SANITÀ

Meloni riabilita lockdown e Dpcm. Piano pandemico "modello Conte" 

Mentre parte tra le polemiche la commissione d'inchiesta, il Governo vara il nuovo strumento d'emergenza. Rispuntano le "misure che possono ridurre le libertà" osteggiate dalla destra in pandemia. I pentastellati: "Indagherete Schillaci?" - DOCUMENTO

Effetti collaterali perniciosi e pure un po’ rischiosi per il centrodestra quelli dell’approccio alla gestione della pandemia da parte dell’allora Governo giallorosso. Non solo ieri in commissione Affari Sociali della Camera la maggioranza è andata sotto nel primo voto per varare la commissione d’inchiesta sul Covid, recuperando nella seconda votazione disertata dalle opposizioni, ma pure sul nuovo piano pandemico l’attuale maggioranza finisce per sconfessare le sue accuse mosse all’epoca e avvallare non poche decisioni prese dall’allora premier Giuseppe Conte. Una per tutte, il ricorso ai famigerati Dpcm, i decreti del presidente del consiglio dei ministri finiti bersaglio durante l’emergenza, proprio e soprattutto dal partito di Giorgia Meloni che oggi, insieme agli alleati mette nel novero delle possibili che potrebbero limitare le libertà, insomma si potrebbe tornare al lockdown e, magari, pure a green pass.

Nella bozza del piano è scritto chiaramente come tra gli interventi non farmacologici per contrastare un’eventuale pandemia siano previsti la chiusura attività lavorative non essenziali, delle scuole, il distanziamento fisico, la limitazione degli assembramenti e degli spostamenti, oltre all’uso di mascherine. Per quanto concerne i Dpcm, il ricorso a questo atto viene spiegato come “strumento centrale di governo dell’emergenza sanitaria riflette dunque la posizione costituzionale del presidente del consiglio quale garante dell’unità di indirizzo dell’azione di governo e di bilanciamento dei molteplici interessi pubblici”. 

Manca solo la frase “avevamo scherzato”, rispetto alle citate aspre critiche rivolte a questi sistemi adottati nel corso dell’emergenza. Non manca, tuttavia, l’effetto boomerang. Tant’è che proprio dal partito di Conte non si lascia sfuggire l’occasione di fronte al varo della commissione d’inchiesta e alla bozza del piano pandemico per chiedere al centrodestra se adesso indagheranno sul loro ministro, Orazio Schillaci, che il piano lo ha voluto, prodotto e firmato. Pure il Pd non resta in silenzio e con Marco Furfaro attacca: “Anni ad occhieggiare ai novax, ai no greenpass, a contestare le misure di restrizione e mettere in dubbio l'efficacia dei vaccini, per poi preparare un piano pandemico che ricalca esattamente le stesse cose fatte dai tanto odiati Conte e Speranza. La destra è sinonimo di ipocrisia. Un continuo inganno alle persone, per poi prenderle in giro una volta al potere”.

Qui il piano pandemico

Oltre alla polemica politica sul piano, che sottolinea come quella dei vaccini sia la misura più efficace (anche in questo caso con gran scorno di quella fetta di destra che ha occhieggiato apertamente ai No Vax), grava dell’altro e non di poco conto. Nel documento, infatti, non vengono quantificate le risorse che eventualmente servirebbero per attuarlo. “Le possibili fonti di finanziamento da utilizzare a copertura delle spese emergenti derivanti dall'applicazione del nuovo Piano sopra citate sono solo teoriche, - si legge nella bozza - in quanto per l'identificazione effettiva delle coperture finanziarie si rinvia alle valutazioni governative basate sulla verifica degli oneri e delle relative coperture sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, sul saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e sull'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni”.

C’è, invece, il lungo elenco di esperti, enti e istituzioni che sono state chiamate a rinnovare il piano anch’esso oggetto di polemiche e pure di indagini della magistratura vista l’inadeguatezza e il mancato aggiornamento di quello in essere all’arrivo del Covid. Un elenco che comprende anche i referenti di alcune Regioni, designati dal coordinamento interregionale per la Prevenzione e la Sanità Pubblica. C’è l’Abruzzo, la Lombardia e poi VenetoCampaniaEmilia-RomagnaLazioToscanaMolise, Trentino. Non il Piemonte

print_icon