VERSO IL VOTO

Vannacci sulle ali di Passerotto

Al fianco del militare che ha conquistato Salvini, la storica esperta di comunicazione della Lega. Ombra del guardasigilli Castelli, passò poi a consigliare Roberto Cota da capogruppo e poi da governatore. Le toccherà addestrare il parà evitandogli trappole e terreni minati

Passerotto? Ma almeno un’aquila, meglio ancora un nibbio cui non a caso avevano intitolato una delle più rischiose missioni della Folgore in Afghanistan. Ora, ve la immaginate la faccia di Roberto Vannacci, quando gli attendenti leghisti gli hanno detto. “Generale, per lei avremmo pensato a passerotto…”? Per un istante il massiccio Vannacci deve aver barcollato, come neppure allo scoppio di una mina a pochi metri dai piedi. Dopo che Giorgia Meloni è diventata anche “detta Giorgia”, lui ci aveva fatto più di un pensiero a far scrivere sulle liste per le europee, Roberto Vannacci “detto il Generale”. Niente a fare. E vabbè, un conto e rispettare l’altolà, ma virare dall’aquila ad ali spiegate del fregio sul berretto addirittura al passerotto come soprannome ad uso elettorale, è roba da far vacillare pure il teorizzatore del mondo al contrario.

Chiarito l’equivoco di una storia forse anch’essa un po’ al contrario come il libro che ha reso famoso Vannacci trovandogli un posto nel cuore di Matteo Salvini e uno da candidato in ogni circoscrizione, resta la certezza: anche lo stratega self made della comunicazione si affida a un esperto del ramo, anzi un’esperta qual è Tiziana Passerotto. Nome noto nella Lega ben prima che la Bestia di Salvini sterzasse pure lei come il Capo verso pericolosi precipizi. Professionista di lunga esperienza e riconosciute capacità, segue quasi fin dagli inizi il Carroccio che in fatto di dichiarazioni ed esternazioni è un cliente non poi così facile. Con l’allora ministro della Giustizia Roberto Castelli, seguito da via Arenula anche in Regione Lombardia, la maggiore notorietà come la sua proverbiale onnipresenza Passerotto la conquista al fianco (ma anche dietro e davanti) a Roberto Cota quando il giovane avvocato piemontese arriva alla presidenza del gruppo leghista a Montecitorio. Pure lui come Castelli, si porta sulla spalla Passerotto anche quando vince “a sua insaputa” le regionali del 2010 e diventa governatore del Piemonte. “Parla con Passerotto” è la frase che all’epoca poteva aprire a notizie o chiudere porte e finestre, come quando temi che scappi il canarino. È stata in passato pure consulente della giunta pentastellata di Virginia Raggi la spin doctor appena arruolata dal Generale, un tipo non certo semplice da gestire nelle sue sortite e da addestrare su come evitare le trappole della stampa o i terreni minati del politically correct. Uno che sembra uscito dai Quattro dell’oca selvaggia e si ritrova a fianco Passerotto.

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