Partecipazione all'americana
Juri Bossuto 07:00 Giovedì 16 Maggio 2024
“Torino cambia. Il Piano veloce”, con questo slogan la Giunta comunale ha dato il via ai lavori per formare il nuovo Piano Regolatore Generale di Torino: una serie di norme e mappe che disegneranno la città dei prossimi decenni. Lo strumento urbanistico, regolato dalla legge regionale “Astengo”, è fondamentale per garantire le aree destinate al verde e ai servizi dei cittadini, ma anche per disciplinare le costruzioni edilizie e non lasciare mano libera agli speculatori.
Sin dal dopoguerra la redazione del Piano Regolatore ha condizionato la tenuta delle maggioranze consiliari, e molti candidati sindaco, poi eletti, hanno legato la loro ascesa e discesa alle fortune del Piano stesso, ossia all’accoglimento o meno delle richieste provenienti dagli investitori nel mattone.
La Legge n. 56 del 1977, a firma Giovanni Astengo, è stata redatta dopo una serie di analisi sociali ed ambientali. Il suo curatore non ha dimenticato di dare tutela al diritto di vivere in città confortevoli, accoglienti (non saccheggiate dai cantieri selvaggi) in cui si tenga conto delle aree industriali, come dei parchi e dell’illuminazione pubblica: Astengo non voleva rivedere gli errori compiuti nella ricostruzione post bellica di Torino.
La politica accusa sovente Astengo di aver dato forma a normative troppo rigide, e più volte la Regione Piemonte ha apportato modifiche legislative al testo originale per addolcirne gli obblighi, eppure, malgrado gli obblighi previsti dall’estensore, il nostro territorio convive con abusi edilizi e brutture di varia specie. Facile immaginare come sarebbe oggi il suolo piemontese in assenza di regole ben definite.
L’assessore Mazzoleni, con delega all’Urbanistica e in perfetto allineamento con il sindaco, ha voluto rinnovare il Prg del capoluogo pedemontano affidandosi a un percorso partecipato tramite il coinvolgimento degli stakeholder del territorio urbano. A conferma della scelta “partecipata” si sono svolte alcune riunioni pubbliche nello scorso mese di ottobre, a cui sono stati invitati soprattutto i cittadini: un primo passaggio che avrebbe dovuto prevedere la restituzione di quanto emerso negli incontri, tramite audizioni nelle varie commissioni circoscrizionali.
Il 13 ottobre, conseguentemente, è stata convocata un’unica riunione per le commissioni delle Circoscrizioni 2, 3 e 4. Sulla carta avrebbero dovuto partecipare 75 consiglieri appartenenti a territori molto diversi tra loro, che vanno da Mirafiori Sud a San Donato passando per San Paolo, e un indefinito numero di partecipanti agli incontri di ottobre: lampante dimostrazione di scarso rispetto per l’organo circoscrizionale, e, al contempo, amara conferma di un reale manchevole interesse per la partecipazione stessa. Evidentemente il meccanismo di consenso (o di partecipazione, a secondo della lettura data) insegnato dalla Fondazione Bloomberg ha dimostrato alcune gravi lacune.
Gli organi di stampa in effetti non hanno fatto alcun mistero del coinvolgimento della fondazione “filantropica” newyorkese nella redazione del Piano, la quale, secondo le ultime dichiarazioni dell’Assessore, avrebbe esclusivamente il compito di sostenere il percorso partecipativo. L’amministrazione torinese, quindi, è atterrata negli Usa per farsi insegnare il confronto con i cittadini, materia in cui (notoriamente) le istituzioni del Nord America sono imbattibili (ne abbiamo prova quotidiana osservando il “dialogo” tra polizia e studenti nelle Università yankee). Le Fondazioni e istituzioni statunitensi sono certamente più efficaci nel propagandare il modello economico a cui aderiscono convintamente, che spazia tra un neoliberismo spinto a un turbo liberismo senza scrupolo alcuno, anziché nella divulgazione delle tecniche partecipative.
Risulta, sempre dai quotidiani, che Miss Bloomberg abbia già fatto ampie passeggiate per la nostra città, istruendo pure i tecnici comunali in merito all’adozione di una maggior flessibilità nella gestione delle pratiche edilizie, in attesa del nuovo piano: dottrine sicuramente disattese dai tecnici per evitare di andare contro normative e delibere consiliari. Una parola della Fondazione vale certo più di mille suggerimenti provenienti dai cittadini (che, detto per inciso, non è certo rappresentino sempre interessi diffusi anziché particolari), con il rischio che la partecipazione sia più immagine che concretezza.
La riunione circoscrizionale del 13 maggio scorso non sarà ricordata certo per l’esposizione al pubblico, da parte dell’assessore, della città che immagina la Giunta: una città per ricchi, sul modello degli investimenti americani avvenuti a danno dei negozi storici ospitati nella Galleria Subalpina; oppure una metropoli fruibile per chi la vive tutti i giorni (mamme, bambini, lavoratori, studenti, persone fragili). Forse anche per questa scelta dovremo attendere gli esiti del sondaggio elaborato con i cittadini, ovvero, cosa più probabile, il Verbo della Fondazione Bloomberg.
Ai posteri l’ardua sentenza.