IL BALLO DEL MATTONE

Nuovi ospedali, tutto da rifare. Stop per Cuneo e Alessandria 

Costi lievitati e i pareri negativi degli advisor sul piano economico-finanziario mettono in discussione il partenariato pubblico-privato. Cirio e Riboldi verso un ritorno alla soluzione Inail. Il rischio che anche in questa legislatura non si veda manco un mattone

Nel ballo del mattone, per la sanità piemontese di prospetta un fragoroso inciampo. Due dei futuri grandi ospedali previsti sul territorio regionale, quello di Cuneo e quello di Alessandria, per i quali sembrava definita la soluzione del partenariato pubblico privato, vedono rimesso in discussione proprio questo strumento finanziario alla base degli attuali progetti. Come in un beffardo gioco dell’oca, l’ipotesi che si fa strada è quella di un ritorno alla casella di partenza, ovvero all’affidamento all’Inail per costruire i due nuovi ospedali. Ma come si arriva a questa che prima di essere una svolta è una frenata con inevitabile allungamento dei tempi, tanto da far temere che neppure in questa legislatura regionale appena incominciata si potrà tagliare un nastro all’ingresso di una struttura ospedaliera?

Per quanto riguarda la struttura destinata a sostituire il Santa Croce e Carle e che, almeno sulla carta appariva quella nello stadio più avanzato rispetto ad altre, la chiave di lettura di quanto di sta profilando la si può trovare in un dossier che dai primi di giugno, inviato dal direttore generale dell’azienda ospedaliera cuneese Livio Tranchida, è negli uffici dell’assessorato alla Sanità. Contiene le risultanze degli studi effettuati da più di un advisor, tra cui l’Università Bocconi, e i pareri da questi forniti in particolare sulla sostenibilità del piano finanziario del partenariato proposto nella primavera del 2022 dal Gruppo Dogliani attraverso la Inc, a sua volta inserita nella holding Fininc.

Il dossier, oggetto di ragionamenti e valutazioni nei giorni scorsi anche tra l’assessore alla Sanità Federico Riboldi e il presidente Alberto Cirio, non pare lasciare spazio a interpretazioni, essendo il parere concordemente negativo circa l’appena citata sostenibilità del piano economico-finanziario che, nel frattempo, era stato rivisto dal gruppo Dogliani. Una rivisitazione dei conti “favorita” in qualche modo dalla necessità di aggiornare il progetto al nuovo codice degli appalti che non prevede più un preliminare, bensì un progetto definitivo. 

E da quella rivisitazione dei conti è saltato fuori un aumento che si aggirerebbe nientemeno che al 25 per cento rispetto al già previsto incremento messo in conto al momento dell’ultima versione in cui già si teneva conto degli effetti prodotti dalla guerra scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina e di altri aspetti globali di impatto sui costi. Cifre che per gli advisor non sono sostenibili. Da quel che trapela dal grattacielo della Regione anche lo stesso Tranchida nella lettera di accompagnamento del dossier avrebbe espresso identico parere. Il suo come quello degli advisor non è vincolante, al contrario di quello della Regione che a questo punto potrebbe anche non tenere conto di quelle valutazioni negative rispetto alla sostenibilità del piano, ipotesi che ad oggi appare del tutto inverosimile, oltreché non poco rischiosa. 

Tant’è che nei propositi dei vertici regionali ormai pare esserci quello di un ritorno all’ipotesi originaria della costruzione affidata all’Inail (che riceverebbe dalla Regione il pagamento di un canone di affitto restando sempre proprietaria della struttura) all’inizio indicata dall’allora assessore Luigi Icardi, poi abbandonata dallo stesso a favore del Ppp. Da allora la vicenda dell’ospedale di Cuneo non ha mai cessato di essere travagliata, passando per un lungo periodo di stallo in attesa del pronunciamento dell’allora direttore generale dell’Aso Elide Azzan poi dimessasi in seguito a un duro scontro sul punto con Icardi, per arrivare a quella che pareva essere una strada decisamente meno impervia, tanto da indicare quello di Cuneo come il primo ospedale, tra i futuri, a vedere la sua entrata in funzione.   

Tra le pesanti criticità evidenziate dagli advisor a fronte della revisione dei costi da parte dell’impresa, c’è anche quella che gli stessi costi accresciuti produrrebbero senza che la quota pubblica del finanziamento, a fondo perduto pari a 148,8 milioni, a fronte di un costo complessivo stimato in 410, possa essere modificata. Insomma, altro che ultimare il nuovo ospedale entro la fine del 2028, come annunciato non più di un anno e mezzo fa da Cirio in occasione dell’annuncio del cronoprogramma. 

Se, come tutto lascia supporre, l’assessore deciderà di rivolgersi all’Inail, anche in virtù di un possibile aumento dei fondi che l’istituto metterebbe a disposizione del Piemonte, i tempi non potranno che allungarsi. Si dovrà bandire una gara per la progettazione, che è a carico della Regione, poi tutta la trafila la cui complessità e pure qualche incertezza erano state tra le ragioni per far propendere verso una diversa soluzione. Certo che se, come emergerebbe da alcuni conteggi alla luce della revisione (non poco) al rialzo del piano economico-finanziario, alla fine il costo complessivo delle rate di canone previsto a carico dell’azienda ospedaliera nei confronti del costruttore per venticinque anni raggiungerebbero la cifra superiore al miliardo e 300 milioni, la riflessione (per non dire ripensamento) al ventiquattresimo come al quarantesimo piano del grattacielo appare non senza motivo. 

Riflessione che ancora si attende muti in decisione, giacché sono quasi quattro mesi che il dossier è negli uffici della Regione. E se magari lo si è tenuto in un cassetto prima delle elezioni per evitare polemiche e problemi, il voto è passato ormai da un bel po’ e un’ulteriore attesa non farebbe che allungare ancora i tempi. Che non saranno affatto brevi non solo per il nuovo ospedale di Cuneo, ammesso che poi si riesca davvero a realizzarlo. 

Un altro ospedale, tra i futuribili, pare unito da identico destino. Stesso percorso, prima l’idea dell’Inail, poi il Ppp, stesso gruppo privato proponente, per la struttura che dovrebbe sostituire il Santi Antonio e Biagio di Alessandria. A fine estate dello scorso anno, si fa avanti la Inc del Gruppo Dogliani e anche in questo caso viene accantonata la soluzione dell’Inail, procedendo verso la gara che per legge riserva un diritto di prelazione a parità di condizione a chi propone il Ppi, in questo caso lo stesso gruppo che ha avanzato l’offerta a Cuneo, ma anche per la Città della Salute di Torino, quasi in Piemonte l’edilizia sanitaria non interessasse o dissuadesse altri grandi costruttori.

Superate questioni e polemiche sul luogo dove edificare il nuovo polo ospedaliero alessandrino, messa da parte l’Inail, tutto pare procedere verso il partenariato, quando una lettera dell’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari, metterebbe in evidenza una serie di criticità e contrarietà rispetto a questa soluzione. In questo caso se si deciderà di cambiare rotta, come pare orientato lo stesso Riboldi piuttosto freddo anche ideologicamente rispetto all’intervento dei privati, sarà meno complicato rispetto a Cuneo, essendo l’iter alessandrino decisamente più indietro. In entrambi i casi (senza contare lo stallo di Città della Salute di Novara), per l’edilizia sanitaria del Piemonte si profilano tempi bui. Con la prospettiva che dal ballo del mattone di passi a quello della scopa.

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