TRAVAGLI DEMOCRATICI

Portano voti ma contano meno, in Piemonte riformisti all'angolo

Una componente orfana di leader e senza bussola. Bonaccini è diventato più schleiniano di Schlein, mentre sui territori spadroneggiano gli ascari e le amazzoni della segretaria. Laus sottocoperta. E Lo Russo ha abdicato a un ruolo politico

Non sono soli ma si sentono abbandonati. Elettoralmente forti ma sempre più ai margini. Alla costante ricerca di un leader che non c’è. In Piemonte l’area riformista del Pd si lecca ancora le ferite dopo le regionali: puntavano ad avere il candidato presidente per sfidare Alberto CirioDaniele Valle è rimasto a bagnomaria sei mesi prima di essere escluso dal Nazareno – e alla fine si sono dovuti accontentare del ruolo di comprimari. Restano arroccati nel fortino di Torino, ma si diradano man mano oltre la cinta daziaria per quasi scomparire fuori dall’area metropolitana. E conta poco il fatto che “con gli altri perderemo sempre”, basti pensare a tutti i comuni capoluogo di provincia, con lo smacco di Verbania dove il Pd governava, e allo stesso capitombolo delle regionali con Gianna Pentenero.

Stefano Lo Russo è certamente il più alto in grado per ruolo istituzionale ma ha sempre rifuggito una qualunque leadership politica. All’indomani della sua elezione a Palazzo Civico, Piero Fassino raccolse amministratori e dirigenti politici dal Vco a Novi Ligure, da Novara a Cuneo: battezzò il nuovo contenitore Futuro democratico, anche se a giudicare dal grigio sui capelli di tanti reduci era un passato democratico (ma anche comunista, socialista, democristiano). In fretta diventò l’articolazione regionale di AreaDem, la corrente fondata assieme a Dario Franceschini, all’epoca della sfida contro Bersani. Lo Russo, al contrario, ha interpretato sin dall’inizio il suo ruolo con l’abito dell’amministratore. Ha utilizzato le nomine di sottogoverno più come segno di gratitudine per chi l’aveva sostenuto che come vere operazioni politiche; la sua capacità di incidere sul livello locale e nazionale finora è stata impercettibile.

La persona a lui più vicina resta Valle, giunto al terzo giro di giostra a Palazzo Lascaris, alla testa di un raggruppamento nato sull’onda della sfida generazionale (era a capo dei Giovani democratici di Torino) e che ora può contare su una fitta rete di sindaci e amministratori, da Grugliasco a Collegno, da Chieri a Rivoli, fino ad Alpignano solo per citarne alcuni. Con lui in Consiglio regionale c’è Laura Pompeo, entrata per il rotto della cuffia grazie al riconteggio dei voti del Tribunale di Torino, legata a doppio filo con l’onorevole Mauro Laus, alla guida di una oliata macchina organizzativa ed elettorale, ma un po’ acquattato dopo le vicissitudini della cooperativa Rear e appeso a una inchiesta giudiziaria dai contorni oscuri e dagli esiti imperscrutabili

Se tra Valle e Laus tiene l’alleanza sancita nel 2019, quando l’allora senatore decise di appoggiare il giovane consigliere regionale uscente, sacrificando una candidatura direttamente riconducibile a lui, altre due componenti alleate sono quella catto-dem di Stefano Lepri (appena nominato da Lo Russo a capo di Soris) e Monica Canalis, consigliera regionale rieletta con oltre 10mila preferenze, e quel che resta dei garigliani, componente eponima di Davide Gariglio, un tempo potente segretario regionale del Piemonte, fedelissimo di Matteo Renzi, oggi responsabile nazionale per il settore dei trasporti su delega della  segretaria.

Ma d’altronde tutti quelli citati fin qui erano renziani della prima ora, legame diventato lettera scarlatta che nessuno riesce a scrollarsi di dosso. Qualcuno in tempi non troppo remoti ha anche ammesso che “se solo quei due non avessero fatto i matti eravamo già con le valigie in mano” e quei due, neanche a dirlo, sono Renzi e Calenda, vittime di loro stessi prima che delle urne. E così gli ex renziani, o riformisti che dir si voglia, se ne stanno in un cantuccio in attesa che passi la nottata.

Le vicissitudini giudiziarie legate al fassiniano (prima ancora lettiano) Salvatore Gallo non hanno aiutato questa composita area che anzi si è ritrovata a subire un processo politico culminato con la richiesta di un congresso anticipato del partito regionale. Faticano a dirsi bonacciniani, giacché per tutti l’ex governatore dell’Emilia-Romagna ha di fatto rinunciato a rappresentare quella maggioranza di iscritti che lo aveva votato al congresso, mantenendo un atteggiamento “collaborazionista” più che “collaborativo” con Elly Schlein. È arrivato addirittura all’abiura sull’autonomia differenziata per allinearsi alla posizione del Nazareno di fiera opposizione referendaria nei confronti della riforma del governo Meloni. E pure in Piemonte Valle e i suoi hanno atteso a lungo un suo intervento per evitare di essere malmenati dagli scherani della segretaria multigender, ma da Bologna mai un segnale.

Tempo passato e in fondo vallo a trovare uno che oggi abbia voglia d’intestarsi un’opposizione fiera e senza sconti a colei che ha riportato il Pd abbondantemente sopra la soglia psicologica del 20 percento dopo la tragica stagione lettiana. Certo, di nomi ne sono circolati, a partire dagli ex sindaci di Bergamo e Bari, Giorgio Gori e Antonio Decaro, campioni di preferenze alle ultime europee, ma su entrambi si è registrata la freddezza loro prima ancora che degli altri. Si andrà verso una soluzione più soft, la classica cabina di regia, un caminetto di cui dovrebbero certo far parte Davide Baruffi, ex sottosegretario di Bonaccini in Regione e ora azionista paritario della premiata ditta Baruffi & Taruffi, specialisti in sfracelli elettorali, che ha gestito per conto di Schlein le trattative in cui il Pd ha perso tutte le regioni, e Alessandro Alfieri in rappresentanza di Base Riformista, la corrente fondata da Luca Lotti e Lorenzo Guerrini per raccogliere gli ex renziani che non confluirono in Italia Viva all’indomani dello scisma dell’ex premier. Tra chi resta sulle barricate c’è la pasionaria Pina Picierno, che nonostante le resistenze di Schlein (la segretaria ha fatto carte false per evitare che avesse incarichi di prestigio e visibilità in Europa) è stata eletta vicepresidente del Parlamento Europeo.

Tra i riformisti ci sono anche tanti ex diesse o comunque della sinistra Pd. Su tutti il segretario Mimmo Rossi e il consigliere regionale Domenico Ravetti, quest’ultimo in procinto di ottenere la carica di vicepresidente del parlamentino piemontese. E poi il gruppo legato a Torino all’ex assessore Enzo Lavolta e al consigliere comunale Claudio Cerrato. L’ex consigliere regionale Diego Sarno, vicino a Libera. Tutti profili che si stanno guardando attorno perché il voto a Bonaccini non diventi l’adesione alla componente più moderata del Pd. Dall’europarlamentare Brando Benifei a Vincenzo Amendola, non mancano gli interlocutori nazionali. C’è infine l’anomalia rappresentata da un altro consigliere regionale, Mauro Calderoni di Cuneo, che dopo aver votato Bonaccini si è trasferito armi e bagagli sul carro(zzone) di Schlein. Lui è l'unico di questi che non aspetta il cambio della guardia al Nazareno. 

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