Un Mattarellum per il Piemonte

Serve una legge elettorale che garantisca una forte rappresentanza territoriale. 50 collegi uninominali in tutta la Regione. La proposta dell'Uncem va nella direzione giusta

Alla Regione Piemonte serve una nuova legge elettorale. Se ne parla da molto tempo ma, sino ad oggi, hanno vinto l’inerzia e la volontà di conservare l’esistente per non disturbare gli equilibri, o le convenienze, di molti gruppi consiliari e di molti consiglieri regionali. Ma le ragioni politiche di una riforma adesso si impongono. A prescindere dalla volontà e dai desideri dei singoli consiglieri.

Sono almeno 3 le ragioni di fondo che richiedono, adesso, una immediata inversione di rotta. Il dibattito politico è in corso e noi siamo certi che si arriverà ad un risultato positivo. A vantaggio dei piemontesi e della stessa funzionalità politica ed istituzionale della Regione Piemonte.

Innanzitutto va fatta una legge elettorale che garantisca una forte, visibile ed efficace rappresentanza territoriale. È il caposaldo essenziale della futura legge elettorale. Tutti i territori devono sentirsi rappresentati. Nessuno escluso. Sotto questo aspetto, la recente proposta avanzata dall’Uncem che prevede una suddivisione del territorio della Regione in 50 collegi uninominali è la miglior risposta possibile alla domanda di rappresentanza. E la proposta non può essere relegata ad un fatto di pura rappresentanza “montana”. No, la rappresentanza territoriale – oggi assente per troppe e vaste zone della Regione – risponde ad una esigenza democratica e partecipativa non più rinviabile. Tutte le ipotesi tecniche si possono e si devono valutare. Ma è indubbio che il collegio uninominale è, oggi, la miglior soluzione per una sacrosanta domanda di rispetto del territorio e dei suoi abitanti.

In secondo luogo il capitolo dei “costi” della campagna elettorale. No si tratta di fare banalmente i moralisti. No, la questione è politica ed etica. Non è più tollerabile condurre campagne elettorali con la preferenza unica in circoscrizioni vastissime. Come quella di Torino e provincia che conta quasi 2,5 milioni di abitanti. Tutti sanno, anche le pietre, che quelle campagne elettorali hanno costi esorbitanti. Da dove arrivano le risorse? È conveniente fare campagne elettorali dispendiosissime in momenti come questi? Come si può far passare un principio che se non hai sufficienti risorse non ti puoi candidare? Nessuno mette in discussione il valore o l’importanza delle preferenza. Ma anche la preferenza ha un valore e un senso quando non si trasforma in uno strumento che può “sfregiare” la trasparenza della politica e creare una enorme disparità tra gli stessi cittadini che legittimamente aspirano a candidarsi per un ente. Nel caso specifico, della Regione Piemonte. Per non parlare dei “costi” della politica e di tutto ciò che accompagna quella degenerazione. Temi, del resto, ben noti alla pubblica opinione.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, la necessità di restituire ai cittadini elettori la scelta di tutti i rappresentanti in Consiglio regionale. Via ogni sorta di listino, cioè di corsie preferenziali dove non c’è il filtro popolare. Anche questa è una norma molto sentita e si può tranquillamente realizzare con un sistema elettorale che faccia della rappresentanza territoriale il suo perno centrale.

Ora, noi sappiamo – tutti sanno – che la riforma della legge elettorale è una questione di pura volontà politica. Non ha costi, non richiede investimenti finanziari e non mette in discussione maggioranze e minoranze. È, appunto, una pura volontà politica. Per questi motivi la scelta di una nuova legge elettorale adesso non è più rinviabile. Si deve fare. E tutti si devono impegnare. A cominciare dai maggiori partiti, Pd e Pdl, e dai rispettivi gruppi consiliari. Come si suol dire, le chiacchiere stanno a zero.

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