LA SACRA RUOTA

Mirafiori spegne i motori due mesi, altra cassa integrazione a Torino

Dopo aver annunciato lo stop delle linee produttive dal 12 febbraio al 3 marzo, Stellantis comunica oggi ai sindacati 4 settimane a casa il mese prossimo, fino al 30 marzo. Intanto, mentre Elkann smentisce le voci su un'alleanza con Renault, i rapporti col Governo restano tesi

Mirafiori si ferma. Dopo aver annunciato l’interruzione delle linee produttive dal 12 febbraio al 3 marzo, Stellantis comunica oggi ai sindacati altre 4 settimane di cassa integrazione fino al 30 marzo per i 2.260 lavoratori (1.251 della linea 500 Bev e 1.009 della linea Maserati). In tutto sono così sette settimane, praticamente due mesi di fermata. turno. E così, mentre i rapporti tra Governo e azienda sono sempre più tesi e si fanno largo le voci – smentite stamattina da John Elkann – di una grande alleanza tra Stellantis e Renault, destinata a far contare ancor più la Francia, il polo torinese si arresta, dando concretamente traduzione all’allarme lanciato nei giorni scorsi da Carlos Tavares: “Senza sussidi all’auto elettrica Mirafiori e Pomigliano sono a rischio tagli”, aveva detto a Bloomberg il ceo, attirandosi strali del premier Giorgia Meloni e del ministro Adolfo Urso e aumentando le preoccupazioni di sindacati e istituzioni locali.

“È la riprova della previsione purtroppo negativa. Il nodo è arrivato al pettine. Il caso Mirafiori deve essere di rilevanza nazionale, lo stabilimento deve essere messo nelle condizioni di avere prospettive”, sottolinea Rocco Cutrì, numero uno della Fim torinese. “Siamo molto preoccupati perché questa cassa integrazione si aggiunge a quella che già c’è. Quello che abbiamo non basta, serve un nuovo modello subito subito”, aggiunge Luigi Paone, segretario della Uilm. Nel mese di febbraio è previsto un nuovo incontro del Tavolo Automotive.

Al metto delle smentite di Elkann le voci su nuove alleanze si fanno insistenti. La nascita di un colosso a baricentro francese, da 7 milioni di auto e oltre 220 miliardi di fatturato, non può che gettare benzina sul fuoco. Come ha spiegato Il Sole 24 Ore, il Governo francese oggi detiene il 6,4% di Stellantis che corrispondono a diritti di voto per quasi il 10%, ma nello stesso tempo è presente in Renault con il 15%. Ipotizzando una fusione carta contro carta, secondo gli operatori, la presa dello Stato transalpino potrebbe attestarsi intorno al 10%, uguagliando la Exor della famiglia Agnelli che con il 14,9% in Stellantis sarebbe destinata a diluirsi. A puntellare l’azionariato e la presa di Parigi ci sarebbe poi la famiglia Peugeot, socia al 7% di Stellantis.

Ad alimentare le indiscrezioni sulla necessità di nuovi matrimoni nel mondo dell’auto è stato proprio Tavares che nei giorni scorsi ha evidenziato come l’industria deve necessariamente affrontare una nuova fase di consolidamento perché negli ultimi anni tra pandemia e corsa all’elettrico a tappe obbligate lo scenario è cambiato. Produrre Bev (Battery electric vechicl) in modo competitivo richiede ingenti risorse e dunque la strada maestra, come spesso accade nell’automotive, è unire le forze tramite accordi industriali, scambi di piattaforme e condivisioni di tecnologie oppure attraverso fusioni. Nella stessa intervista a Bloomberg il ceo ha ammesso che Renault sarebbe vulnerabile per mancanza di scala. Tra l’altro la casa guidata da Luca de Meo – manager che ben conosce la realtà ex Fiat, dalla quale proviene –, che comprende anche il brand Dacia, ha appena annullato la quotazione di Ampere, la newco dedicata alle auto elettriche. Una mossa che ha ulteriormente alimentato le voci di grandi manovre lungo l’asse Renault-Stellantis.

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