GIUSTIZIA

Inchiesta Toti, oggi parla Signorini.
Orme in Iren della "volpe del porto"

Interrogatorio dell'ex presidente dell'Autorità Portuale, unico indagato in carcere. È accusato di corruzione. Lasciò Palazzo San Giorgio arrivando nella multiutility, imposto da Bucci e preceduto da sussurri non proprio rassicuranti. Al vaglio le sue mosse

Vizi privati e pubbliche virtù. Non di rado capita che quando sia in ballo una poltrona importante prendano a circolare veline e veleni, ma quando accadde per quella di amministratore delegato di Iren e il nome che prese a circolare – anticipato già a febbraio del 2023 proprio dallo Spiffero – fu quello di Paolo Emilio Signorini, i primi risultavano sovrabbondanti rispetto alle seconde. 

Oggi l’ex presidente dell’Autorità Portuale del Mar Ligure Occidentale, che nell’agosto dello scorso anno mollò in anticipo gli ormeggi per passare al colosso dell’energia, sarà interrogato dai pubblici ministeri che proprio nell’intreccio tra una vita al di sopra delle righe e delle possibilità. Pure per un manager assai ben remunerato, e la sua attività al vertice del porto hanno costruito, con sovrabbondanza di intercettazioni, l’impianto accusatorio e il fulcro dell’inchiesta che scuote la Liguria e la politica nazionale, avendo portato agli arresti domiciliari il governatore Giovanni Toti e una sfilza di altri indagati.

Superfluo dire che c’è attesa per cosa dirà o non dirà Signorini, l’unico tra gli indagati a essere stato rinchiuso in carcere. Non altrettanto ricordare premesse e ragioni di quella sua uscita anticipata da Palazzo San Giorgio dov’era arrivato con la nomina ministeriale di Graziano Delrio, riconfermata da un altro ministro del PdPaola Demicheli e dopo essere stato per un breve periodo segretario generale della Regione chiamato da Toti, forte anche di un curriculum fatto di ruoli a Palazzo Chigi, esordi in Bankitalia, ottime relazioni con i cattodem e presenze ripetute ai meeting di Comunione e Liberazione.

Una “personalità del tutto incurante dell'interesse pubblico e dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica funzione svolta, messa a disposizione e servizio di interessi di privati al fine di ottenere in cambio utilità personali”, questo è Signorini per la gip Paola Faggioni che, accogliendo la richiesta dell’accusa, ha disposto la reclusione a Marassi per “l’elevato pericolo attuale e concreto di inquinamento probatorio”, tenuto conto dell’”allarmante sistematicità del meccanismo corruttivo posto in essere in un ampio arco temporale”.

Concessioni di aree portuali e puntate al casinò, incarichi ad amici e serate ostriche e champagne con escort e amanti, è l’intreccio di quei vizi privati con le dubbie pubbliche virtù (ma indubbie pubbliche potestà) che avvolge questa figura nei tratti, perfino un po’ preteschi. Lontana dall’immaginario dello spregiudicato maneggione che arrivò in Iren preceduto da una fama non propriamente lusinghiera. Al posto di Gian Vittorio Armani lo volle, imponendolo, Marco Bucci il sindaco di Genova cui spetta, in base al patto di sindacato con i colleghi di Torino e Reggio Emilia, indicare l’amministratore delegato della multiutility.

E proprio alcuni suoi atti da ad di Iren, in particolare l’ingaggio  come consulente di Mauro Vianello, “la volpe del porto”, saranno oggetto dell’interrogatorio odierno. Il sospetto dell’accusa è che l’incarico da 200mila euro affidato a Vianello sia la contropartita per i favori ricevuti dal potente presidente dell’Ente bacini e da sempre molto vicino se non organico alla sinistra genovese sul fronte del porto. È lui che avrebbe pagato parte del catering per il matrimonio della figlia di Signorini ed è lui che arriva in Iren con una decisione dell’amministratore delegato. Una consulenza che avrebbe generato più di un imbarazzo ai vertici del colosso energetico, tanto più che Signorini nei suoi piani iniziali avrebbe voluto affidare a Vianello un ruolo più rilevante, pare di controller, rispetto a quello dei rapporti col territorio che già apriva a diversi scenari.

Il presidente dell’Ente bacini, il cui contratto verrà sospeso non appena saputo dell’inchiesta che lo vede indagato, in quella posizione si sarebbe trovato ad occuparsi di partite importanti, come il termovalorizzatore di Scarpino, ma anche il biodigestore di Saliceti nello Spezzino, i depuratori di Chiavari e Sestri Levante. Proprio su Scarpino il Comune di Genova punta, ben prima dell’approdo di Signorini ad Iren, per il ciclo dei rifiuti in Liguria e l’ipotesi era quella di un inceneritore o un tmb. Passaggi in cui spunta la società Cosme, nome che emergerà anche (senza risvolti penali) nel mare di intercettazioni che sorreggono l’inchiesta. Il progetto fu una delle ragioni che portarono l’ad Massimiliano Bianco a uscire da Iren, nei fatti messo alla porta da Bucci. Con il suo successore, Armani, la questione si ripropone e anche lui fa resistenza, confortato da ragioni tecniche sulla fattibilità e da valutazioni economiche (un “bagno di sangue”), ma quando al suo posto arriva l’uomo voluto da Bucci la partita sembra riprendere.

Arriva con il potente viatico del sindaco della Superba e non a caso proprio nella sua Genova Signorini si premura di far ristrutturare il suo ufficio nella sede Iren. A Torino lo si vedrà un paio di volte non di più. Mesi di attività al vertice del colosso energetico che ora vengono passati al setaccio dagli inquirenti genovesi, partendo proprio da quei legami col mondo delle banchine che l’ormai ex presidente dell’Autorità Portuale non avrebbe mai interrotto.

Venerdì scorso è stato ascoltato come persona informata sui fatti il presidente di Iren Luca Dal Fabbro, in particolare come figura di garanzia dell’azienda. Il colloquio sarebbe servito ad approfondire l’operato di Signorini nei mesi in cui è stato amministratore delegato dell’azienda che ora ha incaricato una società esterna di auditing e che si appresta a raccogliere tutti gli elementi per procedere alla risoluzione del rapporto con l’ex ad da 400mila euro l’anno maggiorati del 35%, anche come dirigente. La partita per trovare un nuovo amministratore delegato è ancora tutta da incominciare, ma già da Torino come da Reggio Emilia si guarda a Genova e ai criteri che dovranno garantire una scelta la più sicura e scevra dalla minima ombra. Senza dover mettere in dubbio le pubbliche virtù, men che meno vederle sopraffatte da vizi privati.