Nucleare all'Aerospazio

Il nucleare a Mirafiori, perché no? La boutade del Ministro Pichetto lascia il tempo che trova se la pensiamo sostitutiva di produzioni automotive o la guardiamo nell’arco temporale in cui bisogna risolvere i problemi di saturazione dell’impianto pena il rischio chiusura.

È bene subito sottolineare che il numero alto di uscite incentivate, una strategia che si basa sul ricambio generazionale e la ristrutturazione delle linee di assemblaggio per consentire il passaggio di più piattaforme hanno necessità di almeno due anni di tempo. D’altra parte basta ricordarsi la tempistica che portò al passaggio dalla Mirafiori del secolo scorso all’odierna. Ma torniamo al nucleare: se andiamo oltre la battuta del Ministro e guardiamo a ciò che si sta sviluppando con, non la chiamerei più start up, Newcleo, penso si possano mettere le basi affinché Torino sia la capofila di un settore che va annoverato tra le energie alternative ai fossili nel futuro.

Non ci deve spaventare la tempistica che guarda ai prossimi dieci, vent’anni perché se dobbiamo immaginare una Città Metropolitana del futuro, non possiamo pensare solo alle prossime elezioni come target della politica ma a progettare un territorio da riorientare verso tecnologie nuove, emergenti, considerando i progressi nel campo della ricerca e sperimentazione sia per quanto riguarda le tecnologie sia per quarto riguarda la gestione delle scorie.

Il problema dei problemi. Il referendum del 1987 è lontano anni luce, la nostra dipendenza dall’estero relativa alle fonti energetiche con l’aggressione della Russia all’Ucraina ha dimostrato la sua fragilità e le successive azioni del governo confermano che le soluzioni casalinghe non sono l’orientamento principale ma si continua, anche diversificando, la dipendenza estera. Credo sia necessario ampliare fortemente la capacità del Paese nel sostenere fonti energetiche nostrane anche in previsione dell’incremento di mobilità elettrica programmato dell’Unione Europea. Far dipendere un bene primario per l’industria e la vita dei cittadini come l’energia da altri Paesi significa avere una dipendenza economica e politica che impedirà all’Italia una sua indipendenza nella crescita complessiva.

Oltretutto se gli accordi di rifornimento di energia passano da Paesi instabili ad altri, altrettanto instabili, politicamente si passa dalla “padella alla braciola” sempre come diceva un vecchio sindacalista. Oggi anche nella sinistra credo sia cambiato di molto il sentimento del 1987 e occorra riprendere la riflessione anche dopo l’incidente di Fukushima e il successivo referendum del 2011. L’Italia non può restare ingessata su scelte che successivamente hanno avuto un’evoluzione tecnologica e soprattutto se queste evoluzioni, anche scientifiche, si sviluppano sul nostro territorio. Ideali e scienza devono correre insieme senza pregiudiziali perché è che i grandi cambiamenti climatici e anche tecnologici, dettati da nuovi assunti scientifici, se non vengono messi al servizio del bene comune non solo faranno mancare la crescita, ma porteranno a un aumento del divario tra i sempre più ricchi e sempre più poveri.

Ovviamente ci scontriamo con il “Paese dei NO”. Scorrendo internet solo nella prima pagina ci sono sei comitati No bio gas, poi ovviamente si è costituita la rete nazionale No bio gas, tanto per citare un esempio di economia circolare che riutilizza deiezioni animali e prodotti di scarto delle lavorazioni per creare fonti energetiche a molteplice uso. Poi ci sono anche i comitati contro le pale eoliche, che si annoverano tra le energie pulite. Il comitato per il no agli impianti di trasformazione di materiali di risulta in energia. Insomma sotto il sole del nostro bel Paese tanta è la confusione tra chi sostiene le energie alternative ma poi, appena qualcuno si avvicina al suo giardino, scatta il no. Tocca agli esperti, alle imprese, alla politica aprire un confronto tecnico e scientifico che definisca gli impatti ambientali ed energetici, i costi e i benefici del nucleare e avviare una opera di informazione e sensibilizzazione sul tema verso la cittadinanza se si reputa che ci siano le condizioni per avviare il nostro Paese, non solo a usufruire del nucleare ma diventare un Paese esportatore di tecnologia in materia.

Torino deve guardare all’oggi e il problema è Mirafiori e il settore automotive in difficoltà a cui occorre dare risposte immediate ma bisogna costruire una realtà territoriale del futuro e pensare che a fianco dello Spazio, su cui è ripartita l’avventura lunare e non solo, a quello della Difesa, che nei prossimi anni dovrà costruire l’Europa della Difesa Comune ci sia anche l’avvio della progettazione e costruzione dei piccoli reattori nucleari di ultima generazione. Questa sarebbe sicuramente una prospettiva futurista e di eccellenza per l’area metropolitana. Il Ministro, allora, ai giornalisti anziché dire nucleare a Mirafiori avrebbe dovuto dire: “Nucleare? Perché no! In corso Marche!!”.

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