VERSO IL VOTO

Todde modo in Piemonte, ma Conte frena la fregola del Pd

Dopo la vittoria in Sardegna i dem pronti a rilanciare l'alleanza giallorossa anche nelle altre regioni. "Uniti si vince" è il mantra, però tra i pentastellati si predica prudenza. La tentazione di andare da soli soprattutto dove la partita è difficile. Il rischio di finire come Soru

Elly Schlein e Giuseppe Conte prendono lo stesso aereo per Cagliari, poco prima dell’ora di cena, certi  di poter festeggiare Alessandra Todde e il primo successo dell’alleanza Pd-M5s in una regione. Ma guai a leggere il volo dei due verso Cagliari come il decollo definitivo di un’alleanza in grado di cavalcare l’onda dell’entusiasmo per un insperato successo nell’isola. Tra i dem c’è chi prova ad accelerare, i contiani tirano il freno. “La Sardegna indica che la strada imboccata tra mille difficoltà nel settembre 2019 era quella giusta. Ora va percorsa con convinzione e generosità” sono le parole di Dario Franceschini, uno da sempre abituato a navigare tra i marosi della politica e a fiutare il vento e ogni suo cambio di direzione. Nelle sue parole si può leggere l’ennesimo appello al Movimento, ma anche un messaggio cifrato alla minoranza dem, da sempre scettica sul sodalizio con i pentastellati. “Il futuro è con i 5 stelle” è la sentenza non certo disinteressata della deputata cuneese Chiara Gribaudo, davanti alle telecamere di Quarta Repubblica. Lei ancora ci spera in una incoronazione ad anti-Cirio in Piemonte nonostante la resistenza (quando non aperta ostilità) di metà del suo partito e di tutto il M5s. La parola d’ordine resta “prudenza”.

Le elezioni in Sardegna dicono certamente che un’alleanza tra i due principali partiti dell’opposizione può risultare competitiva ma anche – e questo potrebbe suonare come un campanello d’allarme per i Cinquestelle – che fuori dai due poli si rischia di rimanere schiacciati. Chiedere per conferma a Renato Soru che nonostante la sua notorietà, la disponibilità finanziaria e pure una coalizione nutrita si è fermato abbondantemente prima di raggiungere la soglia della doppia cifra. È lo spettro del voto utile che, pur in una sfida all’apparenza segnata com’è il Piemonte, potrebbe penalizzare il M5s in una eventuale corsa solitaria. Così come marginali si sono rivelati Azione e Più Europa, uniti in una lista alleata di Rifondazione comunista sotto le insegne di Soru: fermi all’1,6%.

In volo sul mar Tirreno Conte e Schlein sono tornati a incontrarsi, dopo aver girato in lungo e in largo l'isola in campagna elettorale senza mai essersi incrociati. Nonostante il volo insieme, l’aria che si respira su entrambi i fronti sembra non essere del tutto cambiata, almeno nelle prime ore dopo il voto. “Senza Pd non si vince”, spiegano fonti dem, sottolineando la primazia del partito nell’isola. Dalle parti del M5s, invece, si indicano i voti confluiti anche alle altre liste per la candidata sarda senza simboli di partito e soprattutto si evidenzia “l’importanza di un candidato forte che aiuta nel trasportare il consenso”. Il M5s, che ha sempre chiesto “un rapporto alla pari” al Pd in vista delle alleanze ancora da stringere, tiene il punto: “Dove c’è stato un confronto aperto e si è partiti dalle esigenze dei cittadini, come in Sardegna – spiega chi è più vicino al presidente Conte – si è riusciti a trovare un’intesa e a raggiungere un risultato importante”. Ma “la specificità della Sardegna non si può applicare in fotocopia in Basilicata e Piemonte, ad esempio”. Conte smorza gli entusiasmi: “Non servono ammucchiate, campi larghissimi e minati”, scrive in un post su X. La linea resta quella della cautela: no a fusioni a freddo o cartelli elettorali, “si parta dai programmi e dai territori”. E sui territori, leggi Torino, i programmi divergono e non di poco. 

Il segretario del Pd piemontese Mimmo Rossi ha atteso per tutto il giorno i dati della Sardegna per poter rilanciare il campo largo anche nella sua regione e allo stesso tempo indicare nei Cinquestelle i responsabili di un’eventuale naufragio delle trattative, ma alla fine ha dovuto desistere giacché a mezzanotte il testa a testa era ancora in corso. Di prima mattina il fatidico comunicato: “Uniti si può vincere, anche in Piemonte – scrive il numero uno del Pd regionale –. Anche i piemontesi meritano di poter scegliere un progetto che metta al centro sanità pubblica, trasporti, diritto allo studio, transizione ecologica e digitale e lavoro. Noi, come ripetiamo da mesi, siamo sempre stati disponibili a costruire un’alleanza senza nomi e schemi predefiniti. L’unica condizione che ora esiste davvero è quella relativa alle tempistiche. Serve uno scatto di responsabilità e serve subito. Non c’è più un minuto da perdere: è il momento di decidere mettendo al centro l’interesse dei piemontesi che meritano e si aspettano un cambio di passo anche qui in Piemonte”. Nelle ultime ore c’è chi ha provato a tirarlo in ballo come possibile figura di mediazione qualora il Pd non riuscisse a scegliere tra Gribaudo e il vicepresidente del Consiglio regionale Daniele Valle, ma lui si sfila: “Non mi pare sia all’ordine del giorno questa ipotesi”. Anche la sua omologa pentastellata Sarah Disabato non sembra essere colta da facili entusiasmi e a chi la interroga sul futuro risponde con un’alzata di spalle: “Il Piemonte non è la Sardegna. Qui abbiamo posto dei temi precisi e non abbiamo ancora ottenuto risposte”. A questo punto solo i leader nazionali possono sbloccare una situazione incancrenita da mesi. Ma non pare ce ne sia la volontà.   

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