SANITÀ

"No Fasc" contro la sanità digitale. Regioni nel mirino del Garante

Dopo i No Vax e I No Green Pass ecco gli oppositori della svolta elettronica. Ma i problemi (seri) sono altri: su gestione e trattamento dei dati ognuno va per proprio conto. Riunione col Governo il 2 luglio. In Piemonte il sistema ha punte di funzionalità e sacche di ritardi

No fasc. L’abbreviazione potrebbe indurre all’equivoco. Invece no, stavolta non c’entrano le braccia tese. Semmai si ritrovano quelle negate alla siringa del vaccino e agitate in piazza contro l’odiato green pass. Perché c’è un filo molto solido a legare le battaglie contro le vaccinazioni nell’emergenza Covid e le non meno aspre contestazioni rispetto al connesso lasciapassare, all’ultima crociata, quella contro il fascicolo sanitario elettronico. Perfino i pasdaran della politica di allora, dal leghista Claudio Borghi all’ex parlamentare grillina Bianca Laura Granato, rispuntano oggi e come allora vellicano neppur troppo nascostamente le “ragioni” di chi si oppone a che i suoi dati clinici passino dalla carta a quel temuto grande fratello pronto, nello scenario complottista, a cedere quei dati alla famelica e onnipresente Big Pharma. Ora come allora, il rifiuto organizzato corre e si alimenta suo social. Non sono molti, va detto, quelli che fino a pochi giorni fa, in tutto il Paese, hanno negato il consenso al passaggio dei loro dati sanitari raccolti dal 2012 al 2020. 

Circa in novantamila hanno usufruito della possibilità data dalla legge, ma il numero potrebbe salire proprio in questi ultimi giorni con la campagna social accentuata in vista del termine ultimo, fissato al 30 giugno, per negare il consenso. In caso contrario i dati cartacei diventeranno digitali e il fascicolo sanitario, sistema previsto da anni, probabilmente diventerò qualcosa di diverso rispetto a quello che è oggi nell’immancabile guazzabuglio normativo e un’attuazione la più lontana possibile dall’auspicata e necessaria omogeneità.

Già, perché oltre all’aspetto legato a chi teme di essere “schedato” e di vedere i propri dati in server potenzialmente alla mercè degli hacker, c’è quello non meno rilevante e più complesso che riguarda proprio il funzionamento e l’applicazione del sistema in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e, ovviamente all’interno di ciascuna regione.

La situazione, a oggi, è ben diversa. Semmai fosse necessaria, la conferma arriva dal Garante della Privacy che, appena l’atro giorno, ha notificato a ben 18 Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano, l’avvio di procedimenti correttivi e sanzionatori per le numerose violazioni riscontrate nell’attuazione della nuova disciplina del Fascicolo sanitario elettronico. Tra i rilievi mossi dal Garante, non pochi riguardano le difformità riscontrate “tali da rendere evidente come alcuni diritti e misure di sicurezza, non sono garantite in modo uniforme in tutto il Paese, oppure sono esercitabili ed esigibili solo dagli assistiti di talune Regioni e Province autonome, con un potenziale e significativo effetto discriminatorio sugli assistiti”.

Un quadro che se da un lato non può che alimentare il fronte dei no fasc, dall’altro evidenzia ancora una volta come a dispetto della reclamata o temuta autonomia regionale, già oggi ciascun ente territoriale vada per conto suo, anche se materie che richiedono il rispetto di criteri ben definiti. Per questo il prossimo 2 luglio è in agenda un incontro tra le Regioni, con i loro vertici sanitari e il Governo, ma anche lo stesso Garante. 

Storia, ormai, vecchia, quello del fascicolo sanitario elettronico. Di fatto adottato da anni un po’ da tutte le Regioni, ma in realtà mai tradotto in un’attuazione diffusa ed efficiente com’era nei propositi. Complessità dei sistemi, una certa ritrosia e difficoltà da parte dei cittadini a aderire, mai risolti ostacoli di comunicazione tra le varie figure chiamate a utilizzarlo, dai medici di famiglia agli specialisti fino alle aziende sanitarie che spesso utilizzano ancora strumenti informatici che faticano a dialogare tra loro. 

Una situazione che la si ritrova anche in Piemonte dove per alcune tipologie di prestazioni, come l’anatomia patologica ed esami laboratorio, l’utilizzo del fascicolo è già attorno al cento per cento, mentre in altri settori come le visite specialistiche, i referti di Pronto Soccorso, le dimissioni e non poco altro ancora la percentuale si dimezza. Le differenze, inoltre, sono anche tra i vari territori all’interno dei confini regionali e tra un’azienda sanitarie e l’altra. C’è chi ha ingranato la quarta e chi sembra continuare a pigiare sul freno. Quest’ultimo caso riguarderebbe anche grandi aziende ospedaliere e il dato non è affatto confortante. Nonostante l’attuazione del Fascicolo sanitario elettronico sia tra gli obiettivi affidati ai direttori generali di Aziende sanitarie e ospedaliere e quindi pesi sulla loro valutazione, il rischio di vedere ancora lontana l’applicazione diffusa di questo sistema in grado di aumentare la sicurezza dei pazienti è forte. E i garbugli burocratici insieme a più di un ritardo sul campo pesano e preoccupano assai più dei pur rumorosi no fasc.

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