LA SACRA RUOTA

"Ma quale fusione, gli Agnelli hanno venduto". Meloni continua a strigliare Stellantis

La premier torna a fustigare Elkann e i vertici della casa automobilistica. "Hanno spostato la sede fiscale e quella legale fuori dai confini nazionali". Mentre la stessa nascita del gruppo ha celato "in realtà un'acquisizione francese della Fiat"

“Il gruppo automobilistico Fiat, i marchi italiani collegati, rappresentano una parte molto importante della storia industriale nazionale sia in termini occupazionali sia in termini di ricchezza prodotta: è un patrimonio economico che merita la massima attenzione. E questo significa anche avere il coraggio di criticare alcune scelte che sono state fatte dalla proprietà e dal management del gruppo quando sono state distanti dagli interessi italiani, come a volte mi è capitato di fare spesso nell’indifferenza generale”. Giorgia Meloni ribadisce, rispondendo alla Camera all’interrogazione di Matteo Richetti, deputato di Azione, la sua posizione sul gruppo Stellantis. La premier annuncia iniziative per garantire la continuità produttiva e occupazionale negli stabilimenti italiani di Stellantis e di Magneti Marelli, nell’ambito di un piano di rilancio del comparto automobilistico, ma la proprietà non può ciurlare nel manico. Non è un caso, forse, che Meloni non abbia finora mai ricevuto John Elkann a Palazzo Chigi, nonostante pare siano arrivate numerose richieste.

E così dopo le denunce di Carlo Calenda e gli allert lanciati dai sindacati, Meloni evidenzia “lo spostamento della sede fiscale, della sede legale, fuori dai confini nazionali” e “l’operazione di presunta fusione tra Fca e il gruppo francese Psa che celava in realtà un’acquisizione francese dello storico gruppo italiano tanto che oggi nel cda di Stellantis siede un rappresentante del governo francese: non è un caso se le scelte industriali del gruppo tengano in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane”. Il risultato, ha proseguito il presidente del Consiglio, “è che in Francia si produce più che in Italia dove siamo passati da oltre un milione di auto prodotte nel 2017 a meno di 700 mila prodotte nel 2022”. Secondo i sindacati dal 2021 sono andati persi oltre 7000 posti di lavoro. “Noi vogliamo tornare a produrre in Italia almeno un milione di veicoli l’anno con chi vuole investire davvero sulla storica eccellenza italiana e questo significa anche che se si vuole vendere un’auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come gioiello italiano, allora quell’auto deve essere prodotta in Italia”.

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