FINANZA & POTERI

Crt aspetta Godot Giorgetti

Un mese fa attendeva "a ore" la relazione degli ispettori, la settimana scorsa annuncia "a brevissimo" una decisione. La verità è che cerca di decifrare l'azione della magistratura per evitare una sconfessione. Rosolato tra due fuochi: Palenzona e Guzzetti

Sarà, come assicura Einstein, che il tempo è relativo e il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando, ma la concezione che ne ha Giancarlo Giorgetti è davvero singolare. Almeno riguardo alla vicenda della Fondazione Crt. Il 17 giugno assicurava che la relazione degli ispettori inviati dal suo ministero a Torino per accertare presunte irregolarità sarebbe arrivata “a ore” lasciando intendere che il nodo se commissariare o meno l’ente finito nella bufera, tra patti “occulti” e inchieste della magistratura, sarebbe stato sciolto di lì a poco.

Passano le settimane e il 3 luglio nuovamente interrogato sulla questione il don Abbondio leghista appare ancor più risoluto: la decisione del Mef arriverà “a brevissimo”. Ora, non per fare i pignoli, ma da quando il bubbone è scoppiato nelle stanze auliche della via XX Settembre torinese sono trascorsi oltre quattro mesi e nel frattempo è successo di tutto: esposti, perquisizioni, verifiche, avvisi di garanzia, dimissioni di consiglieri. E, fatto non proprio marginale, l’elezione di un presidente, nella persona della giurista Anna Maria Poggi. La stessa a cui, dopo essere stata ricevuta lo scorso 2 luglio dal dirigente della Direzione del Tesoro che sovrintende all’attività di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria, non è stata fornita alcuna indicazione sugli sviluppi della “pratica” romana.

È probabile che a indurre Giorgetti a muoversi così lentamente, dilazionando i tempi, sia il timore di non prendere una decisione che possa poi essere se non sconfessata magari superata dall’azione della magistratura. “Se non commissario e poi arriva una sventagliata di indagati che figura ci faccio?”, avrebbe confessato in camera caritatis lo sventurato di Cazzago preso tra due fuochi: da una parte, quello acceso da Fabrizio Palenzona, vittima illustre della congiura subalpina, sul quale soffia l’amico (di entrambi) Guido Crosetto, che spinge per assestare uno schiaffone alla Crt, e dall’altra quello sempre vivo di Giuseppe Guzzetti, geloso patriarca delle fondazioni che vede come fumo negli occhi ogni intervento (che considera “indebito”) dell’autorità di vigilanza. E del “grande vecchio” che, detto per inciso, non ama particolarmente Palenzona, Giorgetti sente lo spirito aleggiare nel vecchio palazzo abitato da Sella e ora dimora del gran boiardo Marcello Sala, direttore generale ma soprattutto “allievo” di Guzzetti.

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