Pd, non è questione di soli codici etici

Innanzitutto, una premessa. Anche se culturalmente è agli antipodi della mia formazione, quella cattolico popolare e sociale, va detto che la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein, e grazie al suo percorso politico personale, è una delle poche persone che può realmente invertire la rotta dell’attuale Pd. E questo per la semplice ragione che la sua cultura ed il suo stile sono radicalmente estranei ed esterni rispetto a tutto ciò che caratterizza larga parte del malcostume che sta emergendo da quelle parti. A cominciare, appunto, da Torino e dal Piemonte ma che è presente in molte altre realtà del nostro Paese.

Ma se si vuol cercare di ridare spazio, ruolo e credibilità alla politica da parte del principale partito della sinistra italiana – elemento che interessa tutti, e non solo alla sinistra come ovvio – non è sufficiente parlare solo di regole, regolamenti, codici etici e statuti. Perché, di norma, i codici etici e le regole riscuotono l’approvazione unanime in tutti i consessi di partito. A livello locale come a livello nazionale. Nessuno escluso. Quello che, semmai, va ripristinato è uno stile e un costume politici che prescindono anche dalle regole e dagli statuti. Che, comunque, sono pur sempre importanti. Al riguardo, è sufficiente un solo esempio, quello forse più eclatante perché è sotto i riflettori di tutti, soprattutto dopo i fatti di Bari, della Puglia e di Torino. E cioè, perché non si riesce a tagliare le unghie – per usare una metafora popolare – all’attuale sistema correntizio del Pd? Perché, malgrado i solenni pronunciamenti di tutti i segretari nazionali di quel partito, ma proprio tutti, quel sistema continua ad essere più vivo che mai a prescindere da tutte le prediche che puntualmente vengono snocciolate dopo ogni scandalo? Perché i gruppi di potere continuano a scorrazzare e, soprattutto, a dominare tutto ciò che si muove nel principale partito della sinistra italiana? Sono domande talmente banali che però, prima o poi, dovranno pur avere una risposta.

E la risposta, almeno credo, la sanno quasi tutti quelli che anche solo distrattamente seguono le vicende politiche di quel partito. E cioè, le mille correnti del Pd sono accomunate da un filo rosso: non rappresentano un pezzo di società, una cultura politica, una sensibilità sociale ma solo e soltanto una spiccata vocazione di potere e al potere attraverso metodi che sono sufficientemente noti per essere descritti ed approfonditi. E quindi, nulla a che vedere con le correnti dei partiti popolari e di massa del passato che, pur senza fare innaturali esaltazioni, erano comunque espressione di un pensiero politico e anche di una precisa e ben definita cultura politica.

Ecco perché il problema di fondo non risiede nella ennesima elaborazione di un codice etico che verrà, puntualmente e per l’ennesima volta, votato e benedetto da tutti. Perché il vero rischio, e lo dico senza alcuna polemica, è quello che si ripeta un film che ormai è diventata una prassi consolidata. E cioè, il segretario nazionale si scaglia, e giustamente, contro il sistema delle correnti e dei gruppi di potere. Applauso unanime. Segue l’intervento di ogni corrente, attraverso il relativo portavoce, che si scaglia anche lui contro le correnti organizzate. Dopodiché, a celebrazione laica conclusa, i capi correnti si ritrovano per riprendere il filo del discorso fatto di stesura di organigrammi, scelte dei candidati e designazione delle nomine. Ecco, se Elly Schlein vuole interrompere questo circolo vizioso – e grazie alla sua formazione, alla sua dirittura morale e al suo percorso politico lo può fare con indubbia capacità – non ha che da procedere. E questo non solo per il bene del suo partito ma, semmai, per la credibilità e il cambiamento della intera vita politica italiana.

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