PALAZZO CIVICO

Comune di Torino "sbancato". Lo Russo fa causa a Intesa

Il sindaco Pd cita in giudizio l'istituto di credito di cui è indirettamente azionista attraverso la Compagnia di San Paolo. Coinvolti nell'azione giudiziaria anche Dexia e Jp Morgan per sei derivati sottoscritti tra il 2006 e il 2007. In ballo oltre 200 milioni

Centinaia di milioni andati in fumo, una scommessa sui tassi d’interesse nella maggior parte dei casi persa. Ecco cosa sono stati per il Comune di Torino – e tanti altri enti locali – i contratti derivati stipulati all’inizio degli anni Duemila. Operazioni che avrebbero dovuto tutelare Comuni e Regioni da una eventuale impennata dei tassi e invece si sono trasformati in un buco nero proprio quando gli indici sono crollati. Così, forte anche di una serie di sentenze della Cassazione favorevoli ai ricorrenti, il sindaco Pd Stefano Lo Russo ha deciso di contestare ben sei contratti sottoscritti da Palazzo civico tra il 2006 e il 2007, quando il debito della Torino olimpica lievitava anno dopo anno: due con Jp Morgan, due con Dexia Crediop e due con Intesa Sanpaolo (di cui solo uno, al momento, oggetto di ricorso). Sei contratti che finora hanno generato flussi negativi superiori a 180 milioni di euro e che adesso il Comune vuole annullare, anche perché stima di poter perdere, fino all’estinzione, altri 50 milioni. Due gli obiettivi: recuperare almeno una parte dei soldi fin qui persi ed evitare di continuare a versarne ai tre istituti chiamati in giudizio.  

Gli anni dei derivati sono quelli in cui sindaco era Sergio Chiamparino, assessori al Bilancio Paolo Peveraro (fino al maggio 2006 quando venne chiamato da Mercedes Bresso per sostituire Gianluca Susta alla vicepresidenza della Regione) e Gianguido Passoni. Allora i tassi d’interesse viaggiavano stabilmente attorno al 4 percento, l’economia cresceva a ritmi sostenuti (di certo più degli attuali) e nulla lasciava immaginare che di lì a qualche mese, sull’Italia e sul resto del mondo, si sarebbe abbattuta una delle più gravi crisi finanziarie dai tempi della Grande depressione, quella dei subprime. I tassi, che si prevedeva potessero continuare a salire, crollarono e i derivati di Palazzo di Città si trasformano in un salasso.

Con l’ordinanza numero 22014 del 2023 la Cassazione ha ribadito che il contratto derivato è nullo se non sono in esso esplicitati i costi impliciti, la modalità di calcolo del valore di mercato (mark to market) e gli scenari probabilistici. Inoltre, agendo a tutti gli effetti su un mutuo e quindi andando a incidere sul bilancio dell’ente, la delibera di sottoscrizione del derivato sarebbe dovuta passare anche dal Consiglio comunale e non solo dalla giunta: un difetto procedurale che pure potrebbe essere alla base di un annullamento del contratto.

La pratica è stata istruita dagli uffici comunali e affidata allo studio Cedrini & Zamagni, che già patrocinò nel 2008 la causa del Comune di Rimini contro Unicredit, vinta nel 2010 in quello che è passato alla storia come il primo precedente giudiziario favorevole a un ente locale in questo tipo di contenzioso. Qui però c’è una difficoltà in più giacché di questi sei contratti solo uno di Intesa Sanpaolo è sottoposto a giurisdizione italiana, gli altri cinque sottendono al diritto inglese. C'è anche il precedente della Regione Piemonte che, negli anni di Roberto Cota presidente, impugnò i contratti derivati stipulati proprio con Dexia Crediop, ma la corte londinese respinse l'impugnazione.  

Nel caso di Torino, finanza e politica s’intersecano giacché l’azione avviata da Lo Russo potrebbe avere anche qualche ripercussione nei rapporti con l’istituto di credito di cui il primo cittadino, seppur indirettamente, è azionista attraverso la Compagnia di San Paolo. Proprio nei giorni in cui ci si avvia alla selezione dei candidati in vista del rinnovo del consiglio di amministrazione di Ca’ de Sass.

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