GRANA PADANA

Vannacci agita la Lega al Nord, in campo Gancia (e Panza)

Dal Piemonte al Veneto, passando per la Lombardia cresce il malcontento per la candidatura del generale. Pressing su Salvini, che alle europee si gioca l'osso del collo. Lady Calderoli già in pista con il paracadute di un ripescaggio in Regione in caso di non elezione

“Né con Washington né con Mosca”. È uno slogan che un po’ sorprende quello scelto da Gianna Gancia. Non, tuttavia, più della decisione di mettere sui manifesti che già circolano sui bus di Torino il simbolo del gruppo europeo Identità e Democrazia, ma non quello del suo partito, la Lega. “Un’Europa più forte e più libera” quella che auspica l’ex presidente della Provincia di Cuneo, passata al Consiglio regionale e da lì, cinque anni fa approdata a Strasburgo con scorno di quei capataz leghisti che tutto s’aspettavano fuorché l’elezione di una leghista che cita più spesso Luigi Einaudi di Matteo Salvini e che non ha mancato occasioni per confessare il suo rimpianto per Umberto Bossi e una Lega che, da tempo, non c’è più. 

Lo stato maggiore piemontese aveva puntato tutto sul corregionale, lombardo d’adozione, Alessandro Panza che in effetti in Europa ci andrà. Ma insieme a lei, che adesso ci riprova. Meno attriti, anzi forse del tutto superati, rispetto al 2019, tanto da far mettere il timbro della convinta unanimità al sostegno dei due piemontesi uscenti, entrambi ricandidati nella circoscrizione Nord Ovest. Ma anche assai meno vento in poppa per la forza politica il cui leader, consapevole dell’alto rischio di rimanere schiacciato da Fratelli d’Italia e da una Giorgia Meloni sempre più protagonista in Europa, sposta la barra sempre più a destra. Linea, questa, non certo coincidente con quella della Gancia, ma anche di una parte della Lega sempre meno esigua e sempre più spada di Damocle sulla testa del Capitano atteso alla prova del voto europeo.

I malumori crescenti, sia pure silenziati nell’ultimo partito leninista rimasto, potrebbero risultare fatali per il leader se l’esito delle urne non supererà almeno la soglia dell’8%. Ma già lo stesso voto europeo, con le preferenze, sarà una prova e probabilmente una conferma della pentola a pressione che è da tempo il partito fondato a Bossi, dopo la virata tutta a dritta di Salvini. E la candidatura della Gancia, in questo, potrà giocare un ruolo molto importante. La moglie di Roberto Calderoli, anche in virtù di questo legame coniugale, cinque anni fa arrivò in Europa con un importante concorso di voti proprio della Lombardia, terra del ministro consorte. La stessa regione in cui parte consistente dei quadri del partito e una fetta consistente dell’elettorato tradizionale ribolle a fronte delle posizioni, sempre più radicali e meno legate ai fondamenti originari, assunte da Salvini.

È quella Lega, per intenderci, che strabuzza gli occhi e fuma dalle orecchie alla sola idea di avere capolista Roberto Vannacci, figura da cui pare ormai conquistato il Capitano, ma che già muove forti reazioni in Veneto dove c’è chi come l’europarlamentare Gianantonio Da Re, ex sindaco di Vittorio Veneto, avverte: “Se in lista ci sarà il generale, io non mi ricandido”. Se non una prateria, questa fetta del partito nient’affatto propensa a sostenere un ulteriore spostamento a destra, per l’europarlamentare piemontese potrebbe essere comunque, unita a voti della sua regione, una forte polizza per altri cinque anni a Bruxelles. In più, Calderoli, insieme al “Doge” Luca Zaia, l’altro ieri ha corretto e non di poco il tiro del Capitano sulla vicenda dell’italiana Ilaria Salis detenuta in Ungheria, ribadendo la necessità di rispettare la dignità umana. Parole, quelle di un’altra Lega, ben diverse dall’intemerata salviniana nei confronti della connazionale portata in aula in catene che ha irritato, in primis, Meloni.

Segnali e avvisaglie che con l’avvicinarsi del voto e, prima ancora, la definizione delle liste paiono sempre più spine nel fianco del segretario vicepremier e di quei salviniani duri e puri tra i quali non può certo annoverarsi il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, di cui si vocifera una possibile migrazione in Europa che aprirebbe le porte del suo ufficio all’attuale vice, il meloniano Maurizio Leo.

Questione spinosa, a partire da Vannacci, quella delle liste per la Lega, che nella circoscrizione Nord Ovest incrocia le concomitanti elezioni regionali in Piemonte. Confermate fin d’ora le ricandidature dei due uscenti, Panza e Gancia, per quest’ultima sarebbe assicurato un paracadute nel caso in cui non riuscisse a tornare a Bruxelles. Più d’una le ipotesi in campo. Incominciando dalla meno probabile di una sua candidatura nel collegio cuneese dove finirebbe per erodere voti all’amico Luigi Icardi, attuale assessore alla Sanità, più agevole un ripescaggio quale assessore esterno, anche se nel novero resta per ora anche l’eventualità di inserirla nel listino blindato del presidente. In questo caso, tuttavia, potrebbe aprirsi un ulteriore problema per la Lega che a quei posti, nell’elenco dei dieci, intende rappresentare almeno alcune delle province, come Vercelli, Biella, Vco e Asti, in cui non sarà eletto nessuno nel proporzionale. Al di là dello strumento, appare certo che per Gancia il paracadute ci sarà. Se poi avrà bisogno di aprirlo, oppure no, questo dipenderà dal risultato del partito e dalle preferenze che lei otterrà alle europee. E dalle quali potrebbero arrivare ulteriori indicazioni, anche pesanti, per il futuro della leadership.

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