Europee, occasione persa?

Le elezioni europee, soprattutto queste elezioni europee, rivestono una importanza straordinaria non solo per la composizione del futuro Parlamento di Bruxelles ma anche per la “mission” concreta che dovrà caratterizzare sempre di più l’Europa nello scacchiere internazionale. E questo perché sono tante e molteplici le sfide che interpellano il ruolo strategico che avrà il vecchio continente nel determinare il corso degli eventi politici a livello mondiale.

Purtroppo, salve rarissime eccezioni, il dibattito e il confronto politico sono stati caratterizzati in queste ultime settimane nel nostro paese come se si trattasse di una semplice competizione interna. Cioè una competizione politica nazionale. Del resto, tutti gli organi di informazione sono concentrati sulle percentuali che avranno ciascun partito. E quindi, se la Schlein tiene il Pd sul 20% per poter ancora conservare la segreteria nazionale del partito; se Forza Italia supera - o meno - la Lega nella gara interna alla coalizione; se i perenni duellanti Renzi e Calenda saranno sopra o sotto il fatidico quorum del 4% e se, infine Giorgia Meloni riuscirà a sfiorare l’asticella del 30%.

Temi indubbiamente importanti per il quadro politico italiano ma che, altrettanto certamente, non riescono a scuotere l’interesse per il voto europeo e, soprattutto, non intaccano il rischio di un progressivo e pericoloso astensionismo elettorale. Perché il vero vulnus per la nostra democrazia non è la denuncia del ritorno del fascismo, della svolta illiberale o della torsione autoritaria goliardicamente denunciati dalla sinistra ex e post comunista, dai populisti grillini e dal circo mediatico che li appoggia quotidianamente nei soliti talk o nei commenti delle ormai note testate giornalistiche. Il rischio vero è la caduta della partecipazione popolare e, di conseguenza, l’allontanamento dalla vita delle istituzioni democratiche.

In questo quadro la sostanziale assenza dal dibattito pubblico dell’approfondimento di temi e argomenti legati al futuro e, soprattutto, al ruolo dell’Europa nel nuovo e futuro contesto internazionale, evidenzia da un lato il provincialismo del nostro confronto politico e, dall’altro, il sostanziale disinteresse di ciò che anima e caratterizza il disegno europeista. E l’unico aspetto che desta interesse, al riguardo, sono gli organigrammi sulle future Presidenze dei vari organismi europei e le maggioranze che verranno formate a partire dal giorno dopo il voto per il rinnovo del Parlamento.

Ecco perché, e ancora una volta, non siamo riusciti - politici, media, candidati, società civile e ciò che resta dei partiti - a trasformare la competizione europea in un autentico momento di conoscenza e di approfondimento sul futuro e sul ruolo dell’Europa. C’è da augurarsi, nel frattempo, che i futuri eletti italiani siano in grado di incidere e di condizionare le scelte del Parlamento Europeo. E questo non solo per qualificare l’apporto del nostro paese al futuro dell’Europa ma anche, e soprattutto, per conservare e rilanciare la storica vocazione dell’Europa nel nuovo quadro geopolitico mondiale.

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