LA SACRA RUOTA

Scontro sull'auto e testacoda. Sportellate Governo-Stellantis

L'azienda manda un pizzino su Mirafiori con il mese di cassa integrazione. La premier: "Bizzarro chiedere incentivi e delocalizzare". E sulla boiata dell'ingresso dello Stato nel capitale persino Salvini rinsavisce: "Con tutto quello che ci è costata l'ex Fiat"

Una va di fioretto, l’altro di sciabola. Diversi i toni ma non la posizione intransigente: con Stellantis il Governo ha deciso di fare la voce grossa e giocare all’attacco. “Ribadisco che siamo interessati a ogni investimento che può produrre posti di lavoro, siamo molto attenti al campo dell’automotive, ne abbiamo parlato anche oggi nell’incontro che ho avuto con i vertici di alcune aziende giapponesi, ha esordito Giorgia Meloni al termine del vertice bilaterale con il premier giapponese Fumio Kishida, a Tokyo, prima di sfoderare gli artigli. “Ho letto delle dichiarazioni di Tavares sugli incentivi ma non ho trovato l’intervista. Mi sarebbe sembrato curioso, gli incentivi non possono essere rivolti solo a una azienda e noi abbiamo messo 1 miliardo sugli ecoincentivi. Per questo quello che ho letto mi è sembrato bizzarro”. Non è una bizzarria, invece, ma una scelta imprenditoriale consapevole la delocalizzazione: “Se si ritiene che produrre in altre nazioni dove c’è un costo di produzione inferiore sia meglio non posso dire niente però non mi si dica che l’auto che viene prodotta è italiana e non la si venda come italiana”. Più grossier, nello stile del personaggio, l’intervento del vicepremier Matteo Salvini: “Troppo comodo fare il privato come lo hanno fatto questi signori che poi hanno trasferito all’estero sedi e stabilimenti”

Un duello al fulmicotone, quello tra il Governo e la multinazionale, rinfocolato dalle parole pronunciate dal ceo del gruppo, Carlos Tavares. Nella ormai celebre intervista a Bloomberg il manager portoghese ha affermato che a causa della mancata politica di sostegni alla domanda di elettriche due impianti – Pomigliano e Mirafiori – avrebbero il destino pressoché segnato. E, forse a ulteriore conferma – o, a voler pensare male un preciso avviso – è piombata oggi la comunicazione di un altro mese di cassa integrazione per i lavoratori della storica fabbrica torinese, dove si producono Fiat 500 bev e Maserati GT e GC.

Per farla breve, il Governo rinfaccia all’ex Fiat non solo di non mantenere la promessa di aumentare a 1 milione di auto all’anno la produzione in Italia, ma che anzi minacci lo smantellamento degli stabilimenti attivi sul nostro territorio nazionale in assenza di incentivi per le auto elettriche. Ci sono 43 mila dipendenti a rischio e la risposta di Tavares è stata lapidaria: “La colpa è del governo che ritarda a dare gli incentivi”. Per tutta risposta il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha replicato che se Stellantis non riesce a vendere un suo prodotto e a dicembre è stata superata per la prima volta da Volkswagen in fatto di vendite, evidentemente dovrebbe rivedere le sue politiche. Dopodiché il ministro ha chiarito che gli incentivi non potranno essere stanziati come in passato per finanziare l’acquisto di auto prodotte all’estero, tra cui la metà delle stesse vendute da Stellantis. Da qui la ricerca di un secondo produttore con il rammarico per quanto avvenuto negli anni Ottanta, quando si decise che l’unico concorrente sul mercato domestico fosse ceduto all’allora Fiat: Alfa Romeo. Qualcuno ricorda cosa dissero all’epoca Romano Prodi e Piero Fassino?

Infine, la boutade: quella dell’ingresso dello Stato nel capitale della casa automobilistica, che capitalizza 73 miliardi di dollari. Al netto delle valutazioni politiche, la proposta di Urss sarebbe un bagno di sangue in termini economici per l’Italia. Una partecipazione simile a quella dello Stato francese, che controlla il 6% di Stellantis, costerebbe 4 miliardi di euro. La spesa vanificherebbe i benefici delle vendite di quote di Eni e Poste Italiane, compromettendo l’obiettivo del governo di raccogliere 20 miliardi entro il 2026 da una campagna di privatizzazioni. Inoltre, ben prima di eventuali alleanze con Renault, a causa delle regole societarie la mossa non basterebbe neppure a riequilibrare i rapporti con la parte francese. “Con tutto quello che agli italiani è costata l’ex Fiat, l’attuale Stellantis è l’ultima che può imporre, disporre o minacciare – sottolinea Salvini –. Diciamo che lo Stato ci è già entrato 18 volte con i soldi dei cittadini. Io sono per il privato, che faccia il privato ma è troppo comodo fare il privato come lo hanno fatto questi signori che poi hanno trasferito all’estero sedi e stabilimenti. Quindi non penso che lo Stato italiano possa accettare imposizioni da signori che con l’Italia hanno poco a che fare”.

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