FIANCO DESTR

Il caso Pozzolo agita FdI: "Non spariamoci sui piedi"

Nel partito della Meloni serpeggia il timore di possibili ripercussioni sul voto regionale in Piemonte. A Vercelli si spacca su Delmastro, che ha scaricato in un nano secondo il "pistola". La "generazione Atreju" in difficoltà e l'allarme liste: "Attenti a chi candidiamo"

Quando un Fratello con la sfiga incontra un Fratello con la pistola, quello con la sfiga se non morto è certamente un Fratello parecchio acciaccato. Se Andrea Delmastro, il sottosegretario alla Giustizia che tra inciampi e sortite a dir poco infelici sembra muoversi col corvo sulla spalla e un buco nel cappello, potesse riscrivere la scena che ha trasformato la paciosa proloco di Rosazza in un saloon, quel Fratello con la pistola lo sostituirebbe con un più tranquillo pianista. 

Invece Emanuele Pozzolo, il peone che negli sfoghi dei meloniani fa scattare la rima con la qualifica guadagnata con lo sparo, dalla notte di Capodanno sta lì sulla spalla di Delmastro al posto del corvo. A scrollarselo di dosso un po’ ci ha provato, ma oltre ad essere tardi è pure dura visto che al netto del ricercato distacco, quello tra Pozzolo e Delmastro è più di un rapporto tra politici dello stesso partito e di territori confinanti. Non servono riti esoterici evocati da mosaici e sculture nel borgo di Rosazza per svelare gli arcana imperii di provincia che hanno portato Pozzolo in Parlamento e lasciato più di un aspirante deputato del partito di Giorgia Meloni con l’amaro in bocca. Quando si trattò di spendersi per l’ex leghista, cacciato anni addietro dal partito nelle mani del compianto sindaco-sceriffo di Borgosesia Gianluca Bonanno, uno che se ne capiva di pistole e non meno di “pistola” (alla lombarda), Delmastro non lesinò generosità. C’è chi non glielo ha mai perdonato e oggi, mentre il sottosegretario sembra perdere rapidamente peso nel Vercellese conservando la sua ridotta biellese, saltano fuori vecchie ruggini e non digerite messe all’angolo quando passava quel treno per Roma con tanti posti facili.

È passato ancora troppo poco tempo per far scordare a Carlo Riva Vercellotti, già presidente forzista della Provincia di Vercelli poi approdato in consiglio regionale e nelle fila di FdI, quella scelta a favore del futuro pistolero che gli segò le gambe pronte a marciare verso Montecitorio. Ora è molto vicino a Delmastro, al quale una parte del partito vercellese imputa una scarsa difesa o un rapido scaricamento di Pozzolo, ma tra l’ex azzurro e il sottosegretario con indiscusso rapporto diretto con la premier raccontano ci siano stati in passato momenti di frizione, fors’anche per il ruolo di pigmalione politico che entrambi non hanno mai nascosto verso la Sorella Elena Chiorino, assessore regionale e figura femminile in ascesa nel partito piemontese.

Un po’ guida, un po’ maestro di colui che si sarebbe dimostrato non proprio allievo modello, Delmastro ora, anzi dallo sparo, con Pozzolo ha troncato ogni rapporto, senza attendere la sospensione annunciata ieri da Giorgia Meloni. Una presa di posizione, più che comprensibile, ma che tale non risulta per tutti i Fratelli vicini al “pistola”. E così se c’è chi non condivide quel rapido abbandono, come “il federale” di Vercelli Alberto Cortopassi o il sindaco di Trino, Daniele Pane, altri si pongono su posizioni meno tranchant com’è il caso del presidente della Provincia di Vercelli Davide Gilardino, altro segato alle politiche da Pozzolo e figura di quell’ala moderata del partito che, allargando il campo all’intera regione, guarda con naturale irritazione all’ambaradan combinato da Pozzolo, ma pure non scorda scelte che forse si sarebbero potute fare in maniera diversa. 

Uno è arrivato al veglione con il revolver mignon, ma i coltelli tra i Fratelli girano non da ieri. Quella manfrina che aveva in parte illuso un altro ex leghista come il già parlamentare Paolo Tiramani, poi conclusasi con la candidatura di Pozzolo non è che avesse trovato in questo esito, benedetto da Delmastro, tutti contenti nella famiglia meloniana. Non certo entusiasta del futuro uomo con la pistola a Montecitorio, uno che di armi se ne intende come il ministro della Difesa Guido Crosetto e altri di quella parte di FdI non erede del Msi, cui appartiene lo stesso segretario regionale Fabrizio Comba. Ma pure nella stessa generazione Atreju, quella da cui proviene Delmastro, ci sono differenze che, di fronte a quanto successo a Rosazza e a ciò che ne è seguito a partire dalla bizzarra invocazione da parte di Pozzolo dell’immunità parlamentare per non consegnare i vestiti, emergono piuttosto visibilmente.

Compagni di partito sì, stesso percorso nel segno degli Hobbit ma certo non delmastriani l’assessore regionale Maurizio Marrone, così come la deputata Augusta Montaruli che dopo essersi dimessa da sottosegretaria per la condanna relativi ad alcuni acquisti con fondi della Regione, si sarebbe prestata di buon grado a comprare i regali dei colleghi per la premier, recapitati poi in via della Scrofa. E proprio quest’ala del partito che in Piemonte (e non solo) ha Crosetto come figura di riferimento è quella che pare vivere con maggiore fastidio la vicenda del deputato pistola. Fastidio e preoccupazione, confermata dalle dure parole pronunciate ieri dalla stessa Meloni, anche in vista delle prossime elezioni. Specie, in Piemonte, quelle regionali. Di cartucce i Fratelli, forti dei numeri pronti a tramutarsi in seggi, ne hanno parecchie. Il rischio di spararsi nei piedi, quello, è ancora più alto e temuto dopo aver scoperto che se incontri un Fratello con la pistola non puoi che dire, come diceva il Biondo ne Il buono, il brutto e il cattivo, “No, Dio non è con noi, perché anche lui odia gli stupidi”. 

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