Quel passato utile al presente

Lo diciamo da tempo ma è bene non dimenticarlo. Ovvero, le categorie politiche del passato non possono essere tutte archiviate e storicizzate per la semplice ragione che un maldestro ed effimero nuovismo non può diventare la strada più efficace per favorire un necessario e indispensabile cambiamento e rinnovamento della politica. A livello nazionale e locale. Al riguardo, tre esempi sono alquanto evidenti e persin plateali.

Innanzitutto, la qualità della classe dirigente. È un tema, ancora una volta, all’ordine del giorno. E gli ultimi fatti – in particolare di alcuni esponenti della maggioranza di governo, ma la decadenza, purtroppo, coinvolge trasversalmente tutti partiti – lo confermano quasi scientificamente. È oramai un giudizio comune sostenere, anche da parte degli storici detrattori della prima repubblica e della cosiddetta “democrazia dei partiti”, che la classe dirigente politica del passato era semplicemente qualificata e autorevole. Ovvero, e con le dovute eccezioni come ovvio, si trattava di leader e anche di statisti che hanno saputo guidare un paese attraverso le armi delle idee, della progettualità e delle culture politiche. Se persiste questo rimpianto significa, molto semplicemente, che la caduta di credibilità, di autorevolezza e soprattutto di sostanza della classe dirigente contemporanea – salvo eccezioni, anche qui come ovvio e scontato – è sotto gli occhi di tutti e non merita ulteriori commenti se non quello di invertire al più presto la rotta.

In secondo luogo, la trasformazione dei partiti da strumenti democratici che contribuiscono a costruire progetti politici a banali ed aridi cartelli elettorali alle dipendenze del capo assoluto non è un fatto positivo, né incoraggiante. E, su questo versante, o i partiti ritornano ad essere luoghi di autentifica promozione politica, di progettualità politica e di selezione di classe dirigente oppure, inesorabilmente, diventano luoghi aridi e sprovvisti del compito che storicamente tocca ai partiti, così come precisato dall’art. 49 della nostra Costituzione.

In ultimo, e per fermarsi a tre soli esempi, l’azzeramento delle culture politiche. Certo, l’irruzione del populismo antipolitico, demagogico e qualunquista di matrice grillina ha contribuito in modo potente a demolire gli storici riferimenti ideali e culturali dei rispettivi partiti. È abbastanza evidente che l’intera politica italiana può recuperare la sua credibilità e anche la sua serietà solo se è caratterizzata da un pensiero. Cioè da una precisa e qualificata cultura politica.

Insomma, e senza alcuna tentazione nostalgica, è sufficientemente chiaro che ciò che è capitato nel passato, recente o meno recente poco importa, non può essere semplicemente archiviato o storicizzato. Sempreché vogliamo favorire un recupero di credibilità e di autorevolezza della politica ma anche, e soprattutto, per non dimenticare le radici della nostra democrazia e gli stessi principi e articoli della nostra Costituzione che restano un faro che continua ad illuminare i nostri comportamenti pubblici.

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