ECONOMIA DOMESTICA

Spettro recessione in Piemonte

Nel 2023 il Pil regionale è stato in linea con quello nazionale (+0,7%) ma nell'ultimo trimestre è arrivata la doccia gelata con un brusco calo in controtendenza all'Italia. Mancano 8 miliardi, pari a 12 trimestri (tre anni) di crescita standard. Il PilNow di Unioncamere

Nel 2023 il valore delle attività economiche del Piemonte ha fatto registrare una crescita dello 0,7%, come la media nazionale. Ma nel IV trimestre il segno è diventato negativo, con -0,7% (rispetto al IV trimestre 2022), in controtendenza a confronto con l’Italia (+0,5%). Sono le stime del Comitato Torino Finanza della Camera di Commercio di Torino, che, attraverso il modello del PilNow, può dare indicazioni sull’andamento dell’economia piemontese con grande tempestività. Le variazioni trimestrali del Pil italiano sono, infatti, emesse 30 giorni dopo la chiusura del periodo di riferimento. Le variazioni regionali sono solo annuali e sono diffuse un anno dopo.

Secondo quanto rilevato dai ricercatori del Comitato, il 2023 si è composto di due parti. Nel primo semestre la condizione è stata mediamente positiva, sia pure gradualmente in calo, con un progresso dell’1,3% sul I semestre del 2022. Nella seconda metà dell’anno hanno prevalso gli stimoli esterni al calo, che si è accentuato nell’ultimo trimestre. Sul PilNow hanno pesato la discesa del tasso di crescita delle esportazioni, l’indebolimento dei consumi, la debolezza degli indicatori sulla logistica e di richiesta di energia sulla rete elettrica, mentre è ancora buona la situazione occupazionale. La dinamica delle esportazioni regionali risente dei due trimestri recessivi del maggiore mercato di sbocco (la Germania). Nonostante tutto, però, i livelli di cassa integrazione sono inferiori alla media nazionale: l’indice piemontese dell’utilizzo di tutta la cassa integrazione (ordinaria, straordinaria, in deroga, operai e impiegati) vale 37, quello Italiano 87 (la base 100 è il 2009). La domanda di credito e gli investimenti sono stati condizionati dal calo di fiducia generale e dall’aumento dei tassi di interesse, mentre i consumi sono stati frenati dall’inflazione, che però adesso appare in sostanziale normalizzazione.

Comunque, con un solo trimestre negativo non si può parlare di recessione. Ne occorrono due. Con 133 miliardi a prezzi costanti (del 2015) il PilNow del Piemonte è al livello del 2019, ma nel 2007 era a quota 141. Mancano 8 miliardi, pari a 12 trimestri (tre anni) di crescita standard costante dello 0,5% per trimestre. Un obiettivo di crescita raggiungibile tenendo presente l’impatto del Pnrr sul Pil nei prossimi tre anni. “Le turbolenze internazionali continuano a essere fonte di preoccupazione per le imprese – afferma Vladimiro Rambaldi, presidente del Comitato Torino Finanza – e hanno spinto persino la Germania in recessione. In Italia e in Piemonte occorrerebbe una ripresa degli investimenti. Per quanto riguarda quelli pubblici, si tratta di vedere accelerare il Pnrr. Quelli privati sono stati penalizzati dall’aumento dei tassi e del costo dei finanziamenti bancari. Era inevitabile, fa ben sperare, però, il fatto che l’inflazione sia in ritirata. È di parziale consolazione che i dati annuali del PilNow piemontese, oltre a essere in linea con la media nazionale, siano lievemente migliori di quelli europei”. Il 2024 “rappresenterà il vero banco di prova per la nostra economia – commenta Gian Paolo Coscia, presidente Unioncamere Piemonte – quest’ultimo scorcio di 2023 non può che spingerci a rimboccarci ulteriormente le maniche con l’obiettivo di adottare una serie di provvedimenti sia istituzionali che politici che stimolino la crescita economica e lo sviluppo dei nostri territori. Solo incentivando l’innovazione, potenziando infrastrutture e connettività, semplificando la burocrazia e scommettendo sui settori di punta della nostra regione - e qui penso all’industria manifatturiera, al turismo sostenibile, all’agricoltura di alta qualità - potremo essere più forti e meno in balia dei flutti internazionali e delle crisi esogene”.

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