FINANZA & POTERI

Fondazione Crt, Poggi mette nel mirino il cda: "Ragioni di (in)opportunità sulle nomine"

La neo presidente è convinta di passare indenne anche da un eventuale commissariamento. Proverà a indurre i "congiurati" a dimettersi dalle cariche che si sono assegnati nella "notte della spartingaia". E offrire il loro scalpo a ministero e procure

“La mia nomina fortificherà le relazioni con il Mef”. Di fronte ai giornalisti, attorniata da una buona parte dei consiglieri d’indirizzo, Anna Maria Poggi lancia ramoscelli d’ulivo al dicastero di Giancarlo Giorgetti, ben sapendo che sulla Fondazione Crt pende ancora la spada di Damocle del commissariamento. Da via XX Settembre, a Roma, avevano suggerito di chiedere un’altra proroga nell’attesa che gli ispettori terminassero il proprio lavoro e si chiarissero le accuse di ben due Procure nei confronti dei consiglieri indagati, in via XX Settembre, a Torino, oggi è stata eletta la giurista presidente. Uno schiaffo? “Questo passaggio non è in contrapposizione al Mef”, piuttosto un modo per “dire fortifichiamo le relazioni con il Mef attraverso una presidenza voluta dal Consiglio di indirizzo. Da lunedì sono a completa e totale disposizione degli ispettori” dice Poggi in una conferenza stampa volante convocata subito dopo il voto, alla quale era assente il reggente Maurizio Irrera, accusato nelle scorse ore di aver omesso di condividere con il Consiglio di indirizzo l’ultimo carteggio con il Mef, nel quale secondo alcuni si sarebbe dato un sostanziale via libera alla votazione di oggi (in realtà non era che la riaffermazione delle prerogative in capo agli organi statutari, nulla di più o di meno).

Chi ha sentito in queste ore Giorgetti lo descrive indispettito per quella che da Palazzo Sella viene vissuta come una forzatura, per contro Poggi non poteva restare altri giorni, settimane o forse mesi a bagnomaria, con il rischio che alla fine il suo nome evaporasse sotto la calura estiva. Non solo: “Mi farò carico di iniziare da subito un’interlocuzione con le istituzioni locali, il sindaco di Torino, il presidente della Regione e gli altri enti designanti per chiedere loro di accompagnarci in questa fase di transizione”. Segnali, che indicano la voglia di Poggi di farsi interlocutrice, ottenere la fiducia di tutti, anche a costo di qualche sacrificio. A questo proposito impossibile che non si cada sulle nomine, quelle effettuate dal consiglio di amministrazione alla vigilia delle dimissioni di Fabrizio Palenzona, subito dopo il defenestramento del segretario generale Andrea Varese.

Poggi non può certo revocare designazioni che ormai sono state ratificate (Davide Canavesio è presidente e ad delle Ogr e ha ottenuto un posto da consigliere in Equiter, presidente e vicepresidente di Ream sono, invece, Antonello Monti e Caterina Bima, la notaia è pure numero due di Ogr, Anna Maria Di Mascio presidente della Ulaop), ma forse può esercitare la moral suasion affinché si dimettano. Sulla questione la neo presidente è chiara: “Secondo lo Statuto della Fondazione non c’è conflitto d’interesse in quelle designazioni”, ma allo stesso tempo c’è “un piano della opportunità” che non sfugge a Poggi che forse quella spada di Damocle vorrebbe sfruttarla per consegnare al Mef lo scalpo di quei componenti del cda che non solo sarebbero tra gli ispiratori del cosiddetto patto occulto al centro delle indagini, ma anche i protagonisti di una spartizione giudicata da molti fin troppo spregiudicata.

Ed è da queste parole che traspare il vero obiettivo della giurista che con statuti e norme va a nozze e sull’ipotesi di un commissariamento specifica che “ci possono essere più figure commissariali” e questo “dipende dal tipo di eventuali violazioni che gli ispettori dovessero riscontrare”. Di più, Poggi spiega anche che “le gradazioni del commissariamento potrebbero essere diverse”. Un messaggio ai naviganti per dire che il Governo potrebbe anche decidere di commissariare solo il consiglio di amministrazione, mentre il consiglio d’indirizzo “non può essere sciolto, al massimo sospeso”. I componenti del cda, a questo punto, potrebbero acconsentire a dare quel “segnale” necessario a distendere i rapporti col Mef e scongiurare il commissario, e in quel caso sarebbe stata lei a farli giungere a miti consigli, oppure tenere duro sulle loro posizioni e allora sarebbe sempre lei a suggerire al Mef di sbarazzarsene. Basterà ad Anna Poggi per salvare la ghirba?

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