SCENARI

Cambia l'azionista di maggioranza ma ora Cirio ha un suo tesoretto

La Lega surclassata da Forza Italia è ora fanalino di coda. FdI fa un buon risultato però non ci sarà un monocolore meloniano. L'exploit della lista civica del presidente, che sposta l'asse verso il centro. Le conseguenze sulla futura giunta

Nulla è, né sarà, come prima. Il voto che ha riconsegnato la guida del Piemonte nelle mani di Alberto Cirio stravolge e ridisegna la geografia politica del centrodestra con una morfologia per molti versi imprevista dove vette inaspettate si contrappongono a inusitate depressioni.

Sembra trascorsa un’era geologica anziché appena un lustro dall’exploit della Lega che uscì dalle elezioni del 2019 con una messe di voti che superava il 37 per cento. Oggi quel che resta del partito di allora esce dal voto come un pugile suonato dal ring, piegato da un colpo sotto la cintura arrivato a tradimento con quell’oltre un punto in meno rispetto alle europee. Come spiegare, perché bisognerà pure trovarla una motivazione, il 10,30% ottenuto per l’Europa e il poco più che 9,30% racimolato per la Regione, quando ogni previsione logica avrebbe detto il contrario? Ci aveva visto giusto, pur cercando di convincersi del contrario, più di un dirigente leghista sempre più allarmato davanti a piazze e gazebo sempre meno affollati in questi mesi di campagna elettorale. Ed erano non meno azzeccate le preoccupazioni crescenti per quegli appiattimenti sempre più evidenti sulla linea e la figura del governatore da parte di molti leghisti nella sua squadra di governo, a partire da quelli per ruolo a lui più vicini. Poco consola il 13% che arriva da Alessandria, la provincia del segretario regionale nonché capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, di poco superiore a quanto incassato a Asti dove il partito di Matteo Salvini subisce un distacco di oltre sei punti da parte di Forza Italia, accentuazione del sorpasso in ambito regionale fermatosi attorno a un punto, ma assai più pesante a Torino dove gli azzurri si assestano oltre il 9 lasciando il carroccio fermo a prima del 7. 

No, nulla è come prima, né lo sarà a breve quando si tratterà di mettere su un piatto della bilancia i voti e sull’altro i posti in giunta e tutte le altre cariche istituzionali e di sottogoverno. Accortamente il rieletto governatore previene anche la più piccola scintilla e mettendo mano all’estintore, nelle sue prime dichiarazioni di premura di sottolineare che “noi siamo una coalizione politica, non aritmetica”. Lo dice guardando alla nuora, in questo caso “il presunto campo largo del centrosinistra”, ma perché le suocere che stanno con lui intendano e non si agitino troppo, perché “nelle alleanze politiche la coalizione trova sempre il punto di equilibrio come lo dimostra quello che facciamo a Roma e che faremo in Piemonte”.

Certo la prevalenza della politica sui numeri è un gran bella intenzione, ma che deve trovare gambe solide su cui camminare e, in questo caso, proprio le cifre uscite dai seggi saranno di aiuto a Cirio che, come abbiamo scritto ancora poche ore prima del voto, avrà assai più agibilità e libertà di manovra anche rispetto alla precedente legislatura. Perché se è vero che Fratelli d’Italia è subentrato alla Lega nel ruolo di principale azionista della coalizione è altrettanto evidente che il 25% non è il 37 della Lega di cinque anni fa e tiene a debita distanza lo scenario di un (quasi) monocolore meloniano con cui avrebbe dovuto fare i conti il governatore, nonché vicesegretario nazionale di Forza Italia. Con la licenza linguistica dovuta al mancato ingresso a Palazzo Lascaris di Noi Moderati, il collaudato schema del pentapartito consentirà a Cirio una navigazione assai più tranquilla e libera da pesanti condizionamenti. 

E come non dar conto, in questo scenario dell’immediato futuro, dell’importanza cruciale della lista civica e, soprattutto del suo eclatante risultato? C’è proprio la formazione “Cirio Presidente-Piemonte moderato e liberale” al secondo posto dopo FdI. Superando il 12 per cento sposta, insieme a Forza Italia, l’asse verso il centro rispetto all’egemonia (anche se mai del tutto esercitata) leghista del quinquennio precedente o quella potenzialmente fraterna per quello che si apre oggi. La formazione che ha candidato amministratori locali, professionisti spesso senza appartenenze di partito, è stata forse la sorpresa maggiore uscita dai seggi. A Cuneo, nelle terre del presidente langhetto, addirittura ha superato lo stesso partito della Meloni, è andata molto bene a Torino come ad Alessandria e a Biella è risultata provvidenziale per tamponare la falla prodotta dall’esclusione dalle elezioni della lista di Forza Italia, raccogliendone i voti.

Non sarà, per usare le parole di Cirio, una maggioranza aritmetica, ma nella giunta per la cui composizione fin dai prossimi giorni si incomincerà a ragionare e trattare, quei numeri compresi quelli della stessa lista civica si vedranno. Gli undici posti dell’esecutivo bilanciati dalle deleghe più o meno considerate di peso nel manuale non scritto delle coalizioni, saranno l’ulteriore attestazione della mutata geografia del centrodestra in Piemonte, riscritta dal voto.

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