Di Centro ce n'è uno solo

Le fughe ripetute dal partito di Carlo Calenda da un lato e quelle meno eclatanti ma altrettanto costanti da quello di Matteo Renzi dall’altro, non solo evidenziano la crisi sempre più irreversibile di questi due piccoli partiti personali ma, quel che è più importante, denota che da quelle parti il Centro non rinasce. Certo, tutti conosciamo le dinamiche che hanno portato a questo scenario surreale. La plateale e devastante divisione all’interno del Terzo polo dopo il discreto risultato ottenuto alle elezioni del 2022 seguita dalla decisione, altrettanto incommentabile, di presentarsi per proprio conto alle europee con il brillante esito di non raggiungere il quorum utile per essere presenti a Strasburgo. E il tutto, come noto, per continui e cronici litigi personali dei due incontrastati capi partito.

Ora, certificato il fallimento definitivo – politico ed elettorale – dei due piccoli partiti personali di Renzi e di Calenda con l’epilogo, anche se per il momento ancora smentito, di confluire prossimamente nel Pd della Schlein, è abbastanza evidente che chi vuole ricostruire il Centro e una vera e credibile politica di centro nel nostro paese non può che guardare altrove. E, senza polemiche politiche e men che meno di natura personale, è quasi un fatto oggettivo che l’unica possibilità concreta per recuperare una tradizione, un pensiero, un metodo e una prassi per ridare cittadinanza al Centro è rimasta l’iniziativa che può intraprendere il nuovo corso politico di Forza Italia. E questo per due ragioni di fondo. La prima è riconducibile alla natura e al profilo politico, culturale e programmatico del “campo largo” o del “Fronte popolare”, come viene chiamato dalle componenti più fondamentaliste di quella coalizione. Una alleanza, cioè, che ruota attorno alle tre sinistre - quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis - e che non contempla al suo interno alcuna cultura di centro se non per garantirgli il cosiddetto “diritto di tribuna”. In secondo luogo, ed è questa una considerazione persin banale da registrare, è rimasto un solo partito che continua a rivendicare con forza e determinazione la necessità di costruire e rafforzare il Centro, e cioè Forza Italia.

Per questi semplici motivi – ripeto, quasi oggettivi e senza tema di essere smentiti – adesso si tratta di rafforzare questo rinnovato spazio politico costruendo un partito autenticamente democratico, spiccatamente plurale, con una visibile cultura di governo e una chiara ricetta riformista. Insomma, l’esatto opposto di qualsiasi deriva populista, estremista, massimalista e sovranista. E, in ultimo, è altrettanto chiaro che, almeno per quanto riguarda il campo centrista, adesso il quadro politico generale è più chiaro e meno nebuloso. Ovvero, sappiamo dove e può contare politicamente e dove, specularmente, è destinato a giocare un ruolo puramente formale e burocratico/protocollare.

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