VERSO IL VOTO

"Dalla Schlein manco una telefonata. E la smetta di rincorrere la sinistra"

Bresso conferma l'intenzione di non ricandidarsi alle Europee e bacchetta la segretaria dem: "Il Pd è un partito riformista non la Left". L'inciampo sul patto di stabilità ("I debiti prima o poi bisogna pagarli") e il mancato ricambio generazionale

“Mi chiami pure”. Appena atterrata all’aeroporto di Charleroi, Mercedes Bresso è in macchina verso il Parlamento europeo, inizia una delle ultime settimane di lavoro prima delle urne; “non ci sono più voli diretti da Torino” si cruccia. Manco li avessero avvertiti a Caselle della penuria di candidati piemontesi alle prossime europee: che li metti a fare i collegamenti se poi nessuno li usa? Una carestia generale nella quale il Pd è forse il partito che sta messo peggio, diventato terra di conquista di lombardi e liguri.

Onorevole, ma lei è proprio certa di non volersi ricandidare?
«Quando sono subentrata ho detto subito al gruppo dirigente locale che non avevo intenzione di ripresentarmi. Anzi, proposi di individuare in fretta un profilo adatto per costruire assieme un’alternativa».

E invece è passato un anno e siamo ancora al punto di partenza. E in due mesi non s’improvvisa una candidatura.
«Guardi, qualcuno mi ha anche chiesto di candidarmi ma io ritengo di avere già fatto tutto quello che potevo, dovevo e volevo fare. Si arriva a un punto in cui si ha l’ambizione di fare altro, di dedicarsi a… vivere per esempio».

Chi le ha chiesto di ricandidarsi?
«Di sicuro non me lo ha chiesto l’attuale segretaria. Anzi mi è spiaciuto che dal Nazareno nessuno mi abbia interpellata su cosa intendessi fare».

C’è rimasta male?
«Ogni tanto ho la sensazione che arrivati a un certo punto l’età diventi un buon motivo per stoppare le donne, mentre gli uomini possono andare tranquillamente avanti».

Al di là di qualche sbavatura formale, come giudica il lavoro di Elly Schlein?
«Non sono molto convinta della linea politica di questo partito. L’atteggiamento è sempre quello di chi si chiede in continuazione “cosa diranno i giornali?”, “quali saranno le reazioni?”».

Di cosa parla?
«Ci sono provvedimenti che si votano sulla base di una valutazione dell’argomento non di ciò che comporta la votazione. Penso per esempio alla riforma del patto di stabilità che non sarà una cosa straordinaria ma è certamente meglio di quello attuale. E ritengo sia normale sostenerlo, innanzitutto perché i debiti prima o poi bisogna pagarli e poi perché ci hanno lavorato nostri autorevoli rappresentanti come Paolo Gentiloni e Irene Tinagli».

Schlein si è schierata contro…
«Mi pare un continuo rincorrere la sinistra, ma noi non siamo la Left, siamo un partito riformista, che dovrebbe essere un’altra cosa».

È ancora agguerrita per essere alla fine del suo ultimo mandato.
“L’Europa è la mia passione, un’Europa federale sarà sempre il mio orizzonte e questo trascende dai miei incarichi passati o presenti».

Quest’anno lei concluderà il suo mandato in Europa, Sergio Chiamparino non si ricandiderà in Regione e Piero Fassino ha smentito l’intenzione di una corsa per Bruxelles. È un punto di svolta?
«Stiamo lasciando dei posti liberi, se li prendano».

Ecco, per anni si è detto che c’era una generazione che non s’arrendeva al passare degli anni. E ora che quella generazione cede il testimone nessuno lo prende?
«La situazione è difficile, oggettivamente. Però ci sono giovani che potrebbero provare a prendere i voti necessari, se non per essere eletti almeno per far vedere che ci sono».

Si era parlato di Chiara Gribaudo…
«Ma anche lei cosa può fare se la mettono al sesto o settimo posto?».

Manca un po’ di coraggio? O è sempre il solito problema della carenza di classe dirigente?
«O mancano le persone capaci e autorevoli o non si manifestano, che poi è un po’ la stessa cosa. E questo vale non solo per il Pd e non solo per la politica. Una volta avevamo i presidenti di Confindustria ora siamo marginali. Penso sia ora che il Piemonte tutto sia dia una svegliata».

Veniamo alle Regionali. Lei il centrodestra nel 2005 lo ha battuto, peraltro contro ogni pronostico. Quest’anno dove piazza l’asticella che segna un risultato onorevole per Pd e alleati?
«Io penso che queste elezioni riserveranno delle sorprese. È difficile vincere anche perché non siamo riusciti a fare una coalizione ampia: abbiamo delle rissosità che altri hanno imparato a dominare, noi no. Però io mi auguro che, malgrado tutto, Pentenero possa fare una buona campagna e mettere insieme una coalizione affiatata. Io dico che un 43-45% dimostrerebbe che il Piemonte è contendibile e che qualcuno ha sbagliato ad andare da solo».

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