SANITÀ MALATA

"Carissimi" medici gettonisti. In 5 anni spesi 1,7 miliardi

Dottori e infermieri esterni pesano sui bilanci delle Regioni. In testa, per esborso, la Lombardia seguita da Abruzzo e Piemonte. Fenomeno esploso con il Covid, continua a sopperire alla carenza di personale. Mercato in mano di poche coop e società. Rapporto Anac

Un miliardo e 700 milioni. Tanto sono costati i “gettonisti”, negli ultimi cinque anni, al sistema sanitario italiano. Un fenomeno quello del ricorso a medici, ma anche infermieri, forniti da cooperative e società di servizi che riguarda l’intero territorio nazionale con la sola eccezione della Provincia Autonoma di Trento, anche se con forti differenze tra regione e regione. In vetta alla classifica per la spesa sostenuta c’è la Lombardia con 56 milioni, seguita dall’Abruzzo con 51 milioni e dal Piemonte che dal 2019 al 2023 di milioni ne ha scuciti 34.

A balzare all’attenzione scorrendo i dati contenuti nello studio effettuato dall’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, è il notevole divario rispetto alla spesa sostenuta  da queste prime tre Regioni e tutte le altre, anche di dimensioni e numero di abitanti poi non così dissimili. Basti osservare che al quarto posto c’è il Lazio, la cui spesa per i gettonisti si ferma a 13 milioni. Ulteriore dato su cui riflettere è il rapporto tra quante risorse sono state impiegate per ingaggiare medici da impiegare soprattutto nei Pronto Soccorso, ma anche in non pochi altri reparti ospedalieri e quanto sono state destinate a pagare infermieri forniti dalle coop o da società private di servizi. Nel caso della Lombardia e del Lazio la somma erogata per le due tipologie professionali si equivale, mentre se l’Abruzzo ha speso tutto per fornire le sue strutture di infermieri, in Piemonte la spesa maggiore pari a oltre 25 milioni e mezzo è stata per assoldare i camici bianchi, a fronte di poco più di 8 milioni per gli infermieri.

Un fenomeno, quello dei gettonisti che come si legge nel rapporto dell’Anac  “è esploso a seguito dell’emergenza sanitaria iniziata nel 2020”, ma è andato aumentando anche con incrementi che superano il 170% l’anni successivo, senza peraltro accennare a sensibili diminuzioni anche quando l’emergenza pandemica si è affievolita e, poi, addirittura è stata dichiarata conclusa. 

Altro dato interessante riguarda il mercato di queste professioni e in particolare l’offerta: “La quota più rilevante – scrive l’Autorità nazionale anticorruzione – è ripartita tra pochi operatori”. Basti pensare che il 64% del mercato nazionale dei medici a gettone è gestito da sole 5 cooperative o società di servizi, mentre il restante 36% risulta suddiviso tra non meno di 25 operatori. Ancora più ristretta la ripartizione degli appalti per quanto riguarda gli infermieri, settore dove il 63% del mercato è gestito da solo 2 operatori, con circa 30 a dividersi il rimanente 37%.

Analisi dei dati, ma non solo nel rapporto dell’Anac, dove non si rinuncia a sottolineare una questione che fin dall’inizio segna, talvolta anche in maniera pesante e con episodi finiti oggetto di indagini giudiziarie, il fenomeno del sempre più diffuso utilizzo di professionisti forniti da soggetti esterni. “Il ricorso a cooperative, predominante per il settore del personale medico piuttosto che ad agenzie interinali” pone in evidenza “oltre a problemi di natura economica, anche le note criticità relative alla qualità del servizio erogato diretta conseguenza della devoluzione ad un soggetto terzo del processo di selezione del personale medico ed infermieristico”.

Spese elevate e scarsa possibilità di scegliere il personale per le Asl o le aziende ospedaliere che si rivolgono alle coop. Due aspetti, entrambi, fortemente negativi che hanno indotto, nei mesi scorsi, il ministro della Salute Orazio Schillaci a ridurre sempre più la possibilità di ricorso ai gettonisti, fino a prevederne di fatto il divieto di utilizzo, salvo rarissimi casi, entro la prossima estate. Un giro di vite anticipato in maniera eclatante e con risultati, a quanto pare decisamente positivi, proprio dalla Lombardia con la decisione dell’assessore alla Sanità Guido Bertolaso di chiudere le porte a coop e società di servizi, ingaggiando in maniera diretta e individuale i medici, peraltro con costi molto ridotti. Una scelta, quella di Bertolaso, fatta proprio nella regione dove, come attesta il report di Anac, si concentra il 67% degli operatori economici (seguito dal 25% nel Lazio e solo il 5% in Piemonte) che forniscono medici e infermieri all’intero sistema sanitario nazionale, ancora costretto a fare i conti con l’ormai quasi cronica carenza di personale, le migrazioni all’estero di professionisti e quell’attrazione economica che, almeno per ora, continua ad esercitare il lavoro a gettone. 

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