VERSO IL VOTO

Cordone sanitario alla giunta, Cirio vuole un "suo" assessore

Per il prossimo mandato il governatore pensa per la Sanità a una figura di alto profilo e di stretta fiducia. I nomi di peso nel comitato promotore della lista civica e tra i candidati. Dai partiti (FdI in testa) nessuno sgomita troppo per prendere il posto di Icardi

Dietro il cordone sanitario con cui Alberto Cirio va cingendo, con più di un fiocco, la sua campagna elettorale, non c’è solo la mossa tattica di trasformarlo in un cappio in cui infilare i tentativi della sinistra di cavalcare il tema. C’è, ancora di più, il chiaro proposito del governatore di governare la Sanità nei prossimi cinque anni, anche a costo di non affidarne la titolarità a uno dei partiti della coalizione.

L’evidenza di quanto ritenga cruciale, nel suo più che probabile secondo mandato alla guida del Piemonte, una pesante connotazione sul fronte della salute dell’azione politica e, nel contempo, un maggiore controllo da parte sua sulla materia, lo si evince dalla scelta di schierare una serie di figure prestigiose e di rilievo nel comitato promotore della sua lista “civica”, così come fra i candidati della stessa. Dalla primaria dell’ospedale Regina Margherita, Franca Fagioli, al segretario regionale dei medici di famiglia Roberto Venesia, dall’oncologa Paola Varese al segretario dei pediatri Giuseppe Palena, passando per ex manager come Mario Minola ed esponenti del settore privato come il presidente nazionale di Confapi Salute, Michele Colaci. Alcuni tra questi saranno anche candidati in posizioni di punta, mentre la sensazione è che nessuno di loro andrà a sedersi sulla poltrona ancora occupata per un paio di mesi dal leghista Luigi Icardi.

Nei piani di Cirio, oltre alla formazione di una squadra di esperti del settore che possa operare anche e soprattutto dai banchi di Palazzo Lascaris, c’è proprio la ricerca di una figura cui assegnare l’assessorato di maggior peso non solo nel bilancio regionale, ma anche nell’impatto con le aspettative e i bisogni dei piemontesi. Un po’ sulla falsariga del modello lombardo, con un omologo di Guido Bertolaso anche se non necessariamente dal profilo medico, giacché una delle partite più importanti da concludere, giocandone ancora una buona parte, è proprio quella dell’edilizia sanitaria. Insieme all’inderogabile obiettivo di dare al Piemonte una serie di nuovi ospedali, la prossima legislatura sarà chiamata anche a dotarsi di un nuovo piano sociosanitario, necessità elusa sia dalla precedente amministrazione di centrosinistra, sia dall’attuale anche tenuto conto della lunga fase emergenziale per il Covid che ha bloccato tutto o quasi. E poi, c’è da risolvere, si spera definitivamente, l’ormai cronico problema delle liste d’attesa.

Da qui l’intenzione del presidente, sul profilo del futuro assessore, che a dispetto di frettolose e superficiali previsioni non sta affatto provocando ostracismi o difficoltà da parte delle forze politiche della coalizione. Un atteggiamento che si spiega facilmente se sei considera che nella visione di ciascun partito, quello alla Sanità è l’assessorato di peso e potere, ma anche di grandi problemi e, soprattutto, non generatore di così grande consenso. Come ben sa chi oggi occupa quel posto, così come coloro che lo hanno occupato in passato, spesso il consenso viene messo a dura prova e, in fretta, può calare di fronte a scelte talvolta imprescindibili (si pensi solo alla decisione su dove e come costruire nuovi ospedali o rafforzare reparti) che segnano questo o quel territorio della regione, questo o quel settore di attività. Lo stesso grande potere attribuito, nella visione politica, all’assessorato lo si dovrebbe vedere esercitato all’atto delle nomine di vertice ma a dispetto di chi sia il titolare, al momento di indicare i direttori generali di Asl e Aso i partiti fanno la voce grossa per piazzare i loro uomini e, quando non ne hanno, sono veloci a far indossare la casacca a qualche apolide (o, spesso, voltagabbana).

Non si registrano in Fratelli d’Italia, così come nella Lega o in Forza Italia, posizioni pregiudizialmente ostili all’idea di affidare la guida della Sanità a un esterno. Anche le rivendicazioni che giungevano dal partito di Giorgia Meloni, forse più per ragioni tattiche che per reale convinzione, oggi hanno lasciato spazio a toni più riflessivi e accomodanti. In gioco non ci sono solo bandierine da piantare ma figure di governo da collocare. In FdI, inoltre, entrano in ballo logiche interne, equilibri tra le correnti, per cui nessuno è disposto a vedere rafforzata una componente a discapito della propria. Questo, unito al fatto che nel manuale Cencelli regionale è scritto che la forza politica cui va la Sanità, può rivendicare non molto altro di peso. Specie se i rapporti tra le forze della coalizione non saranno più marcati come è successo cinque anni fa tra FdI e Lega. Uno scenario che ovviamente Cirio non ha mancato di considerare, prevedendo che la scelta del futuro assessore sarà, pur condivisa con tutte le forze politiche, sua. E non più solo formalmente.

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