Cattolici tra unità e diaspora

A metà degli anni Duemila Mino Martinazzoli, indimenticabile leader politico del cattolicesimo democratico italiano, pronunciò una frase - come al solito efficace e pungente - che conserva tutt’oggi una straordinaria attualità. Ovvero, “l’unità politica dei cattolici non è mai stata un dogma. Ma, al contempo, non lo è neanche la diaspora dei cattolici”. Una riflessione semplice ma corretta sia sotto il profilo politico e sia sul versante culturale. 

Sono partito dalla riflessione di Martinazzoli perché oggi siamo arrivati al paradosso che, pur senza cadere nella regressione nostalgica, è indubbio che tutti i partiti rivendicano il ruolo dei cattolici - seppur nel pieno riconoscimento del pluralismo delle varie opzioni politiche - e poi, altrettanto puntualmente, all’interno stesso di quei partiti proprio la cultura storica del cattolicesimo politico è del tutto irrilevante. Per non dire puramente ornamentale. 

Ora, è di tutta evidenza che la storia del cattolicesimo democratico, popolare e sociale nel nostro paese ha svolto un ruolo decisivo per svariati decenni non solo perché era rappresentata da una classe dirigente politica di straordinaria levatura ma anche, e soprattutto, perché nel partito di riferimento o nei vari partiti la cultura espressa dai cattolici non era nè irrilevante e nè, tantomeno, ininfluente. E proprio in virtù di questo storico ruolo politico oggi anche i peggiori detrattori di questa esperienza, presenti soprattutto sul versante della sinistra politica ex e post comunista, auspicano un ritorno a pieno titolo dei cattolici nella dialettica politica contemporanea. Ed è proprio su questo crinale che si pone il problema decisivo su quale può essere, oggi, il ruolo politico che può e deve giocare questa cultura politica, questo universo valoriale e anche, e soprattutto, questa progettualità politica. Perchè è pur vero che nè l’unità e nè la diaspora sono vincolanti per il concreto comportamento dei cattolici nella vita pubblica italiana, ma è altrettanto vero che adesso siamo arrivati ad un bivio: ovvero, o i cattolici seppur nella loro diversa sensibilità culturale e politica riescono a ritrovare un ruolo protagonistico nei partiti e nei rispettivi schieramenti oppure, e al contrario, il tutto si ridurrà a svolgere una funzione del tutto ancillare e puramente ornamentale. Insomma, per riprendere una vecchia esperienza del Pci e, guarda caso, dell’attuale situazione interna al Pd della Schlein, si tratta dei “cattolici indipendenti di sinistra”. Detta in altri termini, di personalità che venivano candidate dal Pci per confermare la natura plurale di quel partito ma che, altrettanto puntualmente, erano del tutto irrilevanti ai fini della costruzione complessiva del progetto politico dello stesso partito. 

Ecco, esperienze del genere, che oggi purtroppo si possono intravedere praticamente in tutti i partiti - personali o meno che siano non fa alcuna differenza - confermano in modo plastico che la tradizione, la cultura, il pensiero e i valori del cattolicesimo politico italiano o ritrovano il coraggio di ritagliarsi un ruolo nella cittadella politica italiana oppure consegneremo anticipatamente alla storia una gloriosa pagina della politica italiana ed europea. 

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