UNIVERSITÀ & POLITICA

Le imprese bussano al Politecnico e il rettore cerca spazio

Corgnati non riesce a rispondere alle richieste di aziende che chiedono di insediarsi a Torino. Servono procedure urbanistiche più semplificate. E nel fare un bilancio dei suoi primi 100 giorni preferisce glissare sulle proteste Pro Pal: "L'attività non si è interrotta"

In pochi minuti il rettore Stefano Corgnati ribalta la narrazione declinista su Torino. Dal suo punto di osservazione, la città le aziende le manda via: “Mi spiace che ci vedano con grande interesse, poi scoprono tempi di realizzazione troppo lunghi e quindi questo fidanzamento non si fa mai”. Ovvero: le aziende vorrebbero venire per investire in ricerca e fare partnership col Politecnico, ma non ci sono spazi adatti: “È pieno di aree vuote, è pieno di aree libere. Ma oggi non basta, mi servono aree vuote ma pronte a essere utilizzate”, si sfoga Corgnati, “già solo quelle che ospito qua, come Stmicroelectronics, per cui vorrei avere grandi spazi… Al momento sono confinate in poche centinaia di metri quadri”.

Sulle proteste degli studenti glissa: “Le hanno avute tutti”. A 100 giorni dall'insediamento il rettore pensa al futuro del suo Politecnico che di edilizia ne avrà tanta tra la nuova manica della didattica che ha anticipato all’insediamento insieme ai progetti per il Valentino. Ma non gli bastano i nuovi edifici e la crescita degli studenti del “Poli” attirati anche dal tasso di assunzioni pari al 90% entro un anno dalla fine della magistrale: “Tra 6 anni avremo il 22% in meno di potenziali studenti per via del declino demografico”. E se il suo predecessore Guido Saracco puntava a prenderli dall’Argentina, Corgnati vuole offrire qualcosa “che gli altri non hanno. Fa l’esempio del lavoro sull’idrogeno portato avanti dall’Envipark “una tradizione di ricerca e tecnologia applicata assoluta”. Ma anche l’Envipark è saturo, riflette. Mentre mentre “la ricerca moderna su fa in spazi non compressi”

Cosa può fare il Comune di Torino per il Politecnico? Corgnati la butta lì, servirebbe “un allegato edilizio urbanistico ad hoc per le strutture dell’innovazione”, suggerisce al sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che renderebbe la città un modello per il sistema Paese, assicura. Se ci riusciamo, “abbiamo raggiunto un grande risultato e dato un grande segnale al sistema Paese”. Corgnati col sindaco non pensa a una singola area, è una questione di metodo, non di merito, “e il sindaco mi ha dato piena disponibilità”. Strano sentire nominare Lo Russo senza il governatore Alberto Cirio, per una volta è successo.

Ma non basterà la buona volontà del primo cittadino. Il dg del Politecnico Vincenzo Tedesco a margine si sfoga sulle lungaggini della conferenza dei servizi, che è obbligatoria “sia se devi fare un’infrastruttura, sia se devi fare una casa. E sa quanto ci vuole? Il sindaco può farsi promotore di un metodo diverso di lavoro”, ma la richiesta è nazionale, dice lui, che chiede modifiche al Governo. E tira fuori un caposaldo della deregulation: “Il Ponte di Genova come l’hanno costruito? Alzando il telefono e chiamando le ditte, se andavi in procedura ordinaria il ponte non c’era ancora”.

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