini è relatore. Parrebbe un segnale chiaro, ci sono differenze notevoli?
“La maggioranza ci è venuta dietro, con proposte di Forza Italia, di Fratelli d’Italia e della Lega. Abbiamo trovato una sintesi anche col Governo”.
E qui le cose sono cambiate.
“Sì. La proposta di partenza era un po’ diversa. Oggi si prevede il ritorno della prescrizione, ma dopo la sentenza di condanna di primo grado ai termini di prescrizioni di aggiunge un supplemento di 24 mesi, tecnicamente definito sospensione. Se in tutto quel periodo non viene celebrato l’appello si perde il supplemento. Quindi se si sta ancora nei termini della prescrizione bene, altrimenti il procedimento è definitivamente prescritto”.
Un po’ complicato.
“Il concetto è che si torna finalmente a dare dei tempi oltre i quali non si può andare”.
La sensazione è quella di un compromesso rispetto a quel che ci si aspettava da questo Governo sul fronte della giustizia. Non trova?
“Inutile negarlo c’è stato un ammorbidimento. Si vede nei 24 mesi, chiesti dal Governo, che si sarebbero potuti limitare a 18. Tenga conto che Forza Italia non avrebbe voluto nessuna aggiunta di tempo. Ma c’è una cosa che proprio non è accettabile: la norma transitoria”.
Che è ciò che reclama la magistratura o, comunque, buona parte di essa rappresentata dai 26 presidenti di Corte D’Appello che hanno firmato la lettera. Perché hanno torto, a suo avviso?
“Sostengono che serve tempo per prepararsi al cambiamento, questo nonostante quei 24 mesi in più oltre ai termini della prescrizione. Poi sappiamo bene come le norme transitorie spesso se non sempre vengono richieste per evitare l’entrata in vigore delle nuove regole e, nel frattempo, cambiare ancora”.
Quella lettera, lei la giudica…
“A dir poco inopportuna come lo sarebbe l’intervento di un politico nella formulazione di una sentenza”.
Questione a dir poco annosa quella del rapporto tra politica e magistratura. Il Governo di Giorgia Meloni e del ministro Carlo Nordio ha deluso un garantista come lei su questo fronte?
“Le dichiarazioni programmatica di Nordio sono il dire, poi vai a vedere gli atti, ovvero il fare e di mezzo c’è più che il mare. Questo è il risultato di aver appaltato il ministero della Giustizia ai magistrati fuori ruolo, che sono bravi e preparati, ma che hanno un profilo culturale ben preciso, delle posizioni che non coincidono con quelle della linea politica del Governo”.
Li ha scelti lui, Nordio.
“Al ministero devono esserci figure che corrispondono alla volontà politica, ci vuole uno struttura di carriera. Invece si prendono magistrati per una questione di budget del gabinetto del ministro in cui rientra l’ufficio legislativo. Se si prendono persone già nelle pubblica amministrazione, come nel caso dei magistrati, vengono pagate da questa, intaccando solo lievemente il budget. Finchè non si cambierà sistema, al ministero ci saranno sempre solo magistrati, mettendo nella pancia dell’esecutivo chi appartiene a un potere diverso”.
La lettera delle toghe è pesante. Peserà a tal punto da piegare il Governo e la maggioranza fino a ottenere la norma transitoria?
“Io certamente terrò duro per evitarla. Non c’è un motivo ragionevole per introdurla”.